TORINO – Non esiste un angolo spoglio, da Samambaia: che sia una moka dismessa, un vecchio menù o un’antica decorazione, ovunque si posino gli occhi c’è un dettaglio da scoprire.
Il profumo di croissant segue i passanti sul marciapiede, attratti dalle vetrine dense di particolari, mentre una piantina di caffè domina l’entrata.
Il nome, scelto per la sua musicalità, evoca una pianta brasiliana; l’arredamento, francese a primo acchito, tradisce una natura smaccatamente piemontese. Nonostante un’attitudine cosmopolita, Samambaia mantiene un profondo legame con il territorio.
Era il 1910 quando in Via Madama Cristina 20, cuore del quartiere torinese di San Salvario, il locale nasceva come torrefazione. Nel tempo è stato ampliato e ristrutturato.
Passato di mano in mano a diversi gestori, con la fine degli anni ’80 gli è stata attribuita l’attuale veste di Bistrot. “Continua ad essere una torrefazione”, precisa Michela Marcon, titolare da circa 8 anni, “acquistiamo il caffè crudo, lo misceliamo e tostiamo con una macchina del 1950”.
Dalla vetrina della pasticceria spiccano torte e croissant. I prodotti per la colazione, così come la linea del pranzo e della merenda, sono tutti di produzione propria. Ogni giorno il menù viene rinnovato, pur mantenendo lo stesso format: 2 primi, 3 secondi di carne, 3 di pesce e una vasta offerta di verdure.
Gli scaffali si rincorrono lungo i muri del locale, ospitando ogni genere di confezione: scatole di latta, di cartone, vasetti in vetro e ceste colme di caramelle. La selezione di prodotti è eterogenea e svela dietro sé un’accurata ricerca: “in un mondo globalizzato, cerco di selezionare prodotti di nicchia, che siano italiani, francesi o inglesi”, aggiunge la proprietaria.
Le marmellate delle suore trappiste, così come il miele di provenienza ligure, testimoniano la cura per i dettagli. I cioccolatini del Bistrot, prodotti da marchi piemontesi come Gobino, vengono venduti nei caratteristici box di latta. Vera attrazione culinaria del locale, tuttavia, è la frittella di mela.
“Vengono da tutta la città per mangiarne”, conclude Marcon, “se dovessi scegliere due simboli di Samambaia non avrei dubbi: sarebbero di sicuro il chicco del caffè e le frittelle di mele”.