di ENRICO MESCHINI presidente CSC – Caffè Speciali Certificati
Non appena letto l’intervento di Andrej Godina su Comunicaffè di venerdì 26 settembre ho fatto un balzo sulla poltrona! Mi sembrava quasi impossibile: per buona parte avrei potuto scriverlo io.
Mi sono detto: ecco qualcuno che predica ciò che io sostengo, seppur con minor impatto mediatico, quasi da una ventina d’anni. Cosa ha spinto, infatti, prima me e poi tutta la CSC (Caffè Speciali Certificati) a metà degli anni ’90 a viaggiare se non la voglia di conoscenza?
Certo, sarebbe stato più comodo restare dietro alla scrivania come hanno fatto generazioni di torrefattori e come continuano a fare i più, ma qualcosa ci diceva che un chicco verde di caffè aveva una storia da raccontarci molto più lunga ed interessante di quel poco che tutti sapevamo e alcuni dei più diligenti avevano letto sulle pagine gialline del Jobin.
E a cosa sarebbe servita questa conoscenza? A niente, secondo molti colleghi che consideravano con un sorriso scettico e di compatimento le nostre argomentazioni.
Viaggiare, di per sé, è una dimensione della conoscenza: ti porta a pensare durante i lunghi trasferimenti e ti proietta verso mondi e mentalità sconosciute. Solo per questo varrebbe la pena di farlo.
E poi si aprono mondi ignoti ai più; si capiscono atteggiamenti e mentalità; si abbreviano le nostre distanze mentali; in poche parole, si comprendono meglio le ragioni degli altri.
Questo non vuol dire che viaggiare ci faccia appiattire sulle posizioni dei produttori (dai più considerati i loro veri “nemici”!), ma ci fa smussare le asprezze che sempre ci sono state tra le parti a tutto vantaggio della comprensione reciproca e, in ultima istanza, della qualità del nostro prodotto.
Se noi, infatti, riusciamo a comprendere meglio, anche loro, frequentandoci, percorrono la stessa strada. E poi, conoscere i processi che si svolgono durante le fasi di produzione, raccolta e lavorazione del caffè ci fanno comprendere, in maniera più profonda, dove agire per migliorare la qualità del caffè di cui abbiamo bisogno.
Chi non ha ricevuto caffè aspri o amari o troppo acidi o legnosi o vuoti o senza gli aromi attesi?
Ognuno di questi difetti, e molti altri ancora, potrebbero essere ridotti ai minimi termini se si conoscessero i processi di lavorazione. Stando dietro una scrivania? No certo!
Alzando i tacchi e andando a verificare di persona: in poche parole, viaggiando!