RIMINI – Nella cupola del Vision Plaza di SIGEP, dopo la prima parte del convegno organizzato da Comunicaffè con focus su sostenibilità e futuro – di cui abbiamo scritto qui – è seguita la seconda parte dal titolo “Sostenibilità: i casi caffè e cacao”. Anche in questa occasione, diverse sono state le voci che si sono fatte sentire sul palco del Salone di Rimini.
A partire da Paolo Andrigo – director in Accenture ed esperto di caffè – che ha iniziato il suo intervento al SIGEP con una domanda: “Come il digitale sta supportando la trasformazione. Il secondo titolo è il monodose: pensiamo all’impatto sul cacao. Ora ci sono i dispenser e quindi si creeranno dei nuovi modelli di business. C’è poi il tema delle capsule compostabili: che impatti avrà il caffè su questo? L’Unione europea ci sta pensando.
E poi, il consumatore è disposto a pagare la sostenibilità?
Un altro tema è l’e-commerce: i modelli B2C e B2B hanno un impatto sulla sostenibilità.
Ultimo tassello è la consumazione e gestione del waste: oggi la tecnologia sta cambiando il modo di estrazione, ma come si gestisce poi l’umido, il caffè, le capsule e le macchine, che dopo un po’ vanno smaltite.”
Sergio Barbarisi, manager di BWT Water&More al convegno:
“C’è una catena di insostenibilità dietro una tazza del caffè. Quando andiamo a berlo al mattino, non vediamo il lavoro nelle piantagioni. Qui ci sono davvero tante cose da fare per arrivare ad avere coscienza di una tazza che sia davvero sostenibile, al bar o al distributore automatico.
Il 98% dell’acqua che compone la tazza, ha un ruolo nella filiera per infine ottenere un’estrazione perfetta. Abbiamo creato dei sistemi che non sprecano acqua, non la restituiscono inquinata nei corsi.
Oggi garantiamo un trattamento dell’acqua che preserva le macchine e delle cartucce filtrate che a fine vita hanno addirittura il 99% di riusabilità, parola molto cara all’attuale guida della Commissione Europea. Questo è un primo step.
Altra cosa importante è tenere traccia di dove sono queste cartucce. Controllarle tramite wi-fi, da remoto, con il bluetooth, fa in modo che il waste management sia svolto nel migliore del modi.
Chi paga però tutto questo? I clienti non vogliono pagare la sostenibilità: ne parlano tutti, ma nessuno vuole spendere.”
Adriana Bustamante Romero – manager sostenibilità per l’Honduras
Al SIGEP ha detto tra l’altro: “E’ possibile avere un modello di sostenibilità a partire dall’origine sino ad arrivare ai mercati internazionali. Una cosa molto importante per noi produttori è far capire che la sostenibilità non è una parola di marketing. Il cambiamento climatico veramente impatta sulla coltivazione.
Tutti i produttori sanno che quando arriva la pioggia o il caldo, è un problema per le famiglie. Non basta scrivere sul packaging “siamo sostenibili”. Noi dobbiamo investire, la nostra azienda è l’unica carbon neutral dell’Honduras e per ottenere questa certificazione ci abbiamo messo 20 anni.
La sostenibilità poi non riguarda solo l’ambiente, ma è anche sociale. Nel 2050 le proiezioni dicono che le coltivazioni di Arabica saranno dimezzate, ma non si parla invece tanto della migrazione dei coltivatori verso gli Stati Uniti.
Questo invece è un problema sociale, e capita perché non ci sono margini in questo lavoro. Un altro investimento sarà necessario per affrontare la deforestazione.”
Mario Cerutti – direttore Sostenibilità Lavazza, segretario Fondazione Lavazza si è collegato da remoto a SIGEP ed ha detto tra l’altro: “Voglio parlare di quello che è stato lo sviluppo storico della sostenibilità in Lavazza: partiamo da qui per poi toccare alcuni aspetti importanti. Consiglierei l’esercizio di costruire un bilancio di sostenibilità, perché è un modo per comunicare le caratteristiche della propria azienda. Nel 2016 nasce il nostro dipartimento di sostenibilità. ”
Max Fabian – Demus Spa e Past president Consiglio mondiale Ico, International coffee organization a SIGEP:
“ICO è innanzitutto un’organizzazione intergovernativa che segue tutte le questioni legate al caffè con i Paesi produttori e consumatori, entrambi i protagonisti della filiera. Ora sempre più sta includendo la parte privata. L’Organismo è sempre più dinamico anche grazie al cambiamento voluto dagli stessi membri e ora implementato con l’accordo concluso nel 2022, in corso ora di ratifica e concluso spero nel 2024.
