mercoledì 30 Ottobre 2024

Sergio Barbarisi, BWT water+more: “La sostenibilità? Un messaggio che aiuta a scegliere il tipo di cliente che vogliamo raggiungere”

"Chi produce caffè lavati sta continuando a farlo senza preoccuparsi né della quantità di acqua che va a farsi benedire, né della qualità di quello che dalle vasche di fermentazione esce e viene restituito alla natura, ovvero la distruzione di qualsiasi forma di fauna acquatica nei corsi a defluire. Esiste un modo per usare l’acqua e produrre i lavati in maniera virtuosa? Parliamo di remineralizzazione dell’acqua: remineralizzando l’acqua, questa perde acidità e torna a essere acqua che può essere restituita ai fiumi in maniera assolutamente sostenibile. Si può fare, magari ha un costo ma permette un impatto positivo e significativo sull’ambiente"

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Sergio Barbarisi, international key accounts manager BWT water+more, è intervenuto in occasione del Trieste Coffee Experts organizzato da Bazzara a Trieste spiegando la posizione presa dall’azienda in merito alla sostenibilità. Secondo Barbarisi, la sostenibilità è un contenuto fondamentale della filosofia del brand, nonché un obiettivo definito di prodotto etico dal punto di vista ambientale e sociale. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.

Acqua BWT e caffè: la sostenibilità che non viene (solo) dalla tecnologia

di Sergio Barbarisi

TRIESTE – “Se siamo qui a discutere di sostenibilità è un buon segnale; sono certo che tutti noi ce ne stiamo occupando nelle rispettive aziende. Leggiamo di sostenibilità dappertutto, non c’è un post sui social o una pubblicità che non faccia riferimento a questo tema e, più in generale, si fa riferimento al “green” che è stato eletto a pieno titolo come colore della sostenibilità. Sostenibilità e verde vanno sempre insieme.

CIMBALI M2

“Il pubblico collega la parola “sostenibilità” al colore verde in quanto rappresentativo dell’ecologia: sostenibilità = ecologia. E aggiungo che tutti citano concetti come “impatto zero”, “carbon neutral, zero”, “emissioni zero”; lo zero è ricorrente. Siamo sicuri che sia lo zero il target della sostenibilità?

Le aziende italiane che fanno parte della filiera del caffè stanno facendo lavori immani per ottimizzare i loro prodotti, intraprendendo un percorso virtuoso che ci permette sicuramente di dire che oggi l’industria del caffè italiana è meglio di quanto era ieri: bassi consumi, risparmio energetico, caldaie separate, riscaldamento a induzione, tutto valido per non lasciare traccia, e sottolineo “non lasciare traccia”: lo zero ricorre ancora. Impatto zero, anche sulla bolletta energetica, perché no?”

Barbarisi: “Io credo, personalmente, che sostenibilità sia invece proprio lasciare traccia del nostro passaggio, mi piace pensare, e faccio qui appello alle filosofie orientali, che “noi sopravviviamo alla nostra partenza solo se lasciamo una traccia”, una, non zero, e così dovrebbe valere per tutte le nostre aziende”.

Barbarisi continua: “Essere sostenibili per quanto riguarda l’acqua, se parliamo di impatto zero, vuol dire produrre sistemi di trattamento costruiti in aziende che non inquinino, che siano appunto carbon neutral.

Lo sapete che la Formula 1 nella testa della gente è la cosa più distante dalla neutralità, eppure sostiene e sta cercando di essere carbon neutral; questo per dimostrare come a volte i concetti sono un po’ tirati.

Tuttavia, la Formula 1 per il 2026 dice di essere “sustainably fuelled” e addirittura “impatto netto zero nel 2030”, ancora zero.

Sostenibilità per l’acqua vuol dire produrre sistemi filtranti che non sprechino acqua e che ne ottimizzino le quantità utilizzate attraverso il controllo da remoto. Sostenibilità nel trattamento dell’acqua significa recuperare i sistemi di trattamento esausti per non lasciare appunto traccia del proprio passaggio: impatto zero. Tutto questo è sostenibilità dell’acqua?

Sicuramente è un buon inizio, ma non è sufficiente: così, la traccia del proprio passaggio è troppo labile.

