MILANO – Non accenna a invertirsi il trend negativo dei prezzi del caffè, che segnano a ottobre il loro terzo ribasso consecutivo, secondo i dati riportati nel report mensile Ico. La media dell’indicatore composto ha subito, nel primo mese dell’annata caffearia 2013/14, una flessione del 4,3%.
Ed è scesa, per la prima volta da marzo 2009, sotto la soglia dei 110 centesimi per libbra.
La tendenza si è confermata nei primi giorni di novembre, con le medie giornaliere della settimana scorsa costantemente al di sotto del valore del dollaro per libbra.
La caduta dei prezzi si rivela ancora più accentuata, in termini storici, riconvertendo i valori nominali in valori reali.
Rivalutando i prezzi attuali in base al UN Index for Manufactured Goods Exports by Developed Economies (2000=100) della Banca Mondiale osserviamo – rileva il report – come l’indicatore sia ampiamente al di sotto dei livelli ai quali si trovava nel gennaio del 2000, quando ebbe il ciclo ribassista che portò alla cd. “Crisi del caffè” di inizio millennio.
La performance del caffè è stata, in questi ultimi due anni, la peggiore tra quelle di tutte le commodity agricole.
Secondo il report, che non fornisce tuttavia dati oggettivi a supporto di questa affermazione, i prezzi attuali pagati ai produttori “non bastano, in molti paesi, a coprire i costi di produzione”.
Il tutto “mentre i prezzi dei generi di base, come i prodotti alimentari o l’energia, sono in crescita”.
Tornando agli indicatori statistici osserviamo una flessione generalizzata di tutte le tipologie. Colombiani dolci, altri dolci e brasiliani naturali subiscono flessioni, nell’ordine, del 3,4%, 2,7% e 2,7% toccando i loro livelli minimi, rispettivamente, da dicembre 2008, marzo 2009 e luglio 2009.
Ma la “maglia nera” va ai robusta, che piombano ai minimi degli ultimi tre anni, con un calo del 4,6% sul mese precedente.
In termini storici, il valore dell’indicatore composto di ottobre è inferiore del 31,5% al valore dell’anno solare 2012.
Il report conferma la stima del mese scorso, con la produzione mondiale 2012/13 a 145,2 milioni di sacchi.
I tempi sono ancora prematuri – osserva il documento – per fare delle previsioni relativamente all’annata appena iniziata, sulla quale inciderà comunque il minor raccolto brasiliano nel 2012/13 (in ogni caso ai massimi storici per un anno negativo del ciclo biennale, ndr.) e gli attesi cali in Vietnam e America centrale.
Ci siano comunque consentite alcune considerazioni.
Più che al raccolto brasiliano 2012/13, ormai concluso, il mercato guarda sin d’ora al prossimo raccolto 2014/15 (le prime stime verranno diffuse tra dicembre e gennaio), che promette di essere nuovamente da record.
Tanto che la parola d’ordine è sin d’ora “supersafra”. Si parla cioè di un “super raccolto”, che potrebbe superare (nelle stime del settore privato) i 60 milioni di sacchi.
Quasi tutte le previsioni del commercio indicano che il raccolto vietnamita in corso sarà superiore a quello dell’annata precedente e sembrano comunque escludere il consistente calo, nell’ordine del 15%, ipotizzato da Vicofa (l’associazione vietnamita del cacao e del caffè, ndr.).
La flessione produttiva causata dalla ruggine del caffè in Messico e America centrale (-2,7 milioni di sacchi già nel 2012/13 secondo i dati Ico) indubbiamente ci sarà, ma verrà parzialmente compensata dalla ripresa produttiva della Colombia, confermata dalle più recenti cifre mensili di Fedecafé.
Il focus statistico nell’ultima parte del report è dedicato ai dati sull’export nei 12 mesi dell’annata caffearia 2012/13, da noi già ampiamente commentati nell’analisi pubblicata nel numero del 3 novembre, alla quale vi rimandiamo.
A completamento di quanto già scritto riprendiamo alcune considerazioni sviluppate dal report per quanto riguarda il livello record delle esportazioni di robusta, che hanno raggiunto, l’annata trascorsa, i 41,7 milioni di sacchi, pari al 37,8% del totale.
Il tutto, nonostante il calo dell’export vietnamita (-7,2%), che è stato comunque ampiamente controbilanciato dal forte incremento delle esportazioni di robusta dell’Indonesia (+40,2%) e di altri paesi come, ad esempio, l’Uganda (+45,4%).
Concludiamo con i dati delle scorte certificate, che evidenziano andamenti opposti per quanto riguarda i due principali mercati a termine.
Il livello degli stock di New York è stato infatti sostanzialmente stabile mantenendosi mediamente attorno ai 3,1 milioni di sacchi negli ultimi 6 mesi.
Le scorte di robusta, invece, hanno continuato a ridursi scendendo la sotto la soglia del milione di sacchi, contro i quasi 7 milioni di sacchi di 2 anni fa.
Ciò non ha impedito ai prezzi del Liffe di toccare, in queste ultime settimane, i minimi storici da giugno 2010.
Il pdf del report in lingua inglese è disponibile a questo link.