MILANO – L’anno appena passato ha visto consistenti ribassi sul fronte delle soft commodities. La performance media dei 23 principali contratti (Chicago, New York, Londra e Paris, nonché Kuala Lumpur per la palma da olio e Tokyo per la gomma naturale) segna infatti una flessione del 7,7%, in termini di valute locali.
Non è andata molto meglio al resto delle commodities comprese nell’indice Crb, che registra un calo del 5%. Un andamento a maggior ragione deludente, se lo si confronta a quello dei mercati azionari, con il FTSE All World index che guadagna quasi il 20%.
Il 2013 è stato un anno da incorniciare per l’indice Nikei della Borsa di Tokyo, che si è rivalutato del 57%. Si tratta del miglior risultato degli ultimi 40 anni.
Wall Street stappa lo champagne non soltanto per dare il benvenuto al 2014, ma soprattutto per festeggiare i 12 mesi trascorsi, con il S&P 500 che ha guadagnato il 30%: il massimo incremento annuale degli ultimi 16 anni. Cifre che quasi offuscano il pur positivo +14,4% del FTSE 100, costituente la miglior performance dell’indice londinese negli ultimi 4 anni.
All’opposto, l’oro ha segnato il suo maggiore declino annuale dal 1981 a oggi, perdendo il 28% nell’arco del 2013.
Uscita dei fondi
Questi trend divergenti si rispecchiano nel progressivo disimpegno degli Hedge Funds, che hanno massicciamente disinvestito dai principali contratti americani di futures e opzioni sulle soft commodities dimezzando le proprie posizioni net long nell’ambito di un ciclo di riposizionamento senza precedenti dal 2006.
Chi ha scommesso quest’anno al rialzo, nel complesso mercato delle agricultural commodities, ha quasi sempre perso.
Tra le poche eccezioni rilevanti quella del cacao, che guadagna il 21% sia su New York che su Londra. Rialzi significativi sono stati registrati anche dal succo di frutta (New York: +17,6%) e dal cotone (New York: +12,6%).
Forti ribassi invece per il mais (-40%), il frumento (-27%) e il caffè arabica (-27%), che ha toccato a novembre i minimi degli ultimi 6 anni e mezzo.
Cacao superstar
La star indiscussa del 2013 è stata il cacao, i cui prezzi sono andati alle stelle, a fronte di una domanda in forte crescita e delle previsioni di raccolto non ottimistiche in Costa d’Avorio e Ghana, i due paesi dai quali proviene quasi il 60% della produzione mondiale.
Dopo un 2012/13 segnato da un consistente deficit d’offerta (160 mila tonn secondo le stime di Commerzbank), le previsioni sono negative anche per quanto riguarda il futuro.
Secondo gli analisti di Rabobank, il cacao è la commodity con le maggiori prospettive bullish per l’anno appena iniziato, poiché anche l’annata 2013/14 sarà segnata da un consistente deficit di offerta e la stessa situazione si ripeterà, per il terzo anno consecutivo, nel 2014/15.
Di qui la previsione di un ulteriore incremento dei prezzi, destinati a raggiungere, a New York, i 3.050 dollari nel quarto trimestre dell’anno.
L’Organizzazione internazionale del cacao (Icco) prevede che il consumo di prodotti a base di cacao supererà l’offerta mondiale di circa 70.000 tonnellate nell’annata in corso (ottobre 2013-settembre 2014) e ritiene che il deficit durerà sino al 2018.
Gli esperti sentiti da Bloomberg dicono che il prezzo di una tonnellata di cacao, a fine 2014, aumenterà, in media del 14%, raggiungendo i 3.200 dollari.
Secondo Macquarie, il cacao è l’unica materia prima agricola per la quale si prospetti “un evidente deficit di offerta”. La banca australiana teme in particolare che le esportazioni dall’Africa occidentale, nonostante l’elevato ritmo degli imbarchi sin qui registrato, non riescano a reggere il passo della domanda.
“Il solido andamento delle macinazioni su scala globale e la necessità che i prezzi mondiali crescano, per incoraggiare i produttori a investire nell’espansione dell’offerta, determineranno consistenti rialzi nella seconda metà dell’anno”.
Analoghe le conclusioni di Commerzbank, a giudizio della quale le quotazioni raggiungeranno a Londra, nel quarto trimestre, le 1.850 sterline, contro le 1.775 del primo trimestre e le 1.800 previste per il secondo e il terzo.
“I prezzi dovranno crescere fortemente per attrarre gli investimenti di cui hanno bisogno i comparti del cacao dei principali paesi produttori” scrive in un report il gruppo bancario tedesco citando gli analisti di Olam.
Dato il deficit di mercato e l’esigenza di stare al passo con una domanda in consistente crescita nel medio termine, riteniamo che “i prezzi del cacao continueranno a crescere” sostiene ancora il colosso di Francoforte.
