lunedì 23 Dicembre 2024
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Smartworking: un ostacolo alla Fase 2, protestano gli esercenti di Torino

Confesercenti lancia una petizione online al governatore Cirio e alla sindaca Appendino, raccogliendo il grido d'aiuto dei gestori: “Convincete enti pubblici e aziende a far tornare gli impiegati negli uffici, un aiuto a costo zero per il commercio”

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TORINO – Lo smartworking è stata una risorsa che spesso ha salvato il lavoro di molti durante il periodo del lockdown: le aziende che hanno potuto continuare a restare attive grazie a questa modalità operativa, hanno avuto modo di non fermarsi totalmente. Purtroppo però, questa stessa pratica attualmente sta paralizzando il settore dei pubblici esercizi, che hanno perso preziosi clienti. Leggiamo la notizia dal sito torino.repubblica.it, l’articolo di Diego Langhin.

Smartworking: risorsa o danno?

Diecimila persone in meno. Sono questi gli effetti, calcolati per difetto, dello smart working sul centro di Torino se si mettono insieme i dati degli uffici pubblici e delle società private. D’altronde le verifiche delle associazioni di categoria dei ristoratori, in particolare Confesercenti- Fiepet, mostrano come l’attività, in pausa pranzo, sia al 30 per cento del normale.

La fetta più grande dei lavoratori non è rientrata e questo provoca squilibri oltre che cassa integrazione: l’offerta in centro è calibrata per una domanda che, di fatto, non esiste più

“Bar e ristoranti sono in ginocchio – sottolineava su Repubblica ieri il presidente di Confesercenti, Giancarlo Banchieri – non esiste più la pausa pranzo, non esistono le colazioni e i caffè. Gli enti pubblici e le aziende facciano tornare sul posto di lavoro i propri dipendenti” . L’associazione di categoria ha fatto partire una petizione online rivolta alla sindaca Chiara Appendino e al governatore Alberto Cirio: “Fate tornare le persone negli uffici, un aiuto a costo zero per il commercio”.

Smartworking: la paura è che non sia un effetto momentaneo

Ma che sia nel pubblico sia nel privato si stiano facendo i conti su quanto si potrebbe risparmiare a livello di costi, tra bollette, buoni pasto e metri quadri in meno. Oggi in Comune ci sono 2.200 dipendenti in smart working su un totale di 8.500. Bisogna però togliere dal calcolo educatori, maestre, bidelli, agenti di polizia municipale, addetti sei servizi sociali. Figure che non possono operare da casa. E si arriva ad una base intorno alle 5mila persone. Di queste, nel picco della quarantena, più di 3mila lavoravano da casa, senza considerare chi ha smaltito le ferie o chi era in mutua.

A Palazzo Civico ora pensano, in effetti, di far rientrare il personale, mantenendo però uno “zoccolo duro” di 1.600 addetti in smart working. Formula che tra gli addetti ha successo e non ha effetti sulla produttività, che anzi in molti casi aumenta. L’effetto negativo, però, è sui bar e locali della zona che rappresentano l’indotto.

I dipendenti della Regione sono 2mila. L’85 per cento è in smartworking a rotazione

A Palazzo Lascaris una trentina sono in ufficio, gli altri a casa, ma dipende molto dai giorni. Il picco può essere di 50 persone in servizio negli uffici. La situazione è la stessa in Finpiemonte: 86 dipendenti, 10 in smart working full time, 32 in lavoro agile alternato. La scelta degli enti dipende anche dalla possibilità o meno di riuscire a mantenere le distanze previste dalle linee guide di contenimento del Covid- 19.

In altri uffici pubblici, come l’Inps, si è sempre al 90 per cento in lavoro da casa, anche se l’attività non si è mai fermata. Sono 650 gli addetti che operano da casa. Percentuali simili anche per gli uffici Inail di corso Galileo Ferraris 1 e per la sede centrale delle Poste in via Alfieri. Nella Camera di Commercio sono 275 i dipendenti, concentrati soprattutto nel complesso di piazzale Valdo Fusi: 250 sono in “smart”. I servizi sono garantiti e dalla prossima settimana, progressivamente, verranno rivisti gli accessi per i dipendenti e il pubblico per incrementare il numero di addetti.

In Intesa Sanpaolo nelle sedi centrali di Torino la media delle presenze giornalieri oscilla tra il 10 per cento, come nel grattacielo di corso Inghilterra, al 30 di piazza San Carlo, passando per il 24 di via Monte di Pietà. La media è del 10 per cento. Il che vuol dire 260 persone presenti ogni giorni negli staff dei tre poli rispetto al totale di 2.600. Nelle filiali le presenze arrivano al 56 per cento. “L’operatività è sempre garantita – spiegano dalla banca – al pari di un servizio pubblico” . L’istituto sta lavorando ad allargare in tutta Italia la quantità di dipendenti interconnessi e abilitati a operare a distanza.

Sono poco più di 500 i lavoratori rientrati negli uffici della Reale Group

Su un totale delle sedi cittadine di poco più di 1.400 persone: “In questa fase il lavoro a distanza rimarrà la modalità prevalente” sottolinea l’azienda. Sull’asse dei corsi Inghilterra, Bolzano e Vinzaglio, oltre a Intesa, c’è il palazzo della Città Metropolitana, ente che ha 940 dipendenti di cui 642 in ” smart”, e ci sono gli uffici dell’Agenzia Dogane e Entrate, dove gli sportelli sono aperti dalle 9 alle 13 ma il 75 per cento degli impiegati, ovvero 550 persone, è a casa.

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