TORINO – Secondo la Treccani, la parola “arte” nasconde – o rivela – un concetto che sembra pure troppo complicato: «Attività umana basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche, e quindi anche l’insieme delle regole e dei procedimenti per svolgere tale attività».
Secondo Mirko, uno dei due soci dello Schizzolab di via San Secondo 68 bis, l’arte è «Immaginazione, spirito di libertà, spingersi oltre; è spirito di inizativa, un modo per essere all’avanguardia, per spingersi verso il futuro».
L’arte in questo bar, il messaggio è: siamo unici e irripetibili. Noi umani intendo, e così i dolci che la pasticciera Caterina, sorella di Damiana la consocia di Mirko, produce: ogni monoporzione, ad esempio, è diversa dall’altra. Si può dire che viene privilegiato l’impiattamento?
Sì, dice Damiana.
Se l’arte è comunque un percorso, interessante è conoscere quello dei due soci Mirko e Damiana.
Lui arriva dal mondo della finanza, broker, manager, impegnato su indici e rating; lei commerciale pura, nel senso che è capace di vendere qualunque cosa (“Qui dentro, tutto è in vendita”, dice, in un impulso – molto simpatico, è una donna simpatica – di verità).
Assieme aprono un mese e mezzo fa questo Schizzolab, con un sito internet che è una sentenza: www.schizzophrenia.it. Scusate, chi è il matto qua dentro?
«Tutti», dice Damiana. Forse uno è matto, oggi, ad aprire un’attività commerciale, se pur curata in dettaglio (mi riferisco al lavoro di pasticcieria, servito bene, con attenzione alle materie prime, alla qualità); forse è matto uno che vuole vendere arte e eventi – mi spiego meglio: alle pareti ci sono riproduzioni di opere di artisti famosi, più di tutti ispirati a Pollock e alle sue gocce di colore su tela; l’obiettivo – spiega Mirko – è quello di diventare un punto di riferimento dell’underground torinese artistico e musicale: in somma, se siete artisti o musicanti fatevi avanti, i folli vogliono voi.
Viene diffuso il jazz di Mario Biondi quando prendiamo una birra artigianale spiegata nelle sue maglie di produzione; l’ambiente è soft, bello, pulito, le opere d’arte alle pareti (ce n’è una occultata da una tela, una scritta: «Venduto», è una sentenza, chissà cosa c’era sotto), ci sono un sito internet e una pagina Facebook, insomma se càpiti qui hai qualità.
Quanto al resto, il posto è adatto per eventi, compleanni, lauree, accadimenti belli, e Damiana lo spiega a due persone, marito e moglie, che entrano e chiedono informazioni in questo sabato pomeriggio di primavera capricciosa.
Clientela naif
Che clientela avete?, chiedo. Un po’ naif, mi rispondono Mirko e Damiana, il quartiere è del centro ma i suoi abitanti squadrano diffidenti, all’inizio – siamo pur sempre in Piemonte – e soltanto dopo entrano, e vedono quel che il posto sprigiorna, e ricorda, l’essere unici, quindi meritevoli di amore e di attenzione a prescindere, mi chiedessero mai cos’è l’arte questo, un’emulsione di amore, e di attenzione.
Marco Giacosa