domenica 22 Dicembre 2024
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Scrive Antonio Schiavon: “Italiani a Dublino”

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Come molti operatori sono appena rientrato da Dublino. Provo a condividere ora, che i vapori della Guinness si sono diradati, qualche riflessione.

Anziutto non si è vinto: calcisticamente (forse non era necessario) ma neppure a livello di presenza sul podio trai i “campioni del caffè”.

In compenso Edy Bieker è stato insignito di un titolo che riconosce a dedizione e la professionalità di un riferimento per chiunque si occupi di caffè. Non è solo l’amicizia e la simpatia che mi lega a questo “sempreverde” (è il caso di dirlo, si occupa di caffè crudo, dopotutto) triestino spinge a dire che la sua premiazione vale più dello show di un momento.

Lo stesso dicasi per Chiara Bergonzi che ha ricevuto una premiazione per la sua capacità formativa, quindi la capacità di comunicare e formare una consapevolezza ed una professionalità nell’ambito del caffè

Ecco allora il primo commento: non abbiamo avuto risultati spettacolari nell’agone ma la professionalità italica rimane sempre sullo sfondo, innegabile.

Possiamo dire tra noi che non abbiamo scelto il caffè capace di solleticare il palato dei giudici. Forse Angelo Segoni ed Eddy Righi hanno proposto il caffè che proporrebbero al degustatore non troppo condizionato dalla tendenza del momento. Un caffè che piace sempre e comunque.

Seduzione sensoriale

Siamo avvisati: per far breccia sui giudici, la prossima volta, possiamo giocare la carta della seduzione sensoriale…Proporre un caffè in sintonia col momento. Un caffè…mi pesa molto dirlo…più trendy, non necessariamente più buono.

Vedremo cosa sapranno elaborare i nostri per il prossimo mondiale.

Potremmo essere battuti (lo siamo stati e lo saremo ancora per molto non avendo una consumata abilità da imbonitori e la fisicità del “promoter” che abbiamo visto sfoggiare da altri concorrenti) ma la macchina da caffè che viene utilizzata è già lì a confermare che l’industria italiana è (anche davanti alle mode del momento, che oggi impazzano e domani saranno uno sbiadito ricordo) imprescindibile.

Tra gli stand

Certo non si poteva non soffermarsi allo stand della Slayer per vedere cosa producono , con modalità manuali e dedizione vera a Seattle poi però il caffè lo si gustava da una rassicurante Faema. Oppure, se si aveva pazienza, nello stand de La Marzocco dove magari oltre alle macchine che “indicano la Strada” si poteva ammirare la potenza di un marchio che si trova oramai impresso sui calzini (c’era la versione con il logo su sfondo viola, per non sfigurare in stadio a Firenze) zaini, felpe, cinture e molto altro…

Molto visitato lo stand Sanremo, anche per una macchina che strizza l’occhio al mercato dello specialty e lo spazio espositivo Elektra, CMA/Astoria e Wega. Ovviamente Nuova Simonelli, Victoria Arduino, Dalla Corte e Cimbali. E poi i produttori di macinacaffè Eureka e Mazzer (giusto per rispettare l’ordine alfabetico).

Molti altri produttori erano presenti e poi vi erano i torrefattori italiani che letteralmente non si contavano, magari ospitati con una presenza discreta quanto decorosa, nei vari stand.

Forse gli italiani non si notavano (basta poco per riconoscere, anche da lontano, il tipico gesticolare) negli eventi socializzanti, tutti hanno preferito serate con i clienti o cene più defilate rispetto agli eventi previsti dall’organizzazione SCAE.

Sarà per la prossima cari amici SCAE: non eravamo a Dublino per essere tra i più…e poi quando si tratta di cibo…scusateci ma abbiamo certe esigenze…

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