MILANO – Mai così in basso, da quasi 4 anni a questa parte, i prezzi del caffè. Il trend negativo si è accentuato durante il mese di giugno. Portando la media dell’indicatore composto Ico sotto la soglia dei 1,20 dollari per libbra, a quota 117,58 centesimi. Il livello più basso da settembre 2009, come sottolinea in apertura il report Ico mensile sul mercato del caffè; diffuso nel pomeriggio di ieri.
Report Ico in inglese
Per leggerlo per intero, ccon tutti i grafici clicca QUI
Un calo sul quale incide certamente l’abbondanza dell’offerta. (con la produzione mondiale in crescita di quasi 8 punti percentuali sull’annata precedente). Ma che risente anche dei segnali macroeconomici negativi delle ultime settimane. I cui effetti si sono fatti sentire sull’intero comparto delle materie prime.
Il forte arretramento dei prezzi
Rischia di mettere in difficoltà i produttori di molti paesi. Già alle prese con complessi problemi di natura finanziaria, strutturale e di sostenibilità.
Fortissimo l’arretramento registrato da tutte le voci dell’indicatore.
La media mensile precipita, come già detto, a 117,58 centesimi, in calo del 7,4%. Soprattutto rispetto a maggio e di quasi il 25% rispetto alla media annuale 2012.
I colombiani dolci
Perdono il 6,8% toccando il loro minimo da febbraio 2009. Gli altri dolci scivolano a 138,26 centesimi (-6,1%). Ovvero il livello più basso da aprile 2009.
I brasiliani naturali subiscono una flessione del 7,9% e si attestano a 120,01 centesimi, ai minimi da settembre 2009. L’indicatore dei robusta, pur mantenendosi su livelli storicamente più elevati, registra un arretramento dell’8,5%, che lo porta al livello più basso da ottobre 2010.
Ma i cali più pesanti si registrano negli indicatori delle borse
New York perde l’8,9%, Londra più del 10% scendendo a 81,82 centesimi.
Il report Ico sottolinea l’incidenza dei fattori macroeconomici. – a cominciare dalle cifre deludenti sulla crescita in Cina. Continuando con l’annuncio di politiche monetarie più restrittive da parte della Fed americana.
Le stesse che hanno determinato un declino generalizzato del mercato delle commodity. Con inevitabili ripercussioni anche sulle quotazioni del caffè.
Il calo delle valute di alcuni tra i principali paesi produttori
A cominciare da quella brasiliana. Un fenomeno che potrebbe attutire le conseguenze della flessione dei prezzi. Ma è altrettanto vero che un dollaro più forte renderà più cari i fertilizzanti e molti altri input. Accrescendo i costi di produzione e scoraggiando gli investimenti.
Inoltre, i tassi di cambio più deboli potrebbero incentivare le vendite degli stock. Ampliando ulteriormente l’offerta di caffè sul mercato e contribuendo a deprimere ancora di più i prezzi.
A 3 mesi dalla fine dell’annata 2012/13, il report Ico torna a fornire un riepilogo dettagliato della produzione mondiale. Stimata ora nel dato senza precedenti di 144,6 milioni di sacchi (contro i143,3 ipotizzati il mese scorso); ossia il 7,8% in più rispetto al precedente volume record di 134,14 registrato nel 2011/12.
La produzione risulta in crescita in tutte le principali regioni
Fatta eccezione per Messico & America centrale.
Il raccolto dell’Africa segna l’incremento più rilevante (+16,6%); con tutti i principali produttori in crescita sull’anno precedente. Da sottolineare, in particolare, le performance di Etiopia (+19,1%) e Tanzania (+90,3%). Ma anche i progressi di Uganda e Costa d’Avorio.
La produzione di Asia & Oceania cresce del 7,2%, nonostante i dati negativi di Vietnam (-8,6%) e Papua Nuova Guinea; beneficiando principalmente dello straordinario raccolto dell’Indonesia (12,7 milioni di sacchi).
Le stime provvisorie
Queste prevedono un calo del 14,9% della produzione di Messico & America centrale imputabile all’epidemia di ruggine del caffè. Pesanti le conseguenze per quasi tutti i paesi della regione. Con raccolti in flessione in Guatemala (‐18,2%), Honduras (‐17%), Messico (‐14,5%) e Nicaragua (‐39,3%). Mentre la produzione potrebbe risalire in Costa Rica (+14,3%) ed El Salvador (+7,9%).
Ed è solo l’inizio, perché nel 2013/14 il tributo da pagare alla roya potrebbero essere ancora più pesante. Inoltre, gli eventuali programmi di rinnovo colturale (Colombia docet) richiederanno svariati anni per andare a regime.
Buone notizie, infine, dal sud America
Dove la produzione sfiora i 66 milioni e mezzo di sacchi, grazie al precedente record del Brasile e alla netta ripresa della produzione della Colombia (+24,1%). Questa dovrebbe risalire a 9,5 milioni di sacchi. Unica nota negativa, il calo del Perù (‐23,1%).
Il report Ico si conclude con un invito rivolto tanto ai paesi esportatori quanto ai paesi importatori a sostenere i milioni di piccoli produttori. Questi infatti rischiano di pagare più pesantemente le conseguenze del forte calo dei prezzi .
Nell’immediato andranno gestite le eventuali emergenze connesse ai problemi di sicurezza alimentare. Ma è ancora più essenziale, nel medio-lungo termine, insistere sulla formazione dei piccoli produttori; facendo sì che essa non si limiti alle sole nozioni di agronomia, ma si estenda anche al concetto più vasto di corretta gestione sostenibile di un’azienda agricola.