MILANO – Continuano le voci autorevoli del settore che si uniscono in un coro unico sul dibattito ancora aperto rispetto al prezzo in aumento per l’espresso al bar. Una lotta al rialzo che non è certo una novità per un pioniere come Francesco Sanapo, che anche questa volta si è voluto esprimere di fronte a un contesto che deve necessariamente evolversi per non soccombere.
Sanapo, il prezzo dell’espresso al bar di un euro è un caposaldo per il consumatore medio: perché non può più essere così?
“Perché non è più sostenibile per nessuno. A partire proprio dalla figura più vicina a noi: il barista. Essere barista oggi, deve significare innanzitutto studiare investendo anche cifre elevate, e di conseguenza questo professionista deve poter ricevere un salario che superi quello minimo. Se l’espresso continua a costare un euro, non ha ovviamente senso pagare un barista formato che sappia stare dietro alla macchina.
In secondo luogo, non può esser sostenuto dalle stesse caffetterie. Oggi i margini della caffetteria si sono ridotti all’osso, sono ai minimi, e restare fissi su questo prezzo non ci permette di lavorare. Mi capita di sentire discorsi assurdi sui margini incredibili di un bar, ma arrivano solitamente da persone che non hanno la minima idea della complessità che c’è dietro alla gestione di un locale. E anche dietro al caffè: hanno mai calcolato per assurdo che per aprire un bar ci sono delle procedure che portano anche a sprecare del caffè?
Di solito prima dell’apertura, da Ditta Artigianale abbiamo la seguente routine:
preparare due shot doppi (4 caffè per gruppo e 12 se la macchina è a tre gruppi) per
gruppo prima di aprire, così da poter settare la macchina e i macinini, e in più altri sei
shot dedicati all’assaggio per vedere come sta venendo il caffè. Solo dopo tutto
questo, iniziamo a servirlo.
In totale, 18 espressi sono fatti a inizio mattina solo come fase di preparazione. Lo facciamo perché vogliamo servire il migliore espresso alla nostra clientela. A questo poi si aggiunga un controllo dell’acqua maniacale e anche questo ha dei costi importanti: è stato mai calcolato questo da chi parla di grandi margini?
Spesso calcolano solo il costo della manodopera, senza neppure aggiornarlo al salario
attuale del barista, poi quello della luce, del gas, del caffè al chilo e da lì misurano
una marginalità del 50%. Non è vero, e poi, anche se fosse il 50% di un euro, ci porta a un totale di 50 centesimi, che non è una marginalità paragonabile a quella di un piatto che ne costa 20. Il valore assoluto è molto più alto. Quello su cui vorrei porre l’attenzione è
che il calcolo andrebbe aggiornato alla realtà dei costi.”
Il forte messaggio di Sanapo: “Ogni espresso che viene servito a un euro, crea un danno alla propria azienda e genera povertà in tutti settori della filiera”
Continua: “A livello etico e umano è qualcosa che non dovrebbe mai accadere. Un euro non è più sostenibile perché il caffè all’origine, soprattutto quello di qualità, si paga di più.
Un’altra cosa che voglio sottolineare: l’aumento della tazzina oggi come oggi, deve avvenire in ogni caso. Per ogni tipologia di caffè, persino quello di bassa qualità: c’è bisogno di superare l’euro anche per chi non serve specialty. Anche i bar italiani soffrono per questo costo bloccato. Quindi per me, qualsiasi tazzina deve partire da un valore minimo di un euro cinquanta. Senza distinzioni tra specialty e caffè commerciale.
Dal mio esser gestore, barista, dalla mia volontà di sollevare il caffè, dico che attualmente stiamo facendo il nostro peggio: continuare a vendere caffè di bassissima qualità spingerà sempre di più le persone a comprare le capsule. Non useranno più il bar come punto di riferimento per bere un buon espresso e andranno a cercare altro. Continuare ad andare al ribasso significherà darci la zappa sui piedi. “
Ora siamo pronti a questo passo in avanti?
“Lo siamo per forza. Perché tutti intorno a noi già lo fanno. “
Sanapo, la nuova tendenza del caffè di alta qualità, dei monorigine e degli specialty sta influenzando questo costo fisso?
