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Riccardo Illy alla passeggiata in Porto Vecchio Cosolini non parteciperà

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TRIESTE – Certo, «l’istinto ci sarebbe», ma Riccardo Illy alla passeggiata in Porto Vecchio cui il sindaco Cosolini ha invitato la cittadinanza non parteciperà: «Ogni mia iniziativa in un campo che possa avvicinarsi a quello politico viene interpretata in modo esagerato o distorto». La sua presenza resterà ideale, così come ideale per altri impegni, ricorda, fu quella all’ingresso di massa tra gli hangar dimenticati promosso nel 1997 da Federico Pacorini. Storia che Illy ha vissuto anche da sindaco prima e da presidente della Regione poi.

Illy, cosa è cambiato dal ’97?

“Allora c’era ancora una maggioranza di contrari al riuso di Porto Vecchio (ma dire riuso non è corretto: mai stata area della città) e una minoranza – che già però si andava rafforzando – di favorevoli. Oggi mi pare che i contrari si stiano riducendo a vista d’occhio e siano in netta minoranza”. Ma dicono tutta la loro contrarietà. “In Italia essere minoranza numerica non significa non poter bloccare o frenare i processi. Per Alvin Toffler, che dedicò un suo libro alla democrazia del futuro, si tende ad arrivare in tutte le democrazie a un potere in mano alle minoranze. In Italia poi l’ordinamento è così farraginoso che si può bloccare qualcosa con relativa facilità, per ricorsi ma financo con la forza: quasi mai si pagano le conseguenze. I No Tav in Val di Susa: sostanzialmente impuniti da anni”.

Contro Porto Vecchio sono sempre gli stessi?

“La demografia ha fatto il suo corso, molti non ci sono più, molti hanno mutato idea. Chi era contrario alla riconversione – cioè semplicemente al rilancio dell’economia di Trieste – ha agito. Non avrei dubbi però su una consapevolezza dell’importanza del riuso ormai maturata nella città. Anche se mi aspetto qualche colpo di coda”.

Interessi economici, politici?

“Come per la Tav vi sono interessi sottostanti – se non si fanno ferrovie si dovranno costruire nuove autostrade – così in Porto Vecchio: se si consegna l’area alla città dei valori immobiliari possono cambiare. Ci possono essere interessi legati a piccole attività portuali (Adriaterminal a parte, che credo potrà andare in Porto Nuovo). Privati tengono barche pagando pochissimo. E le associazioni..” Ma ancora? “Ci può essere un interesse politico. Lo sviluppo economico di Trieste può comportare attrazione di immigrati, una modifica di tipo sociale, e di conseguenza anche uno spostamento dell’ago della bilancia politico e del voto”.

Lo sviluppo porta nuova imprenditoria. “Concorrenza. E può obbligare gli imprenditori a reagire”.

Quelli che hanno privilegi?

Illy:“Talvolta sì, ma non posso generalizzare. Mi pare che buona parte delle aree di privilegio economico siano state superate. La zona portuale è una di quelle dove resiste questo tipo di micromonopòli”.

Nomi di riferimento? “Parlo da osservatore esterno, lascio discuterne ad altri”. Il nodo: il punto franco. “Oltre al detto, ci sono anche persone convinte che esso abbia ancora un valore e non sia spostabile. La nostra azienda ha valutato ripetutamente l’opportunità di produrre in una zona franca. E ha sempre concluso che non conveniva”.

Perché? “I benefici – dazi, iva – si possono conseguire con altri istituti. Come la temporanea importazione. Il caffè che noi inviamo fuori Ue viene lavorato così: è come se per quella partita ci trovassimo in un punto franco. Siamo abituati ad avere la Finanza ogni giorno nello stabilimento, ma se si lavora alla luce del sole con la temporanea importazione non c’è problema. Di più: se si lavora in zona franca, un eventuale fornitore o manutentore che entri con sue attrezzature deve temporanemente “esportarle”. Complesso. Insomma, “vale più la spesa che l’impresa”.

Ma l’Authority di Marina Monassi non vuole lasciare «nulla di intentato, neanche il punto franco». “Non escludo nulla. Ma è giunta l’ora di interpellare dei consulenti, i migliori in organizzazione di impresa, fiscale e doganale: il punto franco ha o meno un’utilità, quando i dazi sono quasi scomparsi? E se sì, per cosa può essere sfruttato? Se la risposta è no, mettiamoci il cuore in pace. Perché ecco l’altro equivoco: un punto franco fu già ridotto quando io ero sindaco, nella zona industriale. Andava aperto un passaggio lungo il canale navigabile per immettere direttamente i Tir sullo svincolo. Ma era zona franca. Ne convenimmo con l’allora prefetto, che con proprio atto la ridusse. E figuriamoci quanto gliene frega agli Stati firmatari dei Trattati di pace…”

Ma l’attuale prefetto su Porto Vecchio ha investito Roma

“I confini di un punto franco si possono cambiare, un punto si può ridurre e secondo me anche ampliare. Il prefetto potrebbe ridurre l’area domattina: se non lo fa è per motivi di opportunità che gli suggeriscono prudenza. Capisco chi chiede una decisione del governo: se gli si dicesse “ok, puoi usare i poteri che già hai”, sono certo lo farebbe. Potrebbe essere comunque che in una porzione di Porto Vecchio valga la pena di mantenerlo. Certo il tutto non può bloccare l’intera area”.

Roberto Menia dice comunque che il governo c’è. “Sì, ma nessun investitore farebbe affidamento sull’avere dalla sua un governo in carica per altri pochi mesi”.

Sdemanializzare Porto Vecchio. Sì o no? “Il nodo più che giuridico è pratico, legato alle concessioni che sdemanializzando non avrebbero più valore. Se malauguratamente gli attuali concessionari dovessero ritirarsi, suggerirei di sdemanializzare, modificare il Prg portuale per consentire tutte le attività accolte in città e partire con procedura diversa, non di concessione ma di vendita delle aree. Ma se i concessionari procedono, lascerei perdere”.

Concessionari imbrigliati tra crisi e punto franco: per alcuni un alibi, per altri un ostacolo.

“Crisi; esistenza di qualche oppositore; incertezza giuridica: tutti elementi a sfavore. Ma dopo la recessione arriva una fase di espansione. Siccome per ristrutturare servono anni, se le risorse ci sono è il momento buono per iniziare; sennò, pure. Se c’è la volontà si può: il denaro costa molto, ma può arrivare anche dai Paesi Arabi o dalla Cina”.

Illy e l’atteggiamento dell’Authority?

“Non ho alcun titolo per dare giudizi. Ma ho letto alcune dichiarazioni di buon senso: per esempio che se i lavori non partono i concessionari andranno richiamati agli impegni assunti. Capisco la loro posizione, capisco quella dell’Authority: amministra un bene pubblico”. Lei sulla partita del riuso è ottimista? “La storia della città, la presenza di oppositori ancora forti anche se numericamente minoritari e una normativa che favorisce chi vuole bloccare mi fanno ritenere prudente. Non posso dirmi ancora ottimista come vorrei”.

Illy si aspetta ampia partecipazione sabato?

“Cosolini interpreta la volontà della maggioranza larga dei cittadini. Sono convinto che l’iniziativa avrà grande successo e costituirà un momento di galvanizzazione della città. Porto Vecchio è una sorta di trigger-point per Trieste: se scatta qualcosa, riparte tutto”.

Per saperne di più: http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2012/09/26/news/illy-su-porto-vecchio-la-citta-ormai-ha-capito-1.5754433

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