Il broker di Singapore Phillip Futures osserva come l’età avanzata delle piante limiti il potenziale produttivo dell’Africa orientale. Ricorda inoltre che il raccolto principale della Costa d’Avorio ha risentito negativamente della siccità e delle temperature elevate, nonché dei danni causati dal Harmattan, un vento secco e polveroso che soffia a nordest e ovest, dal Sahara al Golfo di Guinea.
La domanda mondiale continua intanto a crescere al traino, soprattutto, dei paesi emergenti, in particolare di quelli asiatici.
Secondo dati Euromonitor, le vendite in Cina hanno registrato l’anno scorso un +6,9% e per quest’anno è atteso un ulteriore +6,6%.
Caffè ai minimi
I nostri lettori più assidui hanno potuto seguire, giorno dopo giorno, per tutto l’arco dell’anno trascorso, l’evoluzione al ribasso dei prezzi del caffè, che a novembre hanno toccato minimi pluriennali sia a Londra che a New York.
Il contratto per scadenza ravvicinata dell’Ice ha chiuso la prima seduta del 2013 a 149,4 centesimi per libbra. Nello stesso mese – il 17 gennaio –ha toccato il suo massimo annuo di 155,5 centesimi.
Dopo essere rimasto ingabbiato per mesi in un range ristretto, il mercato degli arabica ha violato la soglia dei 120 centesimi già a fine giugno.
Qualche modesta turbolenza estiva ha rianimato la borsa newyorchese a luglio e ad agosto, ma con il finire dell’estate i prezzi hanno assunto un deciso andamento al ribasso, che ha spinto il contratto spot al minimo annuo di 101,5 centesimi il 6 novembre: per trovare un livello più basso sulla prima posizione ci siamo dovuti spingere a ritroso nei nostri fogli excel sino alla data del 3 maggio 2007.
Nell’ultima seduta dell’anno, il contratto per scadenza marzo dell’Ice ha chiuso a 110,70 centesimi.
Prezzi sostenuti per i robusta nel primo quarto dell’anno, con il contratto per scadenza ravvicinata del Liffe ai massimi annui il 13 marzo (2.163 dollari per tonnellata).
Il ridimensionamento intervenuto nei due trimestri successivi ha portato a un minimo di 1437 dollari il 14 novembre: si tratta del livello più basso mai raggiunto dalla borsa londinese da giugno 2010.
Un consistente recupero ha riportato la scadenza principale in area 1.800 dollari a metà dicembre. L’ultimo scorcio dell’anno ha visto però nuovi ribassi e il contratto per scadenza gennaio ha chiuso il 31 dicembre a 1.685 dollari.
Outlook
Cosa dobbiamo attenderci dal nuovo anno. La risposta nuovamente agli analisti e ai competitor di mercato.
“I bassi livelli di prezzo attuali porteranno, a medio termine, a un abbassamento della produttività dovuto al ridotto utilizzo di fertilizzanti e alle minori cure agricole – afferma ancora Commerzbank – Ma nell’immediato è prevedibile un surplus di offerta, sia nel 2013/14 che nel 2014/15”.
Tuttavia – continua la banca tedesca – la prospettiva di un ridimensionamento nelle annate successive dovrebbe consentire un lento recupero dei prezzi, una volta esaurito l’effetto del raccolto brasiliano 2014/15.
Commerzbank prevede che i prezzi degli arabica scenderanno a 100 centesimi nel secondo trimestre per risalire a 110 nel quarto.
Secondo Macquarie il (limitato) consolidamento recente degli arabica è dipeso più dalla ripresa dei robusta, che non da dinamiche proprie. Anche per questo è prevedibile una correzione al ribasso nella prima metà del 2014.
“Le prospettive di raccolto in Brasile sono promettenti e la forte ripresa produttiva in Colombia contribuirà a compensare i cali previsti in America centrale. Poiché le scorte globali rimangono ampiamente sufficienti, i prezzi si manterranno in un range limitato”.
Evoluzione al ribasso nelle previsioni di Rabobank, che prevede un calo del 14% dei prezzi degli arabica nel corso del 2014, a fronte di una terza annata consecutiva caratterizzata da un surplus di offerta, stimato in 3,2 milioni di sacchi.
Ottimistiche le previsioni sui consumi, che cresceranno “dell’1,6% su base annua: il maggiore incremento dal 2007/08 a oggi”.
Anche Societé Générale non prevede cambiamenti significativi nel saldo domanda-offerta prima dell’annata caffearia 2014/15. Il gruppo finanziario parigino lancia tuttavia un monito analogo a quello di Commerzbank: i bassi prezzi attuali potrebbero disincentivare gli investimenti dei produttori e determinare un calo dei raccolti, che farebbe risalire i prezzi del caffè.