di Lino Stoppani* (FOTO)
L’eccesso di semplificazione che è stato via via introdotto nelle strategie di contrasto alla criminalità andrebbe in qualche modo corretto con il controllo puntuale dei requisiti morali anziché a campione e la previsione di qualche certificazione aggiuntiva.
E’ mortificante per un rappresentante di categoria constatare la facilità con la quale la criminalità aggredisce il sano tessuto imprenditoriale, sfruttando le contingenti gravi difficoltà di molte imprese. Questa aggressione viene oggi impedita o, almeno rallentata soprattutto grazie all’encomiabile attività di Magistratura e Forze dell’ordine che intercettano gli investimenti della criminalità nel settore.
E’ un aspetto delicato e complesso che, oltre ai diretti danni sociali che ne derivano, produce dequalificazione nel settore, dumping sui prezzi, squilibri nel valore degli avviamenti commerciali, oltre a cattiva immagine per l’intero settore e per le tante persone perbene che vi investon o e lavorano.
Ogni anno in Lombardia vengono avviate circa 3.000 attività di pubblico esercizio, un terzo nella sola provincia di Milano. La regione, con 223 attività (il 13,1%), è al terzo posto, dopo Sicilia e Campania, nella classifica delle aziende confiscate alla criminalità organizzata. Sono 1.708 le imprese complessivamente confiscate in Italia al 31 dicembre 2012: di esse il 10,1% (173) è nei settori della ricettività e della ristorazione.
Ma non è solo l’acquisizione dell’impresa il mezzo di controllo esercitato dalla criminalità. Diverse sono le forme di ingerenza: dalla presenza di attività di gioco nelle quali le organizzazioni criminali tentano di costruire un circuito illegale all’appetibilità di alcuni esercizi per l’espansione del traffico e dello spaccio di droga e persino del mercato della prostituzione al controllo della filiera con il quale si impongono alle imprese i fornitori da cui acquistare le materie prime.
Quest’ultimo è un fenomeno che si muove sotto traccia e che potrebbe emergere creando un più proficuo scambio di informazioni tra il sistema della rappresentanza imprenditoriale e gli organismi della sicurezza. Non mancano, poi, i casi di racket in senso proprio: siamo dinanzi alla punta di un iceberg ben più grande in considerazione del fatto che l’attività del racket è svolta da gruppi organizzati che pianificano le estorsioni ai danni di una vasta platea di soggetti.
Occorre rafforzare momenti di riflessione e di scambio di valutazioni tra sistema delle imprese e autorità per far crescere sentimenti di fiducia e sicurezza che portino alla moltiplicazione di atti di denuncia anche per mezzo di forme che non espongano direttamente i singoli alla rappresaglia delle organizzazioni criminali.
Si torna allora ai requisiti morali che costituiscono un passaggio molto importante perché sono emersi purtroppo molteplici fenomeni di infiltrazioni della criminalità organizzata in attività di pubblico esercizio, utilizzate principalmente per riciclare denaro sporco.
Fenomeni che si distinguono sostanzialmente in due macro-aree: le infiltrazioni “pulite” (con prestanome di diretta emanazione di associazioni malavitose) e i casi più eclatanti come quello di “Genny la Carogna” (finale di coppa Italia tra Napoli e Fiorentina) qualificato come ‘gestore di un pubblico esercizio’, cosa tecnicamente impossibile visti i suoi precedenti penali.
Il problema non risiede nelle norme che ci sono, ma nella loro applicazione e nei conseguenti controlli che spesso risultano pochi e poco incisivi. Sarebbe opportuno che i controlli venissero svolti non solo sui requisiti formali del titolare dell’attività, ma anche sull’effettiva gestione del locale, per evitare fenomeni di prestanome ed essere coerenti con la normativa antiriciclaggio che mira ad individuare proprio il titolare effettivo.
Perciò si propone un obbligo di controllo con scadenze fisse (annuale/biennale) e soprattutto la previsione di controlli specifici sull’effettiva gestione del pubblico esercizio. Occorre una rete di controlli periodici e effettivi, primo passo per impedire infiltrazioni criminali nel sistema dei pubblici esercizi.
* Lino Stoppani
presidente di Fipe-Confcommercio e vicepresidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia
(Dall’intervento alla seduta congiunta delle Commissioni Commercio e Antimafia del Comune di Milano)
Fonte: http://www.altroquotidiano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=5021757&catid=205