La sostenibilità dovrebbe essere un concetto che se misurato ci dice impatto zero vuol dire che hai fatto quello che ci si aspettava da te; se hai fatto meno, dovrebbe essere “-1, -2, -3,” … Mentre chi è stato molto bravo dovrebbe avere impatto “+1, +2, +3,” e così via.

La sostenibilità è qualcosa da ricercare anche nell’intangibile a mio giudizio, ad esempio nell’atmosfera che si respira in azienda; voi avete voglia di lavorare con fornitori o con clienti che sapete che non sono soddisfatti del posto dove lavorano?

Allo stesso modo, avete voglia di rifornire clienti sapendo che il prodotto viene lavorato da persone che sono profondamente insoddisfatte o addirittura maltrattate?”

Barbarisi non ha dubbi: “Io scelgo il fornitore contento, sempre, e scelgo il cliente contento. Credo che anche senza citare nomi e brand, il pensiero di molti di voi va a aziende che hanno scelto nel nostro settore di fare in modo che la loro azienda sia una casa, una famiglia, un posto dove i dipendenti e i colleghi vanno a lavorare contenti, col sorriso”.

Barbarisi continua: “Quando io, per conto di BWT, ho abbracciato con Water+More il percorso del caffè di qualità, si cominciava proprio a parlare di sostenibilità della filiera, e mi sono trascinato dietro tutti i miei colleghi internazionali che all’inizio non ci credevano.

L’ho fatto perché ho compreso dai primi incontri che ci sarebbe stata la possibilità di raccontare l’acqua in una nuova veste.

Ci sarebbe stata la possibilità di raccontare una storia durante il processo di vendita, che caratterizzasse la nostra azienda come portatrice di un vento nuovo.

Ci sarebbe stata l’opportunità, per chi avesse voluto coglierla, di alzarsi ogni mattina, sapendo che a ogni incontro con un potenziale cliente ci si sarebbe approcciati col sorriso di chi sa di portare un messaggio positivo, con il sorriso di chi sa di portare qualcosa in più di un prezzo o di uno sconto: un’azienda, appunto, che fa o cerca di fare business sostenibile.

La sostenibilità è la condizione di uno sviluppo che assicuri il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri sogni; a noi ad esempio è venuta in soccorso nella ricerca della sostenibilità proprio la filiera del caffè, e questa volta volgendo lo sguardo verso chi banalmente al bar non viene mai raccontato.

Ho iniziato quasi per gioco, per la curiosità di conoscere la parte che io, e purtroppo non solo io, non avevo mai avuto opportunità di vedere: le nazioni produttrici del caffè. Là ho scoperto letteralmente un mondo che non conosce l’acqua e che allo stesso tempo non sfrutta le possibilità che l’acqua può dargli. Ho scoperto, ahimè, un mondo dove l’acqua è veramente bistrattata.

Il cambiamento climatico è un fatto mondiale, al di là delle piogge che ogni tanto ci sembrano cadere copiose, com’è successo di recente, la media delle precipitazioni è in calo e questo è un fatto.

Giusto per darvi un’idea, il Centro America ha avuto un ultimo inverno piuttosto secco con piogge piuttosto scarse.

Secondo voi, a parte il Costa Rica che tratta bene l’acqua, è cambiato qualcosa in generale nell’utilizzo dell’acqua in piantagione? Poco, per non dire assolutamente niente.

Chi produce caffè lavati sta continuando a farlo senza preoccuparsi né della quantità di acqua che va a farsi benedire, né della qualità di quello che dalle vasche di fermentazione esce e viene restituito alla natura, ovvero la distruzione di qualsiasi forma di fauna acquatica nei corsi a defluire.

Esiste un modo per usare l’acqua e produrre i lavati in maniera virtuosa? Parliamo di remineralizzazione dell’acqua: remineralizzando l’acqua, questa perde acidità e torna a essere acqua che può essere restituita ai fiumi in maniera assolutamente sostenibile. Si può fare, magari ha un costo ma permette un impatto positivo e significativo sull’ambiente. Poi c’è il momento della verità: il momento dell’assaggio.

