MILANO – LifeGate è una meritevole associazione milanese che da tempo si occupa di sostenibilità e sociale legata ai temi dell’alimentazione. E anche del caffè. Come in questo caso con l’articolo di Chiara Boracchi apparso sul sito dell’associazione lifegate.it da dove lo abbiamo ripreso perché la filiera ne prenda conoscenza.
CREMONA – Un po’ coffee specialist, un po’ falegname: Sebastiano Marcarini, bresciano d’origine, ma cremonese d’adozione, racconta la sua esperienza all’Emporio Vini e Sapori, che rientra nel progetto LifeGate Café. La sua particolarità: diffondere consapevolezza attraverso il caffè.
Unicità, originalità, passione e sostenibilità: potrebbero essere queste le parole da usare per descrivere l’Emporio Vini e Sapori di Cremona, un locale che non è uguale a nessun altro e che non è neanche mai uguale a se stesso.
Tutto merito di Sebastiano Marcarini, premiato coffee specialist. Ma prima di tutto falegname, che ha materialmente progettato e realizzato spazi e arredi con cura estrema e tanto entusiasmo. Facendo emergere grazie a mobili e oggetti non solo la sua passione per la sostenibilità, ma anche le personalità degli altri due gestori dell’Emporio: la titolare Marina Salada e il sommelier Stefano Piatti.
Ci siamo fatti raccontare tutto della sua originale avventura, dalla realizzazione del locale all’ingresso nel mondo del caffè. Dall’incontro con Lavazza all’adesione, convintissima, al progetto LifeGate Café, il network selezionato di locali che hanno come ideale quello di promuovere la qualità della vita nel rispetto dell’ambiente.
Come è arrivato all’Emporio?
Lavoravo a Brescia come falegname e sono stato chiamato per progettare e realizzare materialmente il locale. Nel mezzo di questi lavori, per vari motivi personali la mia vita è cambiata e mi sono trovato a entrare a far parte di questa famiglia, insieme a Marina, la titolare, e Stefano, che seleziona i 4.000 vini che sono esposti qui. Io, che all’inizio mi occupavo solo dei mobili e degli arredi, nel tempo mi sono appassionato al mondo del caffè e della cucina.
Come è nato questo concept così originale?
Senza un progetto ben preciso. Ogni arredo, ogni oggetto è stato realizzato su misura e sul momento, fondendo le esigenze di tutti con la mia creatività di artigiano. Il grande scaffale dei vini, per esempio, è grigio per caso. Ma poi, proprio quel grigio è diventato uno dei colori principali del nostro logo. Le decorazioni, come i violini in plexiglass, ricordano la tradizione musicale cremonese. Gli stessi rivestimenti in questo materiale mi hanno permesso di recuperare vecchi oggetti e fonderli nei tavolini o nei vassoi.
Lei è anche un artigiano molto attento all’ambiente…
Sì, venendo dalla scuola del restauro, ci tengo davvero molto, anzi, per me è stato naturale, in un certo senso mi permette di rispettare di più il cliente. Per esempio, per i mobili ho usato vernice all’acqua, la rifinitura è sempre realizzata con cera d’api, anche per quanto riguarda i pavimenti. Ho scelto di non usare vernici sintetiche non solo per un discorso di rispetto dell’ambiente, ma anche per favorire la traspirazione del legno e per mantenere i vini nelle condizioni migliori: non tutti sanno che i tappi di sughero sono porosi e assorbono tutti gli odori della stanza, compreso l’odore delle vernici acriliche. Per mantenere altissima la qualità dei nostri vini, siamo stati attenti a non introdurle.
In generale, nella progettazione del locale ci siamo fatti guidare dall’attenzione verso la sostenibilità e il mantenimento della qualità: le luci sono tutte a risparmio energetico; non abbiamo il condizionatore, ma usiamo solo il deumidificatore, che oltre a risparmiare energia fa anche meglio alla salute delle persone e salvaguarda le proprietà del caffè; usiamo detersivi biologici certificati per la pulizia degli ambienti ma anche per quella della macchina del caffè; usiamo stracci, invece di sprecare la carta usa e getta. Questa attenzione alle piccole cose, ai dettagli, fa parte della nostra filosofia.
Ci parli dei prodotti dell’Emporio …
Abbiamo circa 4.000 vini selezionati da 90 cantine di nicchia, che noi rappresentiamo. Da un paio d’anni abbiamo inserito vini senza solfiti aggiunti e certificati. Privilegiamo le cantine e gli agricoltori che sanno lavorare senza andare a distruggere l’ambiente. E che tengono davvero alla qualità del vino. Abbiamo inserito anche dei vini “vegani”, cioè che non sono trattati con albumi d’uovo o sostanze animali che servono per pastorizzare e fermare la carica batterica.
