MILANO – La grande distribuzione alimentare è in apprensione. La normativa che obbliga il pagamento delle merci a 30 o 60 giorni, a seconda che siano deperibili o meno, è in vigore dal 24 ottobre e le imprese del comparto annunciano problemi.
«Abbiamo fatto i conti — racconta Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione —. Secondo i nostri calcoli questa legge comporterà, su base annua, un’anticipazione media di 6 miliardi di euro.
Significa che molte aziende della grande distribuzione si troveranno in difficoltà nel reperire le fonti di finanziamento. Ad affrontare i problemi maggiori saranno le imprese di minor peso o di minore capacità di copertura del territorio nazionale. Per queste non sarà facile sopravvivere.
Molte stanno rapidamente modificando l’assortimento e diminuendo la merce immobilizzata. La norma va modificata».
Quali sono le vostre richieste?
«Se è vero che la norma è nata per agevolare e assistere chi è in affanno sotto l’aspetto finanziario, allora doveva riguardare soltanto le aziende agricole e le piccole e medie imprese. Non certo la grande industria, che continua a ottenere notevoli risultati e ha una redditività estremamente più florida del comparto della grande distribuzione».
Quali sono i cambiamenti che stanno avvenendo nella distribuzione alimentare dopo l’approvazione dell’articolo 62?
«Prima del 24 ottobre pagavamo in media a 80 giorni, ma avevamo in bilancio scorte per 40 giorni. Ora non più. Inoltre, i maggiori problemi sorgeranno durante le festività. Al punto che per Natale prevediamo un rallentamento nell’affluenza dei prodotti dal mondo dell’industria alla distribuzione».
Intanto il decreto legislativo che obbliga la pubblica amministrazione al pagamento dei fornitori a 30 e in casi particolari a 60 giorni, entrerà in vigore il primo gennaio. Cosa ne pensate?
«Alla luce di questo recente intervento governativo sarebbe bene lasciare alla grande industria alimentare la libertà di trattativa sui tempi di pagamento dei fornitori».