Ritter si dirige verso la neutralità climatica, riducendo le emissioni con una produzione alimentata da energie rinnovabili e puntando alla completa tracciabilità di chicchi e tavolette. Leggiamo di seguito la storia e la filosofia dell’azienda grazie alla prima parte dell’articolo di Ginevra Barbetti per il quotidiano Il Corriere della Sera.
L’impegno di Ritter verso la sostenibilità
MILANO – “Non c’è così tanta metafisica sulla terra come in un cioccolatino”, scriveva Pessoa. È il 1912 e con la “fabbrica di cioccolato e zucchero” di Alfred Eugen Ritter e Clara Ritter a Bad Cannstatt a Stoccarda s’inizia a scriverne la storia.
Vent’anni dopo, la stessa Clara, nel condividere il cibo degli dei con giocatori e tifosi del vicino stadio, si accorge che le classiche tavolette rettangolari e sottili, ingombranti e facili a spezzarsi, mal conciliano con le tasche delle giacche sportive.
Nasce così l’intuizione di un formato nuovo: quadrato e tascabile, più compatto rispetto alle tavolette tradizionali. Racconta anche questo il Ritter Museum – con la sua struttura cubica a firma dell’architetto svizzero Max Dudler – che dal 2005 accanto alla fabbrica di cioccolato a Waldenbuch, vicino Stoccarda, ospita una collezione di circa 1200 opere di arte astratta geometrica del XX e XXI secolo.
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