Questa passione per il vino, l’abbiamo trasferita anche sul cibo: abbiamo rapporti diretti con gli agricoltori che ci propongono i loro prodotti, vogliamo esser certi che coltivino davvero col metodo biologico e che abbiano rispetto per la terra. Ormai tutti i nostri produttori sono anche amici e contano moltissimo sulla nostra opinione e sulla nostra competenza. Vogliono il nostro parere. A volte, siamo noi stessi a dare loro degli spunti per realizzare marmellate o giardiniere con la loro frutta e la loro verdura.
Come sono cambiati i clienti da quando avete aperto 11 anni fa? Cosa chiedono e come siete riusciti voi stessi a fare “educazione alimentare”?
Ci è voluto del tempo per far capire il nostro modo di lavorare, ma i clienti adesso ci apprezzano, anzi, sono curiosi, hanno fame di novità e le pretendono. Abbiamo voluto chiacchierare molto e raccontare le specificità dei prodotti, abbiamo iniziato a spiegare le etichette, parlando anche di longevità dei vini e degli alimenti. Abbiamo organizzato visite dai produttori, degustazioni. Insomma, ci siamo impegnati per fare educazione alimentare e ci siamo riusciti, adesso i nostri clienti sono i primi a pretendere la qualità. Una qualità che tra l’altro è accessibile, perché una delle particolarità del locale è che qui si trovano prodotti per tutte le fasce di prezzo. Siamo riusciti a creare una clientela non solo affezionata, ma consapevole, più attenta all’ambiente. Le persone si fidano di noi e questa fiducia ci ripaga.
Come siete arrivati al caffè?
Dopo aver selezionato tanti prodotti, ci mancava giusto il caffè, per accontentare i nostri clienti. E così cinque anni fa mi sono messo personalmente a studiare – da autodidatta – i diversi tipi di caffè e ho iniziato a farli assaggiare alla clientela. Abbiamo poi creato, nel locale, un angolo caffetteria che si è ingrandito e ha acquisito sempre più importanza. Fin da subito mi sono divertito a raccontare alle persone l’origine del caffè che bevevano. Anzi, ho voluto non che lo bevessero, ma che lo degustassero.
Come si inseriscono Lavazza Alteco e l’adesione a LifeGate Café nella filosofia dell’emporio?
Facilmente. Lavazza è un grosso gruppo nel mondo del caffè e inizialmente la clientela lo percepiva distante, lo vedeva con sospetto: perché avere un caffè chiamato Lavazza in un locale che propone solo prodotti di nicchia? In realtà è stato Alteco ad essersi avvicinato alla nostra filosofia: per me è stato importante far capire alle persone che una grande realtà come Lavazza è riuscita a proporre un prodotto di nicchia, biologico e di qualità, inserendosi perfettamente in questa tendenza. Adesso i miei clienti lo apprezzano molto.
Cosa ti aspetti dal progetto LifeGate Café?
Mi aspetto che si possa essere più incisivi nel mondo del caffè, che si possa far capire al consumatore che esistono realtà come Lavazza davvero impegnate ad affrontare problematiche come i cambiamenti climatici, cercando di garantire sempre il benessere delle piantagioni e dei contadini, valorizzando di più il lavoro fatto a monte. Quando sono stato in Brasile, ho visto coi miei occhi cosa succede in piantagione. Lavazza è davvero una promotrice dell’agricoltura sostenibile, cerca di creare una community di contadini consapevoli, che stiano attenti a standard ben precisi. Elimina i trattamenti chimici, garantisce una paga equa per i lavoratori (il processo della raccolta del caffè è lunghissimo, trovo che un euro a tazzina sia davvero troppo poco!). Presta attenzione anche alla biodiversità locale. Credo che lo scopo di LifeGate Cafè e della promozione di Lavazza Alteco debba essere proprio questo: la diffusione della consapevolezza. Io, nel mio piccolo, ci provo.
Lavazza Alteco, buono e “giusto”
Per Sebastiano Marcarini, la scelta di aderire a LifeGate Café non significa solo ricerca estrema della qualità. Vuol dire anche prestare attenzione alle foreste e alla biodiversità. Puntare su rispetto del lavoro e dell’equità sociale. Una scelta perfettamente in linea con la “nuova” clientela: secondo dati dell’Osservatorio nazionale sugli stili di vita sostenibili realizzato da LifeGate ed Eumetra, per esempio, per l’81 per cento degli italiani è importante che un’azienda che si dichiara sostenibile rispetti i diritti dei lavoratori. Mentre per il 73 per cento è importante che usi responsabilmente le risorse. Nella filosofia dell’Emporio Vini e Sapori i prodotti non devono essere solo buoni, ma anche “giusti”. Proprio come Lavazza Alteco.
Chiara Boracchi