MILANO – Il sito investire oggi è tornato sulle polemiche seguite all’emissione di uno scontrino da 43 euro per 2 espressi e due bottiglietta d’acqua al Bar Lavena di Piazza San Marco. L’autore, Giuseppe Timpone, svolge un interessante analisi in proposito. Ve la proponiamo.
E’ polemica sui social per uno scontrino da 43 euro battuto da un bar di Venezia, sito a Piazza San Marco, per due caffè e 2 bottigliette d’acqua. Ad avere pubblicato su Facebook è stato un attivista del Movimento 5 Stelle, tale Juan Carlos Bustamante.
Inevitabili le critiche all’indirizzo del bar Lavena, il cui direttore Massimo Milanese si sfoga su Repubblica e parla di insulti e minacce ricevute al telefono. Nel dettaglio, ciascun caffè è costato 11,50 euro e una bottiglietta d’acqua 10 euro.
Prezzi certamente elevati, senonché nessuno ha obbligato Bustamante a sedersi in uno dei luoghi più ambiti dal turismo internazionale per ordinare qualcosa, allietato dall’intrattenimento musicale.
Tant’è che prendere lo stesso caffè al bancone costa solo 1,20 euro, che sembra persino un prezzo basso per il luogo. E infatti quel bancone è uno dei più gettonati dai veneziani.
Quattro bar, stessi prezzi
Il bar Lavena è uno dei quattro presenti in Piazza San Marco a Venezia e tutti presentano prezzi simili. Nulla di illegale, anche perché ai clienti i costi vengono esposti su menù e tabellone all’ingresso, per cui chiunque si segga per prendere anche solo un bicchiere d’acqua è consapevole di quanto dovrà spendere.
Eppure, lo scontrino ha fatto il giro del web ed è finito oggetto di attenzioni anche della stampa britannica, ad opera del quotidiano Telegraph. Non è la prima volta che una polemica simile a mezzo social riguarda certi scontrini apparentemente esagerati.
Lo stesso bar era stato denunciato nel 2013 da sette turisti romani, che avevano dovuto pagare 100 euro per 4 caffè e 3 amari. Altre lamentele sono state espresse per i locali concorrenti vicini, così come negli ultimi anni sono state diverse le critiche esternate da turisti italiani e stranieri verso gli alti prezzi praticati anche nella Capitale, specie a Piazza di Spagna.
Polemica sterile, Venezia ha un boom di turisti
Facile raccogliere “mi piace” su Facebook e l’approvazione pubblica per quello che viene percepito come un prezzo ingiustificatamente alto. E qui torna preponderante il concetto di libero mercato, piuttosto assente nella cultura italiana.
Chiunque, nel rispetto delle leggi, può fissare un prezzo per il bene e/o servizio offerto, restando libero chiunque altro di acquistare o di andare altrove. Se il bar Lavena, così come i titolari dei locali vicini, possono permettersi di far pagare un po’ d’acqua 10 euro, quando in un qualsiasi altro bar la si pagherebbe anche 5 volte meno, è semplicemente perché la domanda a Venezia è altissima, tanto che l’amministrazione comunale si è trovata costretta a introdurre i tornelli in ingresso per rallentare gli afflussi.
Pur non arrivando a 265.000 abitanti, inclusa l’area di Mestre, la città lagunare ha potuto contare nel 2017 di ben 10,5 milioni di presenze turistiche, circa 40 volte la popolazione residente.
Sarebbe come se in Italia arrivassero ogni anno quasi 2,5 miliardi di turisti. Vi immaginate a quanto schizzerebbero i prezzi di qualsiasi cosa anche nel più remoto comune montano?
Prezzo e costo non sono la stessa cosa
E altro errore insito di chi si limita a guardare lo scontrino sta nel confondere il prezzo con il costo. Il due non coincidono e variano necessariamente nella stessa direzione, riflettendo dinamiche di domanda e offerta differenti. Una bottiglietta d’acqua del bar Lavena costa verosimilmente proprio quanto la acquisterebbe qualsiasi altro rivenditore dentro o fuori Venezia.
Tuttavia, ad essa vanno sommati altri costi, che altrove sarebbero diversi e spesso notevolmente inferiori. Credete per caso che l’affitto di un locale a scopo commerciale a Piazza San Marco costi quanto nella periferia di Matera? O che gli stessi dipendenti vengano retribuiti quanto in un altro bar? O che gli spettacoli musicali proposti per intrattenere i clienti si paghino con un sorriso o un applauso?
In queste polemiche da quattro spiccioli tende ad emergere uno spirito tipico forcaiolo di un’Italia, che non accetta che esistano nicchie di mercato per tasche fuori dall’ordinario. Il capitalismo si regge sulla libertà: quella di produrre/vendere, di fissare i prezzi e quella di contrarre.
Quando una delle tre viene meno, si scade nel dirigismo con tutte le conseguenze negative del caso. Se Bustamante lo avessero portato di peso a sedersi e obbligato ad ordinare caffè e acqua, avrebbe avuto mille ragioni per protestare. Anche con uno scontrino molto più leggero.
Invece, ha liberamente scelto di sedersi in quel tavolo di quello specifico bar, ha letto i prezzi e ha liberamente ordinato, godendosi una vista mozzafiato, salvo subito dopo scatenare una polemica, che oltre a non metterlo in buona luce, crea danni all’immagine che all’estero l’Italia offre.
Perché dovremmo metterci in testa che così funziona in tutto il mondo, che anche nella non irresistibile Friedrichstrasse di Berlino ci si imbatte in qualche locale che fa pagare una bottiglietta da 0,2 litri pure oltre i 5 euro (sarebbero 25 euro al litro!!!) e che a Parigi si rischia di essere spennati per un dessert o a Londra per un hamburger.
E’ il mercato, bellezza! E queste polemiche sono solo una noiosa tempesta estiva in un bicchiere d’acqua; da 10 euro, ma pur sempre un bicchiere d’acqua.
Giuseppe Timpone