Venendo al discorso sostenibilità, che ha caratterizzato tutta la mia presenza in ICO, non è un concetto nuovo, ma è sempre esistito e che ora ha un maggior rilievo e un’analisi più strutturata. Parte da tre pilastri: economico, ambientale e sociale.
Trovare un equilibrio tra questi elementi è complesso, perché la coperta è corta. Bisogna riuscire a trovare un equilibrio che il mercato normalmente dovrebbe perseguire, ma per farlo, deve essere sufficientemente libero. Se intervengono fattori esogeni come normative e non solo, anche tempistiche serrate, che impattano in maniera profonda la correlazione tra questi tre obiettivi, ecco che diventa difficile soddisfare le esigenze di una sostenibilità complessiva.
E’ un discorso basato sulla realtà delle cose: se guardiamo la deforestazione, è bello che l’Europa cerchi di spingere verso una sostenibilità ambientale partendo da se stessa, per raggiungere i Paesi produttori. Ma deve considerare che questo intervento ha un impatto che va a monte ai Paesi produttori, che devono avere tempi e modi per implementare ciò che è richiesto. Questo fatto non è banale. Alcuni devono ancora fare tanta strada.”
Andrej Godina – ph doctor in Scienza del Caffè al convegno SIGEP:
“Racconterò qui a SIGEP una storia: ho l’onore e la fortuna di essere consulente nei paesi d’origine e di avere una piantagione di caffè. Quindi la sostenibilità, così come l’ho vissuta in 7 anni da coffee farmer, è ambientale, sociale e economica-finanziaria: vuol dire che il coltivatore deve avere quel sostentamento economico che gli permette di coprire i costi, avere uno stipendio, avere un utile da reinvestire nella sua attività, per fare sistemi di irrigazione, cambiare varietà botanica.
Questo è importantissimo per quel che riguarda questo tipo di sostenibilità. Ho iniziato a bere il caffè all’Università e non immaginavo che dietro la tazzina ci fossero più di 135milioni di produttori, la maggior parte piccoli che conduce la piantagione a livello familiare. Immaginavo che la sostenibilità fosse soltanto ambientale, ma quella economico-finanziaria è ancora più importante, perché senza quella non c’è l’ambientale e sociale.
Da produttore di caffè posso dire che uno dei grandi paradossi di questo sistema è che il prezzo a cui devo vendere il caffè, viene fissato sulle Borse merci. Oggi le quote di esportazione sono del tutto scollegate da un mercato fisico.
In Honduras e in altri Paesi, in periodi di sovrapproduzione, i prezzi salgono e viceversa. Ci sono degli andamenti che ormai non hanno più un collagamento con ciò che il farmer vive in piantagione. Qualche anno fa i prezzi sulle Borse merci erano particolarmente bassi e così i piccoli produttori si sono dovuti indebitare per vendere il caffè che neppure coprivano i costi di produzione e ancora oggi ne stanno pagando gli interessi.
Questo modello di business da cosa è sorretto? Chi è che paga queste speculazioni? Il piccolo produttore di caffè che non ha un contratto di lavoro. ”
Silvia Totaro – responsabile sostenibilità di Nespresso Italia:
“Il nostro è un approccio di sostenibilità a tutto tondo, è un cerchio che si chiude dai paesi d’origine sino in Italia con il riciclo dell’alluminio. Il nostro viaggio parte dalle origini e arriva poi alle nostre boutique e nelle case dei consumatori.
Nespresso collabora con le persone che lavorano per produrre il nostro caffè. Per ottenere un prodotto di qualità e per garantire benessere per le comunità che coltivano. E’ importante quindi anche la sostenibilità sociale.
Questo approccio trova riscontro in un programma per la cooperazione per lo sviluppo dell’agricoltura sostenibile, svolto accanto alle persone che si trovano nelle piantagioni. Oggi abbiamo raggiunto oltre 150mmila agricoltori in 18 paesi, rilanciato nel 2003 insieme a Rainforest Alliance. Non è statico: ogni volta che c’è bisogno lo rinnoviamo. Perché non ci basta essere di supporto per l’ambiente, ma vogliamo fare in modo che il caffè di qualità passi dalla qualità della vita di chi lo coltiva.
Gli ultimi anni ci hanno visto impegnato nel concetto dell’agricoltura rigenerativa: ha una potenza incredibile di autocura.”