MILANO- Si parla di giovani durante il convegno di Vision Plaza, che sono la risorsa fondamentale per dare una svolta al settore, a partire dalla formazione del personale che si muoverà dietro i banconi del futuro. Inizia la discussione proprio Francesco Sanapo, il quale qualche anno fa ha dato via ai viaggi nelle terre d’origine del caffè con Barista& Farmer per cinque anni.
Tanti sono i baristi che hanno viaggiato con lui e sempre di più desiderano di vivere in prima persona la realtà del caffè. Vediamo baristi sempre più formati dietro al banco bar. Che però spesso si smontano di fronte a un consumatore che non li segue o perché vogliono volare troppo in alto.
Giovani: qualche consiglio per conquistare il cliente
Francesco Sanapo: “Sicuramente quando si ha conoscenza e si è seguito dei corsi di formazione per accrescere la propria preparazione, diventa più facile trasmetterle. Solo che ci troviamo di fronte a un consumatore che sa zero. Quindi, usare una terminologia semplice aiuta. Così come cercare di non porsi come professori ma, anzi, a instillare la voglia di condividere più che di insegnare. Questo può aiutarci a creare un varco nella sua mente ed entrarci dentro.
Così ho strutturato un po’ la filosofia delle mie caffetterie. Ho detto: smettetela di parlare di quante ore di fermentazione ha un caffè. La gente non è a quel livello. Basta parlare di curve di tostature. Bisogna solo guidarli in un’esperienza di gusto come può fare un ottimo sommelier. Nella mia caffetteria, quando la gente sentirà suddividere la degustazione del caffè in tre sorsi e a ognuno corrisponde un gusto in base al caffè servito. Se si apre una curiosità, si può andare oltre e descrivere la bellezza dietro la tazzina. Ma mantenendo qunato più semplice la cosa.”
Manca un bel book fotografico che faccia vedere le piantagioni, che mostri le mani sporche che raccolgono le ciliege
Francesco Sanapo: “Ma non funzionerebbe con il consumatore italiano che si avvicina al banco, prende l’espresso e va via. Servirebbe più un pannello con le immagini. Saper comunicare è importantissimo e dobbiamo forse migliorarci come torrefazioni, caffetterie e tutta la filiera in questo punto. Non è semplice. Ma dobbiamo utilizzare un modo differente per dare più valore alla tazzina.”
Torna Luca Ramoni, ancora sui giovani
Abbiamo parlato di giovani: gli operatori di domani sono gli studenti di oggi. pensa che il mondo del cafè riesca ad esser vicino al mondo della scuola o servirebbe un maggiore supporto per una migliore preparazione?
Luca Ramoni: “Qualcosa si sta facendo, soprattutto da quando è partita l’onda negli anni 2000. Anche con il supporto dell’innalzamento della scuola dell’obbligo. Molte scuole alberghiere collaborano con molti di noi, nelle varie città, con i professionisti del nostro calibro e delle nostre scuole e con i torrefattori. Purtroppo non possiamo generalizzare questo fatto. Ci sono istituti che non fanno cultura. Parliamo in questo caso delle istituzioni e di un altro fattore: prima Lattuada ha parlato del blocco dei titolari. Ad alcuni è stata data l’idoneità della somministrazione, l’ex corso Rec. Ma come si raggiunge questa idoneita?
Noi abbiamo fatto degli esperimenti con l’associazione torrefattori lombardi, inserendoci con delle giornate di formazione sul caffè e la filiera all’interno delle 130 previste di corso. Qua trovavamo però delle persone che volevano aprire una macelleria. Manca specializzazione. Dall’altra, si pensa all’apertura del bar come a un escamotage. La legge mi permette di aprirlo un locale nonostante abbia fatto due anni soltanto come cameriere. La formazione istutuzionale deve esser invece più specializzante per i giovani e nei corsi obbligatori. Altrimenti possono aprire un’attività cani e porci.”
Brescia, però è un ambiente dove i giovani nel mondo della caffetteria, stanno realizzando esperienze molto belle.
“E’ vero. Ci sono molti giovani delle scuole alberghiere che partecipano a delle competizioni nel mondo della Sca e hanno raggiunto dei livelli anche molto elevati. Ma comunque vivo alcune scuole nella provincia di Brescia, con le quali collaboro da molto tempo, dove si fa proprio formazione sul caffè.
Mancano ancora tante cose, proprio il mondo del bar. Storicamente la scuola alberghiera lavora molto sulla ristorazione, sull’hotellerie e lascia in fondo in un angolino il mondo del bar, della miscelazione e della caffetteria. Però molti lo stan facendo. ”
Continua Francesco Sanapo
“Non attrae i baristi, non attrae investimenti in generale.” E procede Luca Ramoni: “Io volevo aggiungere: il prezzo è la sola variabile che non costa nulla a muoverlo e che genera fatturato. Tutti gli altri parametri sono variabili di costo: qualunque cosa muovo, mi costa. L’unica leva che se la cambio mi costa zero e aumenta il fatturato, è il caffè. Se io guardo 350 euro al giorno. l’11% è reddito, mediamente in Italia incasso 35 euro al giorno. A fine mese ho raccolto 900 euro in un bar che fattura 100mila euro all’anno. Non è un rischio.”
