MILANO — Continuano le reazioni agli interventi, sulle nostre colonne, del torrefattore ferrarese Alberto Trabatti relativi alle capsule. Riceviamo e pubblichiamo questa pacata riflessione di un altro torrefattore, Giuseppe Rossetto, che ci scrive dalla provincia di Padova. E ci invita innanzitutto a fare uso del buonsenso, tanto nell’utilizzo del caffè porzionato, quanto nella vita quotidiana.
Mi chiamo Giuseppe Rossetto e la mia azienda “micro azienda” è la Gustotop di Montegrotto (Padova).
Ho seguito con interesse il dibattito relativo alle capsule e non nascondo di essere un po’ “talebano” rispetto a tutto ciò che è esasperato, compreso l’utilizzo smodato delle capsule.
Non ritengo giusto accettare – in nome della comodità e della frenesia della nostra epoca – tutto quello che ci viene propinato da chi di business “se ne intende”, ossia dai colossi dell’industria, capaci di fare il bello e il cattivo tempo.
Mi permetto però una considerazione
Sarebbe bello poter vivere senza smartphone, ma sfido chiunque che operi nel mondo del lavoro a fare a meno di questa e altre “diavolerie” moderne. Credo sia molto più importante prendere coscienza dei potenti mezzi che abbiamo a disposizione e farne un uso proprio, piuttosto che abusarne a ulteriore scapito di una natura resa già tanto fragile dal nostro egoismo.
Ritengo significative, a tale proposito, le parole di Papa Francesco, nell’enciclica “Laudato si’”, riguardo alla necessità di sensibilizzare le coscienze in una società frenetica e orfana del sentimento altruistico.
Ai miei clienti ristoratori che mi chiedono le capsule rispondo cercando di portarli all’acquisto del grano o delle cialde. E spiegando le motivazioni. Ma se a qualcuno è stata regalata una macchina a capsule consiglio di tenerla fino a quando è funzionante. Perché buttarla via sarebbe uno spreco ancora maggiore.
La perfezione non è di questo mondo. Mi rammarico soltanto che in molti di noi – e nelle istituzioni – manchi il buon senso. E si persegua il solo fine del guadagno.
Non ereditiamo la terra dai nostri padri
La prendiamo in prestito dai nostri figli. E a loro dobbiamo restituirla come l’abbiamo trovata. Se possibile, in uno stato migliore.
Se rispettiamo questo principio – senza pretendere, naturalmente, di andare contro i mulini a vento – potremo, un po’ alla volta, migliorarci. Ma se guardiamo invece soltanto all’aspetto economico immediato, non lasceremo dopo di noi nulla di buono. È importante che ce lo diciamo serenamente, tra di noi, senza che sia una guerra di parte.
Un saluto e buon lavoro a tutti.
Giuseppe Rossetto