REGGIO EMILIA – «Ci abbiamo messo il cuore: è mancato un imprenditore reggiano». La “Misterlino Officina Lana Caffè” ha chiuso con dispiacere la