di GIORGIO CABALLINI (FOTO)
L’Economist o meglio qualche giornalista dello stesso, se l’Alighieri non avesse ancora scritto la Divina Commedia, lo potremmo trovare nel Purgatorio al Canto XIII tra gli invidiosi con addosso un panno ruvido e pungente e gli occhi cuciti con un filo di ferro, queste anime non potevano vedere nulla. L’invidia per Dante era considerata la madre di tutti i peccati.
Se ancora una volta l’Economist se la prende ed invidia gli italiani e questa volta con il nostro cibo, con le nostre eccellenze vuol dire che ci temono ed avendo gli occhi cuciti non riescono a capire ed a vedere nulla.
Se, come ricorda il giornale, il marchio I.G.P. caratterizza 924 prodotti alimentari italiani, rispetto ai 754 della Francia ed i 361 della Spagna, non vuol dire che siamo i più protezionisti, ma che siamo i migliori e desideriamo conservare gelosamente le nostre tradizioni e la qualità dei prodotti certificati.
L’Economist enfatizza il fatto che nel mondo le grandi catene di pizza e caffè non sono italiane, ma dimentica che molto spesso la qualità più eccelsa non va a braccetto con la grande dimensione ed il maggior profitto.
Noi italiani siamo molto individualisti, ma siamo anche i più bravi al mondo in molti settori tra i quali eccelle e spicca il settore alimentare.
L’Economist, erroneamente parlando male di noi, ci fa una grande pubblicità perché i gusti, i sapori, gli aromi si sentono con il palato e con l’olfatto e non possono essere rovinati dalla carta stampata!
Giorgio Caballini di Sassoferrato
Presidente del Consorzio di tutela del caffè espresso tradizionale
Amministratore della Dersut Caffè S.p.A. (socio fondatore del Consorzio)
P.S. In risposta a quanto ieri pubblicato da Comunicaffè si precisa che il dossier per la candidatura dell’”Espresso italiano tradizionale”, affinché lo stesso possa diventare patrimonio immateriale dell’umanità, è già stato presentato alla Commissione italiana dell’Unesco di Roma il 13 maggio u.s.. Ci aspettiamo un aiuto dalle nostre Istituzioni e dal Governo.