MILANO- Gli italiani sono grandi esperti di caffè. Un’affermazione che sembra indiscutibile ma che dice una mezza verità. Certo, in termini di quantità siamo i terzi consumatori nell’Unione Europea e l’atto di bere un caffè, da soli o in compagnia, è parte integrante della vita di molti di noi. Ma quanti consumatori sanno come è fatta una pianta di caffè o conoscono il luogo di origine di ciò che stanno bevendo? Quanti sanno come e dove vive chi lo coltiva, lo raccoglie e lo trasforma?
Il progetto del marchio “Presidio Slow Food” sul caffè è nato proprio per colmare questa lacuna, questo vuoto di comunicazione e conoscenza tra produttori e consumatori, includendo una figura chiave della filiera: i torrefattori. Si tratta di un progetto culturale e sociale, che mira a creare una consapevolezza nuova attorno al caffè, con il fine ultimo di accorciare la filiera e di migliorare la qualità della vita dei produttori dei Presìdi. Il primo passo di Slow Food nel settore del caffè è stato al fianco dei produttori. Nel 2002 abbiamo avviato un Presidio con un gruppo di caficultori nelle regioni più alte di Huehuetenango, in Guatemala, dando il via a una serie di attività che hanno poi coinvolto altri gruppi di produttori: in America Latina, Africa e India.
I risultati di queste attività sono importanti e incoraggianti: in questi anni si è affermato un nuovo paradigma di produzione del caffè, basato sulla valorizzazione del territorio e su un consumo responsabile. Paradigma che è diventato un modello da seguire e replicare per diverse realtà. La seconda fase di lavoro ha incluso anche i torrefattori – e quindi il prodotto finito – consentendoci di raggiungere i consumatori e di promuovere in modo più incisivo una nuova cultura del caffè. L’idea è semplice: i torrefattori che aderiscono al progetto – rispettando una serie di regole che garantiscono qualità e trasparenza della filiera – possono apporre il marchio “Presidio Slow Food” sulle proprie confezioni, offrendo ai consumatori la possibilità di riconoscere e acquistare i caffè buoni, puliti e giusti.
Il progetto, coordinato dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità, ha mosso i primi passi nel 2009 con la nascita di una Commissione composta dai docenti Master of Food del caffè e da alcuni torrefattori amici e collaboratori di Slow Food. La Commissione ha definito un regolamento in base al quale può fregiarsi del marchio soltanto il caffè tostato (in grani, macinato, in cialde o capsule biodegradabili) composto al 100% da un solo Presidio Slow Food (monorigine) o da più Presìdi (in miscela), mentre non sono consentite miscele con altri caffè (che non sarebbero tracciabili).
I caffè che rispondono a questo primo requisito di base sono inviati ai membri della Commissione, che si riuniscono, degustano, compilano una scheda di valutazione organolettica e forniscono a Slow Food e ai torrefattori una serie di indicazioni su pregi e difetti dei prodotti testati. Soltanto i caffè che ottengono una valutazione positiva possono essere commercializzati con il marchio del Presidio.
Infine, il regolamento stabilisce norme di trasparenza e di lealtà verso produttori e consumatori: i torrefattori devono indicare sulla confezione l’area di produzione e il nome del produttore (individuale o organizzazione) di caffè. In questo modo i coltivatori hanno la giusta visibilità sul mercato – elemento che dà loro un grande orgoglio – e i consumatori sono informati su ciò che bevono e su tutto il mondo, affascinante e complesso, che sta dietro la loro tazzina di caffè.
Per informazioni: Andrea Amato – Responsabile del progetto in America Latina tel. +39 0172 419723; E-mail: a.amato@slowfood.it Francesco Impallomeni – Responsabile del progetto in Africa tel. +39 0172 419712; E-mail: f.impallomeni@slowfood.it