BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Ermete Realacci, presidente di Symbola, è intervenuto su uno degli aspetti che toccano di più le imprese: il loro impatto ambientale, durante l’inaugurazione del Campus Simonelli Group, esempio di impresa che agisce in relazione con il territorio in cui trova sede.
“L’azione fatta da Simonelli Group e da Nando Ottavi è intelligente, non buona.”
Oggi esser buoni conviene. Non è soltanto un ragionamento legato al territorio, all’affettività, al tenere insieme la comunità, ma è un’idea di una competitività dell’impresa che soprattutto in Italia fa i conti con il legame con il territorio.
C’è una maniera di fare economia che è molto italiana. Per questo dobbiamo stare attenti a copiare dei modelli stranieri che mal si adattano a quello che noi siamo. L’italia deve fare l’Italia e affrontare le grandi sfide nel mondo, senza perdere la propria anima e i propri punti di forza.
Su questi va investito. La stessa ricerca è cosa ampia. Nel libro che ha scritto Parisi, il nostro Nobel per la fisica, c’è una battuta sfiziosa: quando un ministro ha chiesto a Faraday, “Perché dobbiamo darvi soldi per la ricerca”, il fisico ha risposto “Non lo so, ma sono sicuro che ci metterete una tassa.”
Sono contento di stare qui non solo per l’amicizia che mi lega alla Nuova Simonelli
Quando sono venuto a inaugurare lo stabilimento dopo il terremoto con Assunta Braghetta che oggi purtroppo non c’è più, si vedeva già allora la forza di questa azienda e del territorio.
Sono qui per gratitudine, perché a mia volta sfrutto Simonelli Group: l’Italia ha bisogno di storie positive. Siamo un Paese di depressi, capaci di vedere i propri difetti senza però affrontarli.
Con Symbola è stato svolto un lavoro sulla percezione che i vari Paesi hanno di sè e poi la stessa che ne hanno all’estero: c’è un solo Paese che si sente peggio di come lo vedono gli altri.
I francesi si giudicano meglio di come gli altri lo percepiscono, così come i bulgari. Gli italiani invece sono gli unici fatti al contrario. Questo riflette l’incapacità di vedere i propri punti di forza e le storie che pure esistono e possono svilupparsi.
Siamo un Paese di vecchi e certo questo non aiuta nell’avere una giusta percezione delle sfide. Ad esempio, quanti sanno che la più grande acciaieria al mondo che sta neutralizzando la CO2 è italiana? Nessuno. Se Arvedi fosse francese o tedesca, Macron sarebbe a Cremona e direbbe: volete vedere il futuro?
Non viene detto nulla di questa realtà invece in Italia, ma così come lei ce ne sono tante. Simonelli Group è una di queste. Anche sul punto evidenziato in precedenza, sull’esser poco collegati, oserei dire che potrebbe persino non esser uno svantaggio.
Ci sono luoghi in Italia, come la Val D’Orcia che è stata “casualmente” salvata dai caratteraccio dei sienesi. Perché l’autostrada avrebbe dovuto sventrarla: poi per diversi motivi, quella che sembrò una campana a morto, è accaduto che il recupero anche grazie all’industria avanzata, ha fatto di quel territorio uno di quelli dall’attrattività formidabile.
Penso che la gente che vuol vivere nella Val D’Orcia superi quella che vorrebbe abitare nella Rurr. Non saper raccontare le nostre storie, non esser coscienti della nostra identità che è uno strumento formidabile anche per l’economia, è un aspetto che sottovalutiamo.
Sfrutto quindi Simonelli Group non soltanto per la sua forza oggettiva – un leader mondiale nell’esportazioni, il 95% della produzione va in oltre 100 Paesi – ma anche per il suo legame col territorio.
C’è una storia che racconto sempre: in un’azienda avanzatissima come Simonelli Group, esempio di industria 4.0, quando arrivano i committenti giapponesi e americani, Nando ricorda il paese Belforte del Chienti, un forte diventato paesino che si affaccia nel marchigiano con le sue caratteristiche tipiche.
Più di qualche visitatore gli ha chiesto chi pagasse il giardiniere: per lo straniero dunque, quella bellezza era figlia di qualche tipo di intervento pubblico o privato.
Invece no: quello è ciò che siamo. Non è un elemento che è passato, ma un ingrediente del futuro. Così vanno viste le sfide che ci aspettano e il contributo dell’Europa che ha centrato le direzioni, che ha messo in coesione la transizione energetica e il digitale, proprio perché ha capito che quelli sono i settori in cui L’Italia difende il suo posto nel mondo.
L’Europa è forte se punta sulla transizione verde e scommette sull’innovazione digitale. Questo è un pezzo della competitività. Symbola legge il capitale che esiste per capire come vanno le imprese che procedono in quella direzione. Tutti i nostri lavori dimostrano che le aziende che investono sulla cultura, sull’ambiente, sul design, hanno un migliore andamento.
E non fanno tutto questo perché hanno incentivi o per seguire delle norme, ma per un fatto di cromosomi. Trasmettere questi è importante, ma è difficile: come si passa la spinta all’innovazione? Su questo campo si gioca la partita ambientale. Una maniera per interpretare il futuro.
Ritornando a Shakespear, c’è un brano molto bello di McBeth, un passo in cui le streghe prevedono il suo futuro: sarà abbattuto quando la foresta si muoverà contro di lui. Salvo poi scoprire che saranno gli armigini nemici a trasvestirsi per sconfiggerlo.
Ecco, la partita ambientale è forte quando l’uomo la veste su di sè e diventa parte dell’economia e della bellezza del Paese. Far questo significa anche esser molto bravi. Quello che noi oggi percepiamo è figlio della fatica, degli scontri, delle guerre interne.
Penso per esempio al fatto che Macerata è l’unico posto al mondo in cui l’Istituto Confucio ha una sede in una piccola Università, ma non è un caso: è stato possibile perché c’era Matteo Ricci. Bisogna saper tessere i fili per fare altro, come ha fatto Simonelli Group.
La Pira, uno dei sindaci di Firenze ha detto: solo gli animali privi di spina dorsale hanno bisogno del guscio. Voleva dire che ci si apre all’esterno soltanto con il carisma. I muri sono sintomi di debolezza, di un’identità degradata. Noi dobbiamo esser un Paese con la spina dorsale.
Le storie come Simonelli Group sono essenziali e richiedono anche investimenti come quelli fatti per questo Campus, sui saperi, la conoscenza. Ovviamente bisogna esser bravi, perchè non ci regala niente nessuno
Forse per questo amo Frank Capra che ho adorato ancora di più dopo aver scoperto che era italiano. Nato in un piccolo comune di Palermo, emigrato poi in America, ha fatto una vita da emigrato, dura.
Le immagini di Frank Capra nelle scuole, lo vedono ai margini del resto della classe. Eppure divenne un regista straordinario. Ha detto una volta: “I dilettanti giocano per piacere quando fa bel tempo, i professionisti giovano per vincere mentre infuria la tempesta”. Bene: i dilettanti non ci servono, le tempeste non ci mancano, l’Italia deve fare l’Italia.”