MILANO – Già in precedenza si è parlato della situazione in cui vivono i coltivatori di caffè nella Repubblica Democratica del Congo, con uno sguardo particolare rivolto al ruolo ricoperto spesso e volentieri dalle donne in questa filiera. Adesso è il momento di riprendere l’argomento, considerando il contesto influenzato da conflitti, violenze, dinamiche politico-economiche che hanno creato diverse tensioni tra diverse etnie e religioni.
Condizioni che naturalmente hanno un grosso impatto sulla produzione caffeicola: il rischio è la perdita di quasi il 75% della coltivazione nell’arco di 40 anni. Dati che sono stati pubblicati su aljazeera.com.
Repubblica Democratica del Congo: sulla carta, un luogo fertile per il chicco
In quanto il suo terreno è particolarmente produttivo e l’aerea più a est è stata a lungo una zona coltivata e piuttosto redditizia. Questo fino allo scoppio della guerra, che ha influenzato negativamente l’andamento delle regioni agricole.
Un altro effetto collaterale: attualmente è complicato poter contare i volumi esatti di caffè coltivato e molti farmers – soprattutto le donne che compongono l’80% della forza lavoro nelle piantagioni – si trovano ad affrontare sfide sempre più impossibili da sostenere.
Una possibile soluzione è appoggiarsi alle Associazioni locali, come l’Association Solidarite des Cooperations pour le Developpement et la Vulgarisation Agricole (SOCODEVA), nata nel 2014 proprio per supportare i piccoli proprietari e le donne coltivatrici a gestire al meglio le farms superando ogni ostacolo possibile (attualmente ha raggiunto e coinvolto 3000 contadini in una rete di mutuo soccorso in caso qualcuno dovesse attraversare momenti di particolare crisi).
Questo organismo aiuta anche ad inserirsi meglio nel mercato, che spesso risulta difficile da raggiungere per i farmers di piccole dimensioni e a trovare così una sorta di indipendenza economica. Fornisce anche materiali e attrezzature, con un sistema che premia coloro che riescono a portare un maggior volume di materia prima.
Tutto questo in cambio di una quota di 2000 franchi congolesi (0,65 euro) che appunto sono usati per fare cassa per coprire le esigenze critiche degli stessi membri.
Questa però può essere soltanto una soluzione temporanea ad un problema che sembra essere destinato a tormentare a lungo la Repubblica Democratica del Congo, determinando non solo un aumento dei prezzi, ma anche l’inasprimento del fenomeno del contrabbando di caffè al di fuori della nazione, che a sua volta porta allo sfruttamento produttori locali, soprattutto delle donne.
Tutti questi fattori spingono oggi molti farmers ad abbandonare i campi oppure a spostarsi verso altre colture, come il cacao.