MILANO – Un’altra voce arriva dal gruppo di farmer che hanno collaborato con Lavazza a creare i caffè speciali 1895: una produzione di altà qualità, frutto di un lavoro quotidiano dei contadini su territori spesso difficili da coltivare e in aree del mondo con problematiche socio-economiche. Leggiamo la storia di Pedro Rodriguez, ceo e fondatore di Agricafe/Fincas Los Rodriguez, ai piedi delle Ande.
Rodriguez, com’è la vita da coltivatore ogni giorno?
“La giornata di un contadino inizia alle sei del mattino, quando entra in cucina e si prepara un caffè e la colazione. Poi indossa i suoi stivali, si spalma la crema anti zanzara e si mette un cappello per ripararsi dal sole. Poi lascia la casa e raggiunge i campi, a circa 30 minuti di auto. Organizza il lavoro con i raccoglitori: si definisce quale area verrà battuta da ciascun picker, si raccomanda di strappare via solo le ciliegie mature e di qualità e infine supervisiona tutte le operazioni.
A mezzogiorno è il momento del pranzo – sulla cima della montagna, sotto un albero, osservando la piantagione di caffè. L’oretta di riposo dopo aver mangiato è praticamente d’obbligo prima di ritornare sui campi. A partire dalle 4.30 del pomeriggio l’operato di ciascun raccoglitore è stato verificato e il ricavato viene pesato e caricato su un camion per esser trasportato sino al mulino umido.
Circa alle 7.30, il farmer arriva al mulino e insieme con il gestore definisce il processo sulle ciliegie. Intanto che vengono lavorate, gli altri produttori arrivano dalle altre montagne a portare il proprio caffè. Prima di lavorare anche questi, la qualità viene controllata e ciascun produttore viene retribuito immediatamente. Poi il caffè viene processato con il metodo lavato, naturale o coco natural. A mezzanotte il farmer finalmente torna a casa per dormire e per prepararsi per il giorno successivo.”
Quali sono le caratteristiche principali della vostra piantagione?
Rodriguez: “Le nostre piantagioni si trovano nella regione amazzonica, ai piedi delle Ande. Questo garantisce un’offerta unica dal punto di vista del terreno e dell’ambiente. Con diverse altitudini, varietà di suolo e di temperature, le piante del caffè si sviluppano in un modo privilegiato e producono per questo ciliegie della più alta qualità. Il clima è sub-tropicale con temperature che si aggirano tra i 18 ei 25 gradi durante il giorno e attorno i 9-18 gradi la notte. Le altitudini delle nostre piantagioni si trovano tra i 1500-2000 masl con una latitudine tra i 15 e i 18 gradi, dei livelli estremi per questo tipo di coltura.”
Si coltiva solo il caffè o anche qualcos’altro?
“Il nostro prodotto di punta è il caffè, ma coltiviamo anche banane, alberi di lime, fiori, pini e alberi da legna. In più, piantiamo lavande e Santa Rita, che aiutano a dare un colore pittoresco ai campi. Abbiamo poi alberi e piante che fioriscono in diverse stagioni dell’anno e questo ci aiuta a far raccogliere il polline alle api.”
Rordriguez, quale tipo di caffè producete e con quale metodo?
“Produciamo 100% Arabica specialty. Ci piace sperimentare con diverse varietà: abbiamo creato un giardino con più 60 varietà che stiamo sviluppando per avere maggiori informazioni sulla loro produttività, qualità e vedere così se sono adatte a sopravvivere alle condizioni ambientali presenti in Bolivia. La nostra piantagione si basa sulla sostenibilità. E’ molto importante per noi avere delle piante produttive che però garantiscano un’alta qualità in tazza. Le nostre farm seguono un metodo ben organizzato e pianificato, così da riuscire a gestire nella maniera più efficiente possibile le nostre risorse.
I processi che applichiamo dipendono molto dalla varietà interessata, dall’altitudine e dalle caratteristiche della piantagione. Su queste basi decidiamo se adottare un processo a lunga o breve fermentazione, l’honey o il coco natural.”
Cosa è necessario sapere per fare questo mestiere?
Rodriguez: “E’ molto importante avere una profonda conoscenza delle condizioni ambientali, delle varietà, del giusto punto di maturazione. E poi saper definire il processo più adatto ad ogni tipo di caffè.”
Rodriguez, quando ha deciso di esser un coltivatore?
“Ho deciso molto presto, perché ho trascorso la mia infanzia a Los Yungas, una regione dove il caffè viene prodotto e che io amo da sempre. Ed è per questo motivo che dopo aver studiato Auditing, ho cercato un prodotto da sviluppare in quest’area.”
Quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano in questo lavoro?
“Il tempo e il lavoro manuale. Il clima cambia e non può esser controllato, eppure sostanzialmente definisce il destino del raccolto ogni anno. In più, i problemi economico-sociali sono piuttosto complessi in Bolivia. Questo ha un grande impatto sulla nostra possibilità di esser competitivi sul mercato internazionale.”
E che cosa succederà se qualcosa non cambierà a breve?
“L’incertezza del mercato”.
Come pensa di combattere il cambiamento climatico e le altre malattie che minacciano la futura produzione?
“Con l’innovazione e la tecnologia. Generando consapevolezza tra le persone verso il rispetto dell’ambiente. E poi, ci piacerebbe trovare dei metodi e pratiche sostenibili.”
Come siete arrivati a lavorare con Lavazza?
“Tramite contatti e segnalazioni di chi aveva già assaggiato il nostro prodotto”.
In poche parole Rodriguez, convincerebbe un consumatore italiano medio che non è sufficiente pagare un euro a tazzina?
Rodriguez: “Gli direi che un euro non può bastare per coprire i costi che deve sostenere qualsiasi produttore di caffè nel mondo. Negli ultimi anni la qualità della vita dei produttori è peggiorata: la povertà al contrario è aumentata e i figli dei Farmer non possono contare su un’educazione appropriata. C’è sempre meno accesso alle cure della salute così come la possibilità di render migliori i posti in cui si vive. Il prezzo di un euro è sufficiente appena per permettere a un contadino di sopravvivere. Ma sopravvivere significa solo poter mangiare. E vivere non può esser ridotto solo al mangiare. “