MILANO – Ricardo Junior Chacon Ramirez è il proprietario del bar “Il caffè della Terra”. L’insegna di fronte al suo bar recita “caffè e supporto morale a solo un euro”. Ha già fatto parlare di sé con l’articolo sul “Corriere della Sera”. Cosa lo ha portato ad intraprendere una iniziativa così particolare, soprattutto considerato il contesto attuale che vede tutti i gestori aumentare i prezzi della tazzina? Per scoprirlo lo abbiamo incontrato nel bar “Il caffè della Terra” a Porta Romana, a Milano, dove ci ha accolto subito con il sorriso.
Ramirez, qual è la storia dietro il nome “Il caffè della Terra”?
“Il “caffè della Terra” nasce da PortMoka, il marchio della torrefazione “F.lli Terrani di Antonio “aperta nel 1921. Il marchio PortMoka nacque in seguito nel 1927. Nel 2011 (quasi cento anni più tardi) viene fondato il concetto e il nome di “caffè della terra” per preparare caffè, cappuccini ed espressi nella miglior tradizione della terra italiana.”
Quanto è importante il lato umano dietro il bancone?
“Sono una persona molto allegra. Adoro far ridere i clienti del mio bar e le persone in generale. Far sentire bene un mio cliente è un’esperienza gratificante. Ho sempre lavorato a contatto con il pubblico e mi piace offrire momenti di serenità e spensieratezza assieme a ciò che mi ordina il cliente di turno. Adoro portare un po’ di ironia e sarcasmo (in qualsiasi modo si voglia chiamarlo) al cliente. Sono dell’idea che il cliente debba lasciare i suoi problemi all’esterno del bar. La vita già è abbastanza difficile senza un luogo caldo e accogliente come vuole essere il mio bar. Qui si ride, si scherza e si parla. Non credo si possa chiedere di più.”
Lei è di origine peruviana. Quali sono le principali differenze tra un bar italiano e uno peruviano? Quanto è importante il ‘bar’ come luogo sociale e di aggregazione in entrambe le culture?
“Non conosco una cultura del bar peruviana. Sono arrivato in Italia all’età di quindici anni. Sono a Milano da vent’anni. Ho iniziato a lavorare in una caffetteria qui a Milano. Non ho lavorato in Perù. Non saprei fare paragoni. In Italia, da quel che ho notato, il bar ha una grande importanza come ritrovo sociale e io cerco di renderlo il più accogliente possibile.”
Qual è la differenza che riscontra tra il suo bar e quelli degli altri?
“Io guardo il mio. Non mi piace fare un paragone con gli altri. Posso parlare per me e per il mio bar. Cerco sempre di offrire una qualità migliore rispetto alla concorrenza: dall’estrazione del caffè alla macinatura fatta rigorosamente al momento; molti bar, infatti, utilizzano delle campane con il caffè macinato in precedenza e lo lasciano lì.
Io posso essere sicuro di offrire ciò che ho scritto fuori all’insegna, ‘Il miglior caffè di Crocetta’, perché è quello che ci dicono tutti. Avere una buona qualità di caffè e sapere come prepararlo (dalla macinatura, alla miscela, alla manutenzione e alla pulizia della macchina) è essenziale. Sono molti i fattori che mi portano ad offrire un ottimo prodotto.”
Ramirez, qual è l’identikit del tuo cliente abituale?
“Non c’è. Ogni cliente è diverso. Siamo tutti diversi ed è quello che ci porta ad avere diversi rapporti con le persone. Non esiste un identikit di un buon cliente. Soprattutto in questa zona dove ci sono avvocati, infermieri, turisti e operai. Ognuno fa parte di una realtà diversa. Il mio compito è quello di fare sentire a casa ognuna di queste persone così diverse e farle sentire a loro agio.”
Il prezzo del caffè è relativamente basso rispetto agli standard di Milano. Quale messaggio vuole dare?
“Sono sincero. Io sono dell’idea che un caffè dovrebbe costare di più e non di meno. Siamo l’unico paese In Europa in cui il caffè si fa pagare un euro, un euro e dieci o un euro e venti. Molti pensano che il barista sia un mestiere semplice in cui basta schiacciare un pulsante ed estrarre il caffè. Ma ci sono molti dettagli e fattori da considerare, come la tostatura, la temperatura e la montatura del latte. Ad esempio non tutti sanno fare un buon cappuccino. Il 70% dei baristi in giro non riesce a montare il latte come si deve. Ovviamente questa è una mia opinione.
Dietro l’estrazione ci sono mille fattori: i corsi di formazione, l’esperienza maturata sul campo e le ore passate nel bar, la gestione dei dipendenti e gli ulteriori costi per mantenere una struttura. Secondo me il caffè dovrebbe costare di più. Se il prezzo vociferato di un euro e cinquanta si trasformasse in realtà non ci sarebbero obiezioni da parte mia. Resta il fatto che viviamo in un periodo difficile. Ci sono una decina di bar in zona compreso il mio. Se uno di noi alzasse il prezzo del caffè a un euro e cinquanta e l’altro lo lasciasse a un euro non avrebbe molto senso.
Non dico che la cultura degli italiani del caffè economico sia sbagliata ma ci sono molti dettagli che il cliente medio non conosce. Magari in futuro tutto questo cambierà con gli incrementi dei prezzi. Spero di tenere un prezzo basso anche in futuro ma non lo so.”
Che cosa significa essere dei buoni baristi?
“Per prima cosa viene la parte tecnica. Per essere un barista è, innanzitutto, fondamentale la formazione: deve sapere cosa fare. In secondo luogo, secondo me, bisogna essere carismatici. Trovarsi di fronte, da cliente, il barista più bravo e competente del mondo ma che non riesce a sostenere una conversazione o porta i suoi problemi personali al lavoro può impedirti di gustarti un caffè ‘perfetto’. Oltre la formazione, molto importante, un buon barista deve essere allegro: la parte tecnica che va ad unirsi insieme la parte umana. Perché ogni barista è prima di tutto un essere umano e il suo compito è quello di offrire molto di più di un semplice caffè.”
di Federico Adacher