MILANO – Ora il caffè è una bevanda su cui puntare anche nei ristoranti, almeno in quelli che desiderano distinguersi nell’offerta, dal food al beverage, incluso l’espresso. Ricette culinarie di livello per pasta, riso, ma anche per la proposta di caffè a chiusura di un pasto di qualità: ecco i premi ricevuti da alcuni imprenditori che hanno saputo esser unici. Leggiamo la notizia di Lara De Luna su repubblica.it.
Ristoranti diversi dagli altri, anche per il caffè
“Come Guida critica e come medium per il mangiare bene, abbiamo scelto di appoggiare la fatica del settore sforzandoci di sembrare “normali”, fotografando il buono invece della desolazione, non per tragica miopia ma per precisa scelta editoriale”.
Questo passaggio dell’introduzione alla Guida ai ristoranti e ai vini d’Italia dell’Espresso 2021 a firma del Direttore Enzo Vizzari, sottolinea con parole chiare il periodo che sta vivendo la ristorazione e mette in luce la volontà della redazione di cui è a capo: raccontare il buono che c’è, ancora, e che resiste coraggiosamente.
Attraverso l’iconica istituzione dei cappelli, simbolo maestro della legenda attraverso sui leggere il volume, ma ancora una volta anche attraverso i premi speciali, dei veri e propri fari accesi su alcune persone e soprattutto su alcuni temi cari alla ristorazione italiana. Un vero e proprio modo di approfondire il racconto della ristorazione, portando sotto gli occhi di tutti delle eccellenze ancora sconosciute o riconoscendo a dei campioni della cucina una grande performance anche in un anno molto difficile.
Che l’accento sia posto sulla pasta fresca o sul caffè, sempre più presente nelle carte dei ristoranti, o che venga presentato il Giovane pizzaiolo dell’anno, l’intento rimane il medesimo: valorizzare e permettere ai lettori di conoscere un aspetto, una spigolatura, in più di un ristorante o di uno chef.
E se la pasta secca è, e lo è, uno dei simboli della cucina tradizionale italiana, va da sé che uno dei premi speciali più in vista si quello della “Pasta dell’anno”, un riconoscimento che quest’anno è andato ad Andrea Berton. Chef e titolare del ristorante omonimo di Milano, nato in Friuli ha affrontato la sua carriera nel capoluogo lombardo; tra gli allievi di Gualtiero Marchesi, dal suo maestro, quasi agli inizi della carriera, fu soprannominato “il sergente di ferro”.
Dopo molte esperienze in ristoranti in giro per l’Italia, tra cui il Trussardi alla Scala, sceglie di tornare, nel 2013, a una cucina che fosse tutta sua
Nel 2013 apre il Ristorante Berton dove presenta piatti dalla concezione moderna che partono però da una calorizzazione di pochi, semplici, ingredienti di base. Intervistato da Repubblica Sapori, lo scorso anno, poco prima dela fine del lockdown dichiarò che uno dei piatti che aveva in mente era “una portata che avrà come protagonista il pomodoro: un forte richiamo ai prodotti del nostro Paese”.
Quasi una premonizione, visto che quest’anno torna a ricevere un premio importante dalla Guida ai Ristoranti dell’Espresso, nell’edizione 2020 aveva raggiunto l’importante traguardo dei 4 cappelli, e con un focus proprio su una grande tradizione all’italiana. La pasta, che ricorre più volte nei suoi menu, come per l’iconica Insalata di Pasta fredda, o per gli Spaghettini alle mandorle e basilico, che nel 2020 Eleonora Cozzella aveva selezionato tra le 20 migliori paste dell’anno, una pasta dolce raccontata come una sfida vinta da parte dello chef. E nel solco di questo lavoro, unito al confronto con le tradizioni regionali di altre zone d’Italia, attualmente nel suo menu “Porta Nuova” troviamo gli Spaghetti con colatura di alici, nocciole e alice arrostita: un pezzo di Campania, con una firma personale ben precisa.
Alla pasta secca in Italia fa da contraltare nei ristoranti, da sempre, il riso
Una grandissima tradizione oltre che un settore del comparto agroalimentare importantissimo per il nostro Paese. Dalle risaie al piatto il percorso a volte è lungo e il riso rimane un ingrediente quasi mistico, con cui non tutti osano confrontarsi.
Il premio per il miglior Riso dell’anno quest’anno va a Paolo Griffa del Petit Royal a Courmayeur, più volte salito alla cronaca per lo stile e l’innovazione con cui approccia ai suoi piatti. Classe 1991, Piemontese, dopo gli studi all’Istituto alberghiero Giovanni Giolitti di Torino che completa con il massimo dei voti si approccia a esperienze in cucina anche molto diverse tra di loro, passando da ristoranti tradizionali ad alcune tra le migliori cucine del mondo come il Combal Zero (IT), lo Chateaubriand (FR) e Studio (DK). Dalla sua tradizione di nascita, porta con sé il riso, e dalla forte contemporaneità delle sue esperienze più importanti l’impatto delle sue creazioni.
