MILANO – Un’altra voce femminile arriva dal mercato del caffè. Stavolta il confronto è con la Trainer ed Examiner per il suo progetto personale Coffeehow, nonché prima certificatrice Lags (LatteArtGradingSystem) del Friuli Venezia Giulia, Renata Zanon. Freelance che si divide tra Udine, Vicenza e Verona, portando avanti il suo personale progetto di formazione per baristi.
Renata Zanon: che cos’è per lei il caffè?
“Una passione. Una ricerca continua della tazza migliore, attraverso lo studio e la condivisione. Un modo per conoscere il mondo. Per uscire dagli schemi e dalla routine che hanno caratterizzato i primi trent’anni della mia vita. Un divertimento. Una gioia. Ogni volta che scopro una cosa che non sapevo riguardo al caffè, per me è un’emozione.
Come dice un mio caro amico, forse potremmo essere considerati pazzi. Ma non mi ritengo più pazza di chi, guardando una partita di calcio in tv, urla per un goal segnato dalla propria squadra del cuore. Passione è passione. Non si giudica.
Potrebbe descrivere il suo mestiere?
“Il mio mestiere è quello di trasmettere la mia passione agli altri. Ho iniziato facendo corsi di latte art, materia molto affascinante: è un modo per coinvolgere i baristi e per far sì che si approccino al mondo della formazione. Poi mi sono focalizzata sempre più sulla caffetteria e devo dire che i risultati sono molto gratificanti.
Buona parte del mio tempo è inoltre dedicato al mio nuovo ruolo di referente estero per la Coffee Training Academy di Verona. In questo modo posso mettere in pratica anni di studio delle lingue straniere, gestendo e facendo i corsi a chi sceglie di venire a studiare in Italia.”
Quando ha deciso che il caffè, la cultura del caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale
Risponde Renata Zanon: “È stata una decisione che ho preso dopo un’esperienza lavorativa poco piacevole. Come spesso purtroppo faccio, ho agito di impulso e ho aperto la partita iva. Fortunatamente è stata decisione vincente e ne sono molto soddisfatta!
E’ stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?
” Di vita, sicuramente. Sono mamma di due bambini e il mio nuovo lavoro ha sconvolto sia la mia che le loro vite. Delle volte sono assente da casa per periodi molto lunghi e ne risentiamo tutti. Ma come dico sempre loro, per raggiungere un obiettivo bisogna fare dei sacrifici. Se c’è un insegnamento che voglio lasciare loro in eredità, è di non arrendersi mai davanti alle difficoltà che li separano dai loro sogni.”
C’è stato un episodio particolare in cui ha pensato di non farcela e perché?
“Solo uno?! Momenti di sconforto ce ne sono stati e ce ne sono parecchi. Più volte ho pensato di mollare. Ma per fortuna sono circondata da persone meravigliose che mi hanno sempre aiutata e spronata ad andare avanti.
Comunque, se devo citare un episodio in particolare, un momento in cui ho provato nel profondo il senso del fallimento e della vergogna, è stato durante un corso Sca che ho frequentato a New York in occasione del City Coffee Trip organizzato da Sca Italy. Ero partita con la convinzione di sapere tutto. Con la presunzione di conoscere a fondo l’argomento caffè, e invece in quel momento ho capito che le mie conoscenze erano
davvero limitate. E che mi si prospettava un lungo cammino di apprendimento che non finirà mai.
Quel viaggio mi ha vista toccare uno dei momenti più bassi del mio percorso e da lì è iniziata la salita più ripida e bella della mia vita. Quella esperienza mi ha cambiato profondamente. Anzi, approfitto, se posso, per ringraziare tutti quelli che c’erano (un gruppo meraviglioso) e in particolar modo Davide Cobelli. (lui non vorrebbe che io lo
citassi, ma per me è doveroso farlo). Il quale è riuscito a farci passare una settimana incredibile, organizzando il tutto senza sbavature.”
Che cosa direbbe alla Renata Zanon del passato, in difficoltà?
“Sicuramente non userei parole dolci nei suoi confronti: le direi che non bisogna mai cercare la via più breve per raggiungere un obiettiv. Ma che solo attraverso la fatica e la costanza si può arrivare al traguardo. Per quanto riguarda il caffè, così come per altri settori merceologici come ad esempio il vino, le nozioni da sapere sono infinite.”
E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?
“Alle ragazze che vogliono intraprendere questo percorso, consiglio di non sentirsi mai, in nessun modo, inferiori agli uomini. Consiglio loro di seguire le proprie passioni, senza vergogna, ma ricordandosi sempre si quanto sia fondamentale la preparazione e lo studio.”
La giornata tipo di Renata Zanon
“Impossibile! Non c’è mai una giornata uguale all’altra… L’unica costante fondamentale sono le ore di sonno: ho la necessità di dormire otto ore a notte, in qualsiasi parte del mondo mi trovi!”
Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?
“A dire il vero non mi sono mai posta questo problema: ho sempre lavorato duro per raggiungere i miei obiettivi senza piangermi addosso o ritenermi discriminata perché donna. Trovo invece più difficoltà a spiegare alle persone esterne a questo ambiente, in cosa consista il mio lavoro.
Triste è sapere che i compagni di classe di mio figlio sostengano che la sua mamma faccia un lavoro che non esiste.”
Come ha visto evolversi il settore del caffè nel suo ambito specifico professionale?
“Purtroppo sono in questo mondo da un tempo troppo limitato per poter dare una valutazione all’evolversi del settore. Tuttavia, ritengo che le varie trasmissioni tv, assieme alle riviste dedicate e ai corsi di formazione tenuti dai professionisti, stiano contribuendo notevolmente alla diffusione della cultura del prodotto caffè. Ciononostante, le mie varie esperienze all’estero mi hanno fatto notare quanto l’Italia sia ancora molto
indietro in questo campo.”
Come intende la giornata internazionale del caffè?
“L’anno scorso ho passato il primo ottobre a leggere articoli e guardare video che trattavano il tema scelto per il 2018. Devo dire che la cosa mi ha toccata parecchio. Ho ascolato alcune interviste fatte alle donne che si sono messe in gioco e hanno deciso di gestire da sole le piantagioni in cui lavoravano, o nelle quali sono cresciute.
E da lì mi sono sempre più convinta che anche io come donna avrei potuto dare il mio contributo a questo mondo. A maggior ragione essendo consapevole della disparità di trattamento socio-economico cui sono sottoposte nei Paesi sottosviluppati.”
Qual è il tocco femminile che aggiunge qualcosa in più al suo lavoro?
“La risposta è molto semplice: abbiamo la facoltà di pensare e agire contemporaneamente, il che ci permette di essere più dinamiche nello sviluppo di quello che stiamo facendo.