“Lo specialty coffee sta muovendo l’industria, che ci piaccia o no. E la muove verso la direzione più corretta. Ecco perché io, da ambasciatore dello specialty coffee in Italia, sono convinto che questo entusiasmo possa smuovere le acque e far sì che si inizi a lavorare con un approccio più competente più etico e di qualità in tazza.
E aggiungo anche: non voglio che ci sia la contrapposizione tra espresso e specialty. Io dico: l’espresso italiano è specialty, nasce come specialty. Non capisco la
distinzione tra l’espresso e il caffè di alta qualità. Non comprendo come si possa volutamente associare l’espresso italiano a un qualcosa di qualitativamente più in basso dello specialty. Perché? Io sono orgogliosamente un italiano, faccio l’espresso
italiano, ho un’azienda italiana.
Magari possiamo non definire una monorigine con determinate caratteristiche come espresso italiano, che ha una sua rotondità e una miscela dietro: ma io ho due miscele
che racchiudono l’espresso italiano. È possibile associare specialty e espresso
italiano.”
E ora con gli effetti della pandemia, la carenza di materia prima, i prezzi che si crescono all’infinito, che cosa è necessario fare dentro i bar?
“È molto semplice: bisogna aumentare il prezzo. Spesso sento dire: lo vendiamo a
un euro quasi come specchio per le allodole per vendere il piatto di pasta. Ma è un ragionamento contorto: ogni singolo prodotto venduto ha bisogno della sua sostenibilità. Si possono applicare delle promozioni periodiche per invitare le persone a conoscere il locale, ma non è una cosa che può esser mantenuta così vita natural durante.”
Addentriamoci invece su un altro tasto dolente: la questione della mancanza di addetti specializzati
“Trovare il personale è la sfida più grande che abbiamo un po’ tutti. Non si trova né qualificato né da formare. La ristorazione ha traballato con la pandemia e agli occhi di tutti oggi risulta un settore piuttosto precario. Nell’immaginario globale non è
forte. Noi come azienda abbiamo deciso di aprire la nostra Scuola del Caffè per formare
quanta più gente possibile, in modo da far crescere l’impresa. – continua Sanapo -Non è semplice: la qualità di vita del barista del settore deve esser elevata. Perché se pensiamo a questa figura parliamo di un lavoro usurante, feste e fine settimana passati in caffetteria.
Non è il classico lavoro dei sogni.
Se però diamo l’opportunità ai ragazzi di vedere una carriera davanti, allora forse le cose cambieranno. C’è bisogno di dare più stimoli, anche al di là del salario: è uno dei lavori più duri e la sola cosa per far sì che ci sia un riscontro da parte dei ragazzi è quella di dare una prospettiva di crescita sia dal punto di vista economico che sotto l’aspetto dell’avanzamento professionale.
Se la caffetteria italiana sta morendo, è colpa del prezzo della tazzina. Lo penso. Dietro quell’errore di valutazione, esiste la grande non professionalità dell’intero settore.”
Cosa risponde a chi vede come una minaccia ulteriore per il fuori casa?
Sorride Sanapo:“Rispondo che ho tre locali che fanno 4 chili al giorno con l’espresso che costa un euro e cinquanta. Mi fa ridere. Io offro un’esperienza completa ed è quello di cui hanno bisogno tutti i bar oggi. Non si tratta solo di servire una tazzina, ma di creare un’atmosfera insieme alla degustazione che va dalla location, le luci, i tavolini, alla musica: dietro quell’euro e cinquanta c’è tutto questo. Ogni dettaglio va curato.
Bisogna impegnarsi a tornare professionisti e imprenditori: dare motivazioni al personale in primis e ai consumatori. Ditta Artigianale è un progetto ben studiato in questo senso. Un altro grande problema spesso per tutto il settore ristorativo, è che sono molti a lavorare in nero ed è illegale. Io non posso confrontarmi con queste persone che pagano i dipendenti in nero, incassano senza fare scontrini. Queste cose vanno portate alla luce. “