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martedì 05 Novembre 2024
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Riccardo Illy: «Il Piemonte è una terra magnifica, bisogna tener duro»

L'imprenditore: "Al governatore Alberto Cirio raccomando di tenere duro, pensi già a cosa fare quando l’emergenza sarà passata, il Piemonte è una terra magnifica e potrà dare un importante contributo al secondo miracolo economico italiano"

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MILANO – Da poco ha ricevuto il riconoscimento dalla Gran Bretagna di Royal Warren grazie al famoso marchio Prestat e ora torna a parlare ancora Riccardo Illy, a capo del Polo del Gusto, sub-holding che gestisce gli altri prodotti fuori dal settore caffè. Stavolta il tema trattato accende i riflettori sul Piemonte, regione che sta molto a cuore all’imprenditore. Su questo punto ha voluto spendere delle parole per valorizzare la ricchezza e il potenziale di questo territorio, promuovendole attraverso una mostra. Ecco l’intervista condotta da Andrea Rinaldi per torino.corriere.it.

Riccardo Illy ha un amore per il Piemonte che è visceralmente culturale

E’ cominciato con il buon cibo e ora continua con l’arte: il trait d’union resta però sempre l’impresa. La sua, per la precisione, quel Polo del Gusto controllato dal gruppo Illy — e di cui è presidente — che aggrega il tè di Dammann Freres, le confetture di Agrimontana, le etichette di Mastrojanni e il cacao della Domori di None, che giovedì a Binaria (via Sestriere, 34) inaugurerà la mostra «interminati_spazi», nata dalla condivisione di scatti su Instagram ai tempi del lockdown: immagini di 100 autori, tra cui 3 vincitori selezionati tra centinaia di partecipanti da Maurizio Galimberti.

Presidente Riccardo Illy, perché questa mostra?

«Anche i teatri, pur ospitando tanti direttori, ne hanno uno principale, quello artistico e noi sentivamo la stessa esigenza per Domori. L’ad Andrea Macchione ha condiviso l’idea e poi l’ha realizzata, l’anno scorso è stato nominato un direttore artistico, Guido Harari che ha firmato una campagna pubblicitaria con Annamaria Testa. Poi con Galimberti l’idea di questo concorso lanciato durante la quarantena. Abbiamo realizzato il tutto in pochissimo tempo grazie al digitale, dieci anni fa ci avremmo messo chissà quanto: a volte diamo per scontate le cose buone e non ci rendiamo conto dei cambiamenti pazzeschi che si sono verificati. E ora magari qualcuno durante la quarantena si sarà potuto scoprire anche fotografo».

Ha detto che per risollevarsi serve un nuovo miracolo economico. È ancora di quell’idea?

«Intanto rafforzo il concetto. Abbiamo tre palle al piede: un calo demografico, e crescere quando la popolazione scende equivale a nuotare controcorrente; debito pubblico, che è al 160% del Pil; e burocrazia. Oggi però ci sono le condizioni per fare un secondo miracolo italiano: dalla nostra abbiamo le risorse finanziarie del Next generation Eu e il cambiamento tecnologico adottato grazie al Covid. Le faccio un esempio: prima facevo 400 chilometri per essere in cda, oggi con gli strumenti audio e video posso partecipare bene e ovunque mi trovi».

Ha capito come accenderlo, questo miracolo?

Riccardo Illy: «Serve puntare sull’educazione: abbiamo la metà dei laureati rispetto alla media europea, qualcuno ancora crede che fargli finire l’università sia istradarli verso la disoccupazione, invece i laureati senza lavoro sono solo il 5%, meno della metà dei disoccupati totali. Abbiamo bisogno di questi ragazzi per avviare produzioni di alto livello. Altro punto: investiamo in ricerca l’1%, l’obiettivo di Lisbona era del 3% ed è ancora valido per cui il pubblico metta quel 2% che manca. Terzo punto e a costo zero: semplificare la burocrazia e io ho una proposta, cioè dieci testi unici da approvare con legge delega, a scriverli dieci atenei; sono enti pubblici e non serve un bando e ognuno fornirà il meglio in cui è specializzato».

Un grande liberale che lei ammira, Adriano Olivetti. Perché?

«Eh sì, perché è un liberale sociale i cui principi hanno trovato oggi applicazione più ampia, ad esempio con le società benefit. Olivetti non si occupava solo di redditività ed efficacia della sua azienda, ma anche di altri stakeholder come i dipendenti, i fornitori, l’ambiente sociale in cui operava. Oggi abbiamo bisogno di queste persone, visto che lo Stato tende a immischiarsi della gestione dell’economia invece di stimolare le società a occuparsi di collettività, di fatto sostituendosi a fare quello che potrebbero svolgere le imprese. Restando in Piemonte, al governatore Alberto Cirio raccomando di tenere duro, pensi già a cosa fare quando l’emergenza sarà passata, il Piemonte è una terra magnifica e potrà dare un importante contributo al secondo miracolo economico italiano».

Dal 2017 Riccardo Illy sostiene di voler investire nel vino piemontese. A che punto siete?

«Stiamo negoziando l’acquisto di una piccola azienda di Barolo, pochi ettari. La pandemia ha ritardato il progetto, ma penso che si arriverà al closing a inizio 2021, quando il bilancio nero del 2020 sarà alle spalle. Per il Polo del Gusto andremo a selezionare un partner entro fine anno e l’advisor nei primi mesi del prossimo per fare acquisizioni nel settore vitivinicolo, biscotti e caramelle. Al partner finanziario chiediamo un contributo manageriale, vogliamo che viva in cda e porti idee e faccia critiche, intessendo relazioni in mercati dove non siamo presenti, penso all’Asia o agli Usa. Domori invece ha risposto alla crisi molto bene, bilanciando con private label e con il marchio Chacao nella gdo».

Come giudica l’approccio del nuovo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi?
«Ha una domanda di riserva?».

Come arrivare con meno danni possibili al «New Normal» del post Covid?

Conclude Riccardo Illy: «Immaginare scenari e poi inserirsi, approfittando dell’innovazione tecnologica. Continueremo a lavorare in smartworking, per cui gli uffici resteranno meno popolati, la domanda di prodotti avverrà vicino a casa e continuerà l’acquisto on line».

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