Un’ultima domanda ad Alberto Polojac che, come importatore di verde, ha a che fare con i torrefattori
Il torrefattore comincia ad esser un po’ più attento al discorso qualitativo e a cosa si trova a monte del caffè. Alla sua sostenibilità.
Alberto Polojac: “Molto spesso il torrefattore si basa su quella che è la richiesta. Risponde a delle domande. Raramente mi capita di trovare torrefattori che ne facciano. E’ un mercato però in crescita e questo è consolante. Il punto si può riassumere in quanto abbiamo detto finora: se il consumatore fosse più esigente, avremmo una domanda diversa. E quindi penso che ci siano molti operatori che sono consumatori: potenzialmente l osiamo tutti. il mio invito è quello di farsi domande in più. Cercare come succede per altri prodotti come per un buon formaggio da cercare fuori dal supermercato sotto casa, un buon caffè. Non limitiamoci ad andare in un bar perché più comodo, se volete un buon prodotto.
Chiedete qualcosa in più. Lasciate lì un prodotto fatto male, così come fareste per altre pietanze che rimandereste indietro. Se il caffè è preparato male invece, ci mettiamo dello zucchero, lo macchiamo con il latte per renderlo più gradevole, ma lo buttiamo giù comunque. Io, un prodotto non buono e anche nocivo quando si parla di pulizia e di acqua, che costituisce più del 90% della bevanda, lo lascio. Il segreto di un buon espresso è l’acqua, ma in che cosa consiste? Che durezza ha, che tipo è, che elementi contiene? Ci sono purtroppo molti casi in cui l’acqua può esser addirittura pericolosa se non viene controllata. Fortunatamente l’acqua arriva ai 90° con la macchina espresso e la sterilizza risolvendo qualche problema.
Ma tornando alla domanda: ci sono torrefattori curiosi e giovani delle nuove generazioni che aiutano a innovare. Ci sono le gare di Roasting per il circuito della spacialty coffee. Che innestano connessioni nuove.”
Francesco Sanapo aggiunge: “Le torrefazioni italiane devono fare una cosa. In Italia sono tanti i protagonisti e hanno tutti da dire la loro anche sotto l’aspetto del gusto. Il mondo del caffè italiano è veramente interessante, ma devono smettere di esser delle finanziarie ed essere più delle torrefazioni. Lì, vinciamo.”
Anche Fipe sottolinea questo aspetto: smettiamo di pensare di risparmiare pagando il mutuo dentro al prezzo di caffè, di tutte le attrezzature.
In chiusura: per la prima volta sono stati riuniti Sca Italy, Aicaf e Iei
Ognuno con cammini che corrono paralleli. Formare il cliente finale però è il tassell oche manca maggiormente. Sarebbe possibile fare un passo congiunto in questo senso? Iei organizzava le torrefazioni aperte. Una cosa di questo tipo, ma comune, che coinvolga tante realtà e faccia parlare di sè, potrebbe essere una prima idea. E’ possibile fare qualcosa che faccia bene globalmente al settore?
Risponde prima Barbara Chiassai delll’Iei: Lo stiamo già facendo ognuno nel proprio campo. Ci occupiamo di formazione, che dentro di sè porta il germoglio della qualità. Io personalmente non ho niente in contrario nell’organizzare un evento comune. Non c’è problema, niente in contrario.
Prosegue Sanapo: “Io faccio tutto per il bene del caffè. Mi auto nomino ambassador dell’espresso italiano.”
Aggiuunge Ramoni: “Io voglio riportare un esempio dell’associazione italiana sommelier. Al corso di primo livello troviamo tantissimi amatori che vanno a fare corsi per imparare a conoscere il mondo del vino. Facciamo la stessa cosa. Cioè, i corsi di analisi sensoriale e di degustazione del vino, li portiamo al caffè. Sviluppando un’offerta formativa per far conoscere la materia caffè al consumatore. Collaboriamo in questo senso.”
Barbara Chiassai: “Sono d’accordissimo nel lavorare insieme. Tanto il percorso, pur con nomi diversi, è simile. Parliamo tutti di aiutare il consumatore a capire quando c’è o meno la qualità. Tutti ne beneficeremo sicuramente sia da consumatori che da lavoratori nel settore. Più parliamo di qualità, più si alza la media e più tutti quanti possiamo migliorare. Magari arrivare anche a un euro e cinquanta o sessanta. Forse, quando noi arriveremo a un euro e cinquanta, Sanapo sarà arrivato già a due e cinquanta. Per cui sarà il prossimo step da fare.”
Chiude la moderatrice Nadia Rossi: “Speriamo con questo incontro di aver seminato e di aver posto i primi strumenti per crescere. Un euro non basta: bisogna impegnarsi tutti, in prima linea i baristi per comunicare al consumatore il piacere del caffè che ancora non conosce.”