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sabato 02 Novembre 2024
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Ristoranti di famiglia, la qualità resiste tra panini e (presto) frappuccini

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I Tomaselli de Il Bolognese, i Sequi da Tullio, i Cialfi da Settimio all’arancio, i Romagnoli di Al Moro e Baldassarri da Fortunato al Pantheon. E ancora i Camponeschi, i Mozzetti di Alfredo alla Scrofa e ora anche i Roscioli con la Rimessa, ultima nata dopo pizzicheria e ristorante. A Roma, le famiglie di ristoratori sono ancora una garanzia di qualità.

Italiano lo zoccolo duro della clientela dove però approdano (e ritornano) anche attori e popstar internazionali come Madonna, Woody Allen, Scarlett Johansson, Sarah Jessica Parker, Colin Firth o John Turturro.

Quasi tutti gli storici nomi della gastronomia cittadina hanno conquistato la notorietà intercettando la vita mondana e la voglia di spensieratezza degli anni della «Dolce vita».

Altri li hanno seguiti nei primi anni Settanta, dopo una dura gavetta nei locali più rinomati della Capitale.

Sacrificio e lotta quotidiana con il potere

Ma di questi luoghi, gusto genuino e accoglienza premurosa, non ne sono rimasti molti. Perché il combinato di sacrificio personale (con orari impossibili) e lotta quotidiana con il regime burocratico, statale e capitolino, ha spinto molti a desistere. Selezionando solo i più tenaci e determinati.

«Sono 70 anni che siamo dietro a piazza Barberini – racconta Niccolò Cecchini, 35 anni, quarta generazione da Tullio, fiero del suo ruolo nell’azienda di famiglia –. Oggi la gente è molto attenta a cosa sceglie per spendere meno, ma è aumentato il numero di clienti, quindi compensiamo. Però ci sentiamo soli, le strade sono sporche, si percepisce una paura diffusa. Io sono alto 1,90 e peso 105 kg ma la sera, per raggiungere la macchina non mi sento sicuro. E poi mancano regole e decoro: ognuno fa tanti sacrifici, paga le tasse, affitti stellari magari per una boutique in centro. E poi non riesce nemmeno a mostrare le vetrine perché davanti ci sono le bancarelle con gli ambulanti».

Invoca più pulizia e una diversa cura dell’arredo urbano anche Ettore Tomaselli, 28 anni, erede della dinastia Al Bolognese. «Ci affacciamo su piazza del Popolo e a volte ci chiediamo con quali criteri si scelga questo posto per manifestazioni di ogni genere. Non solo cortei e comizi, ma anche il Capodanno Cinese con musica, maschere, carri e persino tornei di tennis. Gl italiani si lamentano molto, gli stranieri meno, storditi dalla bellezza della città».

Capacità di sorprendere il cliente

Capacità di sorprendere il cliente con continue novità e flessibilità sul menù per soddisfare anche qualche capriccio. Sono le abilità che mettono in campo i fratelli Lino e Luciano Cialfi, dal ’73 con il padre Settimio, scomparso 7 anni fa, in via dell’Arancio.

«Nel tempo siamo cresciuti e abbiamo ampliato anche il locale – ricorda Luciano – la fascia alta tiene, abbiamo un pubblico affezionato. E non mancano politici, giornalisti, gente del cinema. Qui intorno invece, ma ancora più verso piazza Navona, spuntano di continuo locali con “buttadentro” consapevolmente disinteressati al gradimento del cliente destinato, quasi sempre, a non tornare mai più».

Così, se da una parte la tradizione famigliare si trova a concorrere con gli «stellati», cresciuti nella Capitale a partire dalla metà degli anni Ottanta, dall’altra le vacanze low cost e la crisi hanno spazzato via locali e trattorie di medio livello. Lasciando spazio a paninoteche e trappole per turisti.

La città però sembra pronta a sperimentare nuovi format, come il cibo di strada gourmet di «Mercerie» in Largo di Torre Argentina o «Rimessa Roscioli» in via del Conservatorio, di Alessandro Pepe, milanese, 54 anni, romano di adozione (per anni nell’omonima scuderia di ristoratori) con degustazioni a tema e percorsi enogastronomici con lunghe liste d’attesa.

«Roma ha vissuto momenti terribili con pesanti infiltrazioni in questo settore da parte della criminalità organizzata — precisa Pepe — ma oggi la trovo rinata, vitale, piena di iniziative originali come “Il Santo Palato” a San Giovanni della giovane cuoca Sarh Cicolini o ”Mazzo” nella zona di Centocelle con tavolo sociale.

Ed è anche il primo mercato italiano di vini di qualità. C’è chi pensa che Londra o Parigi siano meglio. Ma scherziamo? Starbucks, Croissanterie e fast food ovunque. L’omologazione è impressionante».

Flavia Fiorentino

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