Il connubio è sempre interessante, come il Riso blu e oro Chagall, del menu dedicato alla storia dell’arte con cui lo chef ha inaugurato questo 2021 pieno di speranze e aspettative. Molto colore a dare vita a un piatto che si racconta in assoluta semplicità, a dispetto dell’estetica, attraverso due soli ingredienti: riso e piselli. Il primo utilizzato non solo come ovvia materia portante, ma anche per la creazione di un Tamari di Peaso, ovvero un miso ottenuto dal riso lavorato insieme ai piselli secchi. Legumi che tornano anche nel brodo, dal colore imaginifico.
Una delle ricette più recenti, che segue altre creazioni come il Risotto patate Pollock, il Risotto aglio orsino mandorle e ricotta di capra e il Risotto di patate, boudin e lardo. La pasticceria dell’anno, invece, porta una firma rosa, quella di Maria Novella Salani, in forze al ristorante di Peter Brunel ad Arco, in Trentino, la nuova casa del talentuoso e visionario chef. Il reparto dolci del ristorante è sotto la consulenza di Loretta Fanella, ma le mani premiate sono quella della giovane emergente Salani, già diplomata all’Alma poco più di tre anni fa, in una classe quasi interamente femminile. Un percorso rapido e di successo quello della giovane fiorentina, già in corsa lo scorso anno per il premio Emergente Pastry, che la vedeva impegnata nel pensare un dolce dedicato alle feste che potesse essere consegnato in delivery.
E’ firmata da lei, insieme allo chef patron del ristorante, una delle due carte degustazioni di pasticceria all’interno del ristorante, tutti e tre giochi di ricordi e suggestioni non solo gustative, ma prima di tutto culturali, com’è nella cifra del ristorante. La carta di presentazione di Maria Novella prevede dolci d’impatto anche visivo come il Ricorre l’anno 1904 (banana, fondente, mantecato di fragola, vaniglia e cioccolato, sciroppo d’acero e crema di latte); Il gioco dello scoiattolo (castagne, mandorla, nocciola, pinoli, porcini, cassis, pera, pistacchio, lampone e mirtillo) e la Macedonia in inverno, un’insalata di frutta fresca e secca e gelé con infuso alla rosa canina che chiude il cerchio di un menu ben calibrato, che racconta i boschi e i territori trentini in cui il ristorante vive.
“Creare un servizio personalizzato per ciascuno, passo dopo passo, intuendo gusti e aspettative: non un ristorante con undici tavoli, ma undici ristoranti diversi. Non basta seguire pedissequamente le regole classiche del servizio, quelle delle grandi tavole d’Europa di decenni fa, per garantire la perfezione. Non basta il bicchiere riempito al livello preciso, né una tovaglia senza una briciola”. Sono le parole con cui Vincenzo Donatiello, restaurant manager del tristellato Piazza Duomo di Alba, con al timone Enrico Crippa, presenta la sua idea di servizio. Un servizio valso al ristorante una parte importante, perché la Sala lo è, dei riconoscimenti arrivati al ristorante meta dei gourmet di tutto il mondo.
In questa ottica si inserisce anche il caffè, l’incontro perfetto tra il momento del pranzo e del relax, tra il senso del cibo più stretto e quello di accoglienza nel modus nominandi più ampio
Una delle frontiere più avanzate di attenzione alla materia prima, fondamentale e à la page in un momento storico in cui sempre di più la cultura del caffè avanza, aprendo il consumatore a nuove consapevolezze. Perché il caffè dopo un pasto così non può essere un gesto qualsiasi, un chicco non sarà mai uguale all’altro e un’estrazione diversa può fare la differenza. Ed è a questo rito nel rito che la squadra di Crippa e Donatiello regala grande spazio, perché è proprio quando si pensa che il pasto sia finito, che arriva il momento dell’ultima piccola gioia: una giostra di arrivederci in cui il caffè e la piccola pasticceria se la giocano alla pari. E lasciano il ricordo più dolce.
Davide Quaglia, Giovane pizzaiolo dell’anno, è la seconda generazione di un locale, il Mama a Lendinara, nel Veneto che cade sotto la provincia di Rovigo, inaugurato dai genitori negli anni ’60 e rilevato da lui e dai fratelli. Spostato nel 2006 nella nuova sede, è diventato un locale assolutamente moderno nella sua polifunzionalità: pane, di altissima qualità, ristorante e pizzeria. Il lavoro parte, come ha dichiarato in diverse occasioni, “il giorno prima, creiamo una biga e un gel.
Che, il giorno successivo, andiamo ad aggiungere a un terzo preimpasto, messo a punto con la tecnica dell’autolisi”. Un lavoro che è valso alla pizzeria anche il 100° posto in 50Top Pizza 2020 tra i migliori locali del mondo. Una delle pizze da segnare assolutamente nel taccuino di quelle da provare è la Crock con pomodoro, burrata pugliese e olio al basilico. Un vero simbolo di questo locale giovane, pur nella sua lunga storia, cotta al vapore con un doppio passaggio che gli regala una decisa croccantezza, la stessa che suggerisce il nome. Tra le più estrose invece c’è la Mamacarbo, con zabaione salato al pecorino di fossa.