Il Piccolo, quotidiano di Trieste, lo ha chiamato il rottamatore del caffè (ma non è stato il primo a farlo), dopo i suoi giudizi sul caffè napoletano, riportati nella trasmissione tv Report e le conseguenti polemiche (il mio articolo lo trovate al link http://bit.ly/1gb31Xp ).
Stavolta però, qui sul mio blog, voglio chiedere all’assaggiatore triestino Andrej Godina (foto) la sua esperienza all’estero. Cosa ne pensa delle tazzine negli altri Paesi? Nei suoi tanti viaggi ha scovato qualche locale con gusti e aromi impeccabili? Scopriamolo nell’intervista, realizzata proprio puntando sul suo impegno fuori dall’Italia.
Quali Paesi hai girato e quali sono le tue valutazioni sui caffè che hai bevuto all’estero?
Negli ultimi dieci anni la professione di coffee expert e assaggiatore mi ha permesso di viaggiare all’estero e di avere la possibilità di degustare caffè in diversi Paesi. Questa esperienza, che prosegue a tutt’oggi, per me è importante per molti aspetti: quello professionale (l’assaggio, la valutazione del prodotto), ma anche quello umano, oltre alla possibilità di approfondimento e di studio di questo mondo complesso; riassumendo, posso definirla una splendida esperienza di vita. Ho bevuto il mio primo “Starbucks coffee” in California nel 1997 quando ho trascorso un mese negli USA tra la costa orientale e quella occidentale: avevo iniziato a lavorare nel campo del caffè da poco tempo e quell’occasione fu interessante perché la modalità e l’approccio alla tazza di caffè era totalmente diverso rispetto a quanto potevo trovare in Italia.
Il lavoro di consulente specializzato mi ha portato ad assaggiare caffè in Tunisia, Arabia Saudita e Grecia dove il caffè preparato con il metodo ibrik, cioè bollito, prende delle sfumature molto particolari e a volte viene mescolato con il cardamomo. Il risultato finale è un caffè intenso la cui preparazione e degustazione dura più di 10 minuti. In Spagna la ritualità del caffè è simile a quella italiana anche se la qualità, soprattutto quando si beve il caffè torrefatto con lo zucchero, non è elevata: la prevalenza del gusto amaro, ahimè, ne rovina le caratteristiche positive.
La tostatura con l’aggiunta di zucchero crea uno strato esterno di zucchero caramellizzato che a causa delle elevate temperature di tostatura si brucia, dando alla tazza di caffè un intenso gusto amaro.
Nei paesi del Nord Europa come Svezia, Olanda, Danimarca, Inghilterra e Germania, il caffè proposto dalle piccole torrefazioni locali è di grande pregio, con aromi complessi e piacevoli e a volte presenta uno spiccato gusto acido che potrebbe infastidire un consumatore italiano, poiché abituato a percezioni legate più all’amaro che all’acido.
In Asia, in paesi come Corea e Taiwan, il caffè è divenuto in pochi anni una tendenza di consumo che porta con sé la novità non solamente della preparazione in espresso ma anche con altri metodi quali quelli a filtro manuale, french press, aeropress; in tantissimi bar è possibile vedere la presenza di micro-tostatrici che permettono al barista di offrire sempre un caffè tostato fresco.
Discorso a sé, l’assaggio del caffè nelle piantagioni dei paesi d’origine. Per esempio in Guatemala, nella regione di Huehuetenango tra i 1500-2000 metri sul livello del mare, mi è capitato di bere un caffè arabica tostato in pentola sulla brace, macinato con un mortaio e lasciato in infusione, successivamente filtrato con un panno di cotone. Che dire… un caffè che ho apprezzato non tanto per le caratteristiche della bevanda quanto perché mi ha dato modo di condividere un’esperienza importante con i coltivatori e i produttori.
Infine nella regione del Gayo a Sumatra, in Indonesia, a due ore di automobile dalla città più vicina, ho bevuto il caffè offertomi da una famiglia che vive nella foresta dove vivono gli orangutan, e che coltiva caffè arabica: è stata un’emozione indescrivibile l’aver condiviso con loro quello che hanno di più prezioso e che rappresenta per loro l’unica fonte di sostentamento.
C’è una città in particolare che ti ha colpito come preparazione, sapori, tecniche?
Recentemente una città che mi ha sorpreso per la qualità in tazza è stata Seoul: in pochi anni, infatti, sono nate moltissime caffetterie e catene di coffee shops dove, in media, la qualità del caffè che ho avuto modo di degustare è davvero alta.
A Seoul sono tanti i bar indipendenti che hanno al loro interno un vero e proprio laboratorio in cui il caffè viene tostato quotidianamente. Ritengo che questa realtà sia dovuta principalmente all’ottima preparazione e formazione dei baristi in Corea. Dalla loro curiosità e dal loro impegno deriva l’utilizzo di una materia prima di qualità oppure microlotti di caffè specialty.
Sei rimasto particolarmente colpito da qualche bar/locale all’estero?
Non è facile fare una scelta anche perché ho bevuto degli eccellenti caffè ad Amsterdam, Oslo, Copenhagen, Taiwan… quello di cui mi ricordo e che si riferisce al mio ultimo viaggio a Seoul è il Cafè 101 – www.cafe101.co.kr
Questo locale è nel centro di Seoul un po’ defilato dalle usuali rotte turistiche o di maggior passaggio; l’ambiente è accogliente e il personale molto preparato sia sulla preparazione del caffè e sulla pulizia delle attrezzature sia sulla conoscenza del prodotto e sulla competenza nella degustazione.
Durante la mia visita ho approfittato per bere un Etiopia Sidamo davvero eccezionale preparato in filtro: la tazzina era piacevolmente agrumata con sentori di tè nero al bergamotto, una corposità medio/bassa con una piacevole sensazione vellutata al palato, un retrogusto intenso ed elegante.
Una mia curiosità. Il nostro “capo in b” che tutti ordinano spesso a bar, quanto “sacrifica” il vero gusto del caffè?
Il “capo in B” triestino è una di quelle ricette che fanno di Trieste un luogo unico per la degustazione del caffè. A mio parere la tradizione che contraddistingue una città e le ricette che piacciono di più ai suoi abitanti sono da preservare ed incoraggiare; come sempre, però, è fondamentale che gli ingredienti usati siano di qualità.
Quando parliamo di espresso dobbiamo riferirci alla bevanda preparata usando come unico ingrediente il caffè e possiamo fare un’eccezione per l’eventuale aggiunta di zucchero. Quando parliamo di capo in B ci riferiamo, invece, a una bevanda tra quelle a base di caffè e latte. Detto ciò, il capo in B non sacrifica assolutamente il gusto del caffè bensì rappresenta una ricetta che amalgama piacevolmente il caffè con il latte e che accontenta molti appassionati.