Sapete che la maggior parte dei farmer assaggia con l’acqua che ha a disposizione? Spesso di sconosciuta origine, o addirittura con acque acquistate in boccioni da 20 litri: ciao sostenibilità!

I boccioni in questione sono prodotti dalle multinazionali delle bibite, si tratta di acqua osmotizzata, senza contenuto disciolto, che possa dare luogo a un assaggio di qualità.

Tra l’altro prendendo come esempio il Centro America, le loro acque sono nella maggior parte dei casi delle “naturalmente pure”; sono acque molto buone, acque purissime e quindi da remineralizzare.

Qualcuna tra le aziende americane che fa bustine di sali da aggiungere nelle acque sta già lavorando con alcune nazioni del Centroamerica, con alcuni farmer per la fase di assaggio.

E anche in questo campo della remineralizzazione si può essere meno costosi per i farmer e, contemporaneamente, più sostenibili fornendo soluzioni in cartuccia a bassissimo costo che permettano loro di far esaltare le doti del loro caffè, usando la loro acqua senza comprarne altra.

Qualcuno ha saputo di questa nostra attività e ci ha rinfacciato che di questo passo, grazie a noi, i farmer prenderanno consapevolezza del valore del loro prodotto e l’effetto sarà quello di un rincaro del crudo. Al di là del fatto che questa affermazione si definisce da sola, la risposta è un No secco.

Oltre al costo al litro assolutamente vicino a zero e che non è giustificazione per alcun aumento, l’effetto primario di questa consapevolezza dell’acqua è di allargare la fascia delle Farm dalle quali si può pescare un caffè di qualità, e se l’offerta si amplia, il prezzo per definizione non può salire.

Ci si può poi spingere anche oltre: si può ad esempio aiutare ragazze che hanno scelto di crescere il caffè come reazione a un’economia di guerra.

Drink More Congo Coffee è la creazione di una ragazza congolese, Fatuma Lokembo, cresciuta in Belgio, che una mattina si è svegliata e ha deciso che era ora di fare qualcosa aggiungendo dignità a una zona che ha sempre prodotto caffè ma che troppo spesso lo cede di nascosto al Rwanda, che lo spaccia come proprio.

Un team di sole donne sta svolgendo un lavoro fantastico. Noi siamo di supporto con l’acqua, che consente loro di avere giustizia in fase di cupping. Si può anche aiutare chi ha sbagliato e che attraverso il caffè vuole riacquistare un posto nella società.

Qui siamo in Kenya, a Nairobi, con gli amici di Wertkaffee dalla Germania, che hanno costruito un laboratorio di assaggio in carcere e che attraverso l’insegnamento della filiera del caffè cercano un posto nel mondo per chi ha sbagliato, che è uscito dal carcere e che deve avere l’opportunità di ricostruire un’esistenza che sia degna di essere chiamata tale.

Mi fermo qui, anche se ce ne sarebbero tanti altri di esempi o attività che stiamo portando avanti, tuttavia oggi ho voluto raccontare delle storie di come l’acqua può essere sia sostenibile essa stessa in senso stretto, che come strumento per arrivare a una filiera più sostenibile.

Ci sono due espressioni che nella mia vita ricorrono molto spesso per bocca dei miei interlocutori, e sono: “Voi venditori”, detto un po’ come per intendere “voi truffatori”; e la seconda è: “si vabbè dai, questo è tutto marketing”, come se quella che in realtà è una scienza fosse solo il vestito buono per coprire difetti e magagne aziendali.

Ecco, chiudo così: per noi la sostenibilità è un contenuto fondamentale, è uno sforzo immane sull’acqua, è un obiettivo definito di prodotto, è una fascia di destinazione per il prodotto, è un messaggio che ci aiuta anche a scegliere il cliente che si vuole raggiungere; del resto si dice che “chi si somiglia, si piglia”.

Barbarisi conclude: Manuela Cadeddu ha citato un 25% di clienti che sarebbero pronti a pagare di più per i prodotti sostenibili; c’è bisogno di aziende che ci credano, c’è bisogno di marketing che crei i messaggi, c’è bisogno di venditori che ne siano portatori sani. Scegliamoci i clienti e andiamo fuori tutti insieme”.

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