MILANO – Il gelato Grom paga il prezzo della crescita. La multinazionale piemontese pigia il pedale dello sviluppo in Italia e all’estero, apre nuove gelaterie ma l’esercizio 2016 si chiude con una perdita secca di 6,3 milioni che porta il totale, solo negli ultimi 5 esercizi, a 14 milioni.
Il modello di business di Grom è sostenibile? «Sì – risponde Federico Grom, ad e co-fondatore con Guido Martinetti (nella foto sopra) -. La società all’inizio ha prodotto degli utili poi ha smesso: la crescita è un percorso lunghissimo che va da Osaka a Los Angeles».
Cono senza contaminazioni
Il gelato Grom vuole essere “il più buono del mondo”, un’esperienza italiana senza contaminazioni locali, ma che risulta laborioso e costoso.
Nel polo produttivo piemontese Grom elabora le materie prime scelte e poi il prodotto non mantecato (ancora liquido) viene spedito fino in Giappone e negli Stati Uniti.
«In questo modo a Osaka – spiega Grom – possono gustare il sorbetto di Siracusa con l’acqua di sorgente Sparea. Come in una gelateria italiana».
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Sta di fatto che per avere un polmone finanziario adeguato i fondatori nel 2015 hanno ceduto le quote a Unilever (controlla il brand Algida).
In dettaglio, l’esercizio 2016 di Gromart srl si è chiuso con ricavi in crescita da 25,8 milioni a 29,8, un Ebitda di -5,2 milioni (da +819mila euro) e una perdita di -6,3 milioni (-2,98). Sui risultati hanno inciso due inverni in un solo esercizio, eccezionalmente di 15 mesi.
Il debito netto è di 11,2 milioni, il doppio dei 5,7 dell’esercizio precedente, ma per quest’anno Unilever (che vanta già 12,5 milioni come credito soci) si è detta disponibile a sostenere finanziariamente Gromart per gli investimenti, il capitale circolante e la gestione del debito.
Lo sviluppo
L’anno scorso la gelateria italiana ha aperto sei negozi in Italia e 9 all’estero «anche se in Indonesia siamo stati bloccati da uno stop all’import di 6 mesi» puntualizza Grom.
Oggi la società conta su circa 90 negozi nel mondo e «a inizio 2018 inaugureremo due gelaterie e Doha, in Qatar, e due in Francia.
Mentre sono partiti i lavori per l’inaugurazione del nostro flagship a Londra, a Picadilly: una città a cui guardiamo con orgoglio e che fa parte di un progetto Paese, anche se il meteo non è favorevole. Ma è una sfida».
Dunque la crescita della rete commerciale continua: qual è la dimensione giusta per il break even?
«Quella attuale – risponde Grom -. Abbiamo sofferto costi di struttura elevati rispetto alla dimensione della rete, ma ora ci siamo».
E il 2017? Grom non risponde, ma il recupero di redditività è partito nel 2016: sotto stati ridotti i costi delle locazioni, rimodulato l’utilizzo della forza lavoro in rapporto ai picchi orari e ceduta Grom France alla holding Unilever per ottimizzare i costi di gestione.
Emanuele Scarci