MILANO – Sono ben 10 milioni le tonnellate di caffè che si accumulano come fondi ogni anno in tutto il mondo. Questi scarti hanno trovato nuova vita in diversi modi: dai funghi agli occhiali, sino ad arrivare ai sensori di umidità. Quest’ultima soluzione è stata realizzata dal gruppo sotto la guida di Alberto Tagliaferro e Jean Marc Tulliani. Entrambi docenti presso il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia. Lo scopo che ha indirizzato il progetto è sempre lo stesso: limitare l’impatto ambientale, tramite la riduzione dei rifiuti dati dal caffè macinato. Vediamo i dettagli dal sito Poliflash.polito.it.
Sensori di umidità: un nuovo modo di riciclare i fondi di caffè
Questo è il frutto nato dallo studio Waste Coffee Ground Biochar: a material for Humidity Sensors che ha visto la pubblicazione sulla rivista Sensors. Creato dalla collaborazione tra Pravin Jagdale, Daniele Ziegler e Massimo Rovere.
Un lavoro con diversi step
inizialmente gli scarti vengono lavati, centrifugati, filtrati ed essiccati in forno a 90°C per 10 ore; in seguito, il materiale viene sottoposto al processo di pirolisi a una temperatura di 700°C per 1 ora in atmosfera inerte; ed infine macinato per migliorarne l’omogeneità.
Si ottiene così la carbonella – o biochar (CGB) – che mantiene la struttura spugnosa tipica della polvere del caffè e che, depositata tramite tecnica serigrafica su di un substrato ceramico con degli elettrodi di platino, compone il sensore.
E proprio le caratteristiche peculiari del biochar consentono, in base al tasso di umidità, di inviare un segnale elettrico agli elettrodi
“Quando le molecole di acqua si adsorbono sulla superficie del biochar avviene probabilmente un trasferimento di elettroni tra esse e la superficie del materiale sensibile a bassi valori di umidità relativa – spiega così Jean Marc Tulliani. – Si forma quindi all’inizio un primo strato di molecole di acqua fortemente legate al biochar. Mentre, in seguito, col crescere del tenore di umidità nell’aria, si formano altri strati più debolmente legati tra di loro e dove i portatori di cariche sono gli ioni H3O+.
Infine, a più elevati valori di umidità relativa, il vapore acqueo condensa nei pori del materiale sensibile. I sensori prodotti si sono dimostrati in grado di determinare l’umidità relativa dell’aria a temperatura ambiente nell’intervallo 20-97% di umidità relativa con tempi di risposta rapidi. Il biochar è dunque un materiale molto promettente per l’applicazione mirata data la sua natura porosa”.