MILANO – Ha suscitato molte reazioni, tutte negative, la trasmissione Indovina chi viene a cena (nella foto sopra il logo del programma di Rai3 e l’autrice Sabrina Giannini) di lunedì sera e della quale abbiamo fornito un breve riassunto. Molti addetti ai lavori e torrefattori hanno scritto e chiamato in redazione: prima uno poi una lunga sequenza. C’è anche chi avrebbe preferito non leggere la sintesi dell’emissione.
Il giudizio globale? Il programma è stato valutato dagli addetti ai lavori ancora peggiore di quella dello scorso anno sul tostato.
Una trasmissione, dice in coro il popolo del caffè, superficiale, errori voluti o meno che siano.
Errore madornale quello sulla illy caffè, che – è stato argomentato – “ha respinto un elevato numero di partite di caffè a causa della presenza dei pesticidi e del glifosato in particolare”.
In realtà la quasi totalità delle partite respinte lo è per ragioni qualitative e non certo a causa delle presunte, vagheggiate tossicità che si vorrebbero insinuare nel pensiero degli ascoltatori non addetti ai lavori.
Ancora a proposito di illy: in seguito ad una domanda ad Andrea Illy e successiva risposta si è insinuato che una delle aziende coinvolte nel Premio qualità intitolato ad Ernesto Illy sia stata coinvolta in episodi di schiavismo.
Non è vero: illy ha controllato subito e l’azienda in questione è risultata esente da qualunque accusa da parte del governo brasiliano.
A proposito dei controlli sulla presenza dei pesticidi. A parte il fatto che i controlli vengono fatti non sul 3% degli arrivi – come detto – ma sul 5%, perché oltre al laboratorio di Trieste, non è stato coinvolto anche il Ministero della Sanità che pure vigila da Roma?
L’aspetto importante però, e il programma non ne ha parlato, è che in Italia sono i torrefattori, a cominciare dai più grandi, ad effettuare i controlli sul caffè in arrivo nelle misura del 70% del totale.
Su tutto il caffè in arrivo, non soltanto il 5 per cento previsto dalla legge.
Da notare poi, come è noto agli addetti ai lavori, che una parte del caffè in partenza, per esempio dal Brasile, viene bloccato nei porti di origine “perché non conforme ai campioni” già esaminati in Italia.
Dove finisca questo caffè non è noto. Quello che invece è chiaro è che i consumatori di caffè torrefatto in Italia possono stare tranquilli sia sul fronte della qualità sia su quello dell’assenza di pesticidi.
Ma anche questo non è stato detto.
Da notare anche che nell’Unione Europea sono in vigore norme molto precise sulla presenza di contaminanti vietati negli alimenti, proprio a cominciare dai pesticidi e sui protocolli dei controlli da effettuare da parte del servizi sanitari pubblici.
A proposito dei pesticidi ieri ci è stato fatto notare da un esperto di coltivazioni di caffè che non tutti i pesticidi sono pericolosi per l’uomo e quindi banditi. Sì perché la coltivazione non biologica permette l’suoi pesticidi ammessi.
Il paragone è con i farmaci: a leggere le sempre corpose istruzioni per l’uso si scoprono eventualità pericolose per chi si deve curare. D’altronde pharmakon in greco antico significa veleno e droga.
Basta però attenersi alle dosi indicate dal medico. Esattamente come con i pesticidi che possono essere usati legalmente in dosi precise. E che in quantità controllate, sempre molto basse, al di sotto della soglia di pericolosità per l’uomo, possono trovarsi nella derrata.
E il caporalato?
Infine lo sfruttamento dei lavoratori. Le condizioni di lavoro dei contadini brasiliani non dipendono dai torrefattori italiani che, al contrario, finanziano tanti progetti per migliorare la vita di chi coltiva le piantagioni. Senza andare in Brasile basta guardare cosa accade nel sud Italia ad esempio nella raccolta di pomodori ed affini. Mai sentito parlare di caporalato e di quanto vi ruota intorno? Di recente il Parlamento ha varato una legge che condanna queste pratiche.
E i consumatori di caffè? Possono dormire sonni tranquilli: la filiera è pulita, tutti i controlli sono effettuati anche dai torrefattori, non soltanto dagli enti preposti.