MILANO – Quanto costa e quanto rende un ristorante stellato? Questo il presupposto di partenza di uno studio realizzato dalla società di ricerche di mercato Pambianco, che ha analizzato il gotha della ristorazione italiana sotto il profilo dell’analisi economica.
E ha stillato una classifica dai risultati sorprendenti. Ne parla un interessante articolo dell’edizione online di Repubblica, che vi proponiamo di seguito.
Luci della ribalta, menu stratosferici – per contenuti e prezzi -, ricerca incessante sulla qualità degli ingredienti, grande servizio di sala. Sono solo alcuni degli ingredienti del successo di un ristorante gourmet che può fregiarsi di una – o più stelle Michelin -, e tutti fanno intuire il grado di difficoltà del lavoro necessario.
Ma posti su una bilancia costi e benefici, sottratti dall’incasso gli onerosi costi di mantenimento, cosa resta? E soprattutto, a parità di successo mediatico e di critica, corrisponde un eguale successo in termini di fatturato?
Lo studio
È questa la domanda che si è posta la Pambianco strategie di impresa, che ha studiato a fondo il circuito economico dei grandi ristoranti italiani, stilando un’interessante ricerca.
Lo studio ha evidenziato che “complessivamente le 10 società di proprietà di chef stellati che hanno conquistato il vertice della classifica nel 2017 hanno incassato nel loro complesso poco meno di 73 milioni di euro mettendo a segno una crescita media superiore al 10%”. Un dato importante che sembra ulteriormente cresciuto nel 2018.
Questa classifica “un po’ diversa” vede consolidata la leadership della famiglia Cerea che con il suo Da Vittorio di Brusaporto, in provincia di Bergamo, 3 stelle Michelin, insieme alle attività accessorie ha incassato complessivamente 17,9 milioni di euro, in crescita del 3,5%.
Medaglia d’argento alla squadra d’assalto dei locali dei fratelli Alajmo, “presenti non solo in Veneto con il tre stelle Le Calandre e con La Montecchia, Gran Caffè Quadri, e Amo – T Fondaco dei Tedeschi ma anche a Parigi e tra poco a Milano in Corso Como” e cresciuti di quasi il 18% raggiungendo un fatturato di 13,4 milioni.
Il podio è chiuso da Antonino Cannavacciuolo che mette a segno una crescita di oltre il 25% grazie alla società Capri, creata con la moglie Cinzia, con la quale gestiscono non solo Villa Crespi, ma anche i loro bistrot sempre più di successo.
A scalare, nei primi dieci, nomi importanti della ristorazione italiana, da Cracco alla famiglia Iaccarino del Don Alfonso 1890:
Famiglia Cerea – Da Vittorio, Brusaporto (BG)
17, 9 milioni di fatturato nell’ultimo anno
Alajmo – Le Calandre, Sarmeola di Rubano (PD)
13,4 milioni di fatturato
Cannavaciuolo – Villa Crespi, Orta San Giulio (NO)
9,9 milioni di fatturato
Cracco – Cracco in Galleria, Milano
8,1 milioni di fatturato
Bartolini – Mudec, Milano
6,1 milioni di fatturato
Perbellini – Ristorante Perbellini, Isola Rizza- Milano
5,3 milioni di fatturato
Bottura – Osteria Francescana, Modena
Non dichiarato per il 2017, reddito 2016 pari a 5,7 milioni
Berton – Ristorante Berton, Milano
5,1 milioni di fatturato
Romito – Reale, Castel Di Sangro (AQ)
4,6 milioni di fatturato
Iaccarino – Don Alfonso 1890, Sant’Agata sui due golfi (NA)
2,5 milioni di fatturato