CAGLIARI – L’asporto è un tema che divide gli stessi gestori dei locali che hanno potuto riprendere con questo servizio a partire da lunedì 4 maggio con l’inizio della Fase 2. Alcuni, seppur non con troppi entusiasmi, hanno abbracciato questa modalità come un’opportunità. Altri invece semplicemente non la vedono come un’occasione di rimettere in moto la macchina, anzi. Potrebbe esser addirittura un costo in più insostenibile. La testimonianza di una titolare di un bar di Cagliari, Roberta Demuro, va verso questa direzione, da castedduonline.it.
Roberta Demuro: il Caffè Porto non riparte
C’è chi ha un bar da mandare avanti ma, nonostante la possibilità di vendere d’asporto, ha scelto di dire, semplicemente e pacatamente, “no, grazie”. E non per il timore di non poter incassare. Anzi. Nel caso di Roberta Demuro, 41 anni, titolare del Caffè Porto nel molo di Riva di Ponente a Cagliari, la motivazione appare nobile, soprattutto nel pieno della crisi legata al Coronavirus: “Tra palette, tazzine, vassoi e fazzoletti monouso avrei speso troppo e sarei stata costretta ad alzare i prezzi. Lo reputo un qualcosa di immorale, anche perchè la mia clientela è composta, per la maggior parte, da operai”.
Al gesto nobile, però, si affianca una situazione, anche nel suo caso, nerissima: “Il bar è stato fondato da mio nonno, poi è arrivato a gestirlo mio padre e, dal 2003, tocca a me e mia sorella. Una parte è rimasta operativa grazie alla distribuzione h 24, in modo che i portuali possano fare approvvigionamenti. Ma il bar, comunque, è chiuso da marzo. Ho chiesto i 600 euro al Governo e non sono arrivati, per il finanziamento da 25mila euro sono in attesa del riscontro della banca”. E, senza più un centesimo di guadagno da, ormai, quasi due mesi, la donna non si mette problemi a dire che “sto vivendo grazie al buon cuore dei miei parenti e di alcuni amici. Mia cugina, proprio oggi, mi ha regalato venti euro e domani potrò acquistare della verdura. Sempre grazie alla generosità di alcune persone, sono riuscita a vestire con abiti nuovi mia figlia di sette anni, visto che tutti i negozi per bimbi erano sbarrati sino a qualche giorno fa. Il mio compagno è una delle tante partite Iva ferme”, spiega la Demuro.
Insomma, per la gioia sembra davvero esserci poco spazio, nell’ultimo periodo:
“Di sicuro, non avrei potuto riaprire oggi, non ho nemmeno i soldi per garantire una sanificazione del locale”, ammette la barista. “Io e la mia famiglia campiamo anche grazie alla pensione di mio padre, le bollette continuano ad arrivare: il bar è grande duecento metri quadri e l’ultimo pagamento della corrente elettrica è stato di 1300 euro”. Roba da non dormirci la notte, o giù di lì: “Sono anche preoccupata per la concessione demaniale, scadrà a dicembre e stiamo lavorando già nell’ottica del non rinnovo, proprio filo filo”. Comunque, appena le sarà possibile, la Demuro riaprirà il suo storico bar: “Mi auguro che i controlli per chi arriva al porto siano efficaci, vanno evitati nuovi casi di contagio da Coronavirus nell’Isola. Sono pienamente favorevole all’app ‘Immuni’, chi dice che c’è una violazione della privacy esagera, al giorno d’oggi, tra smartphone e social, non è già più possibile fare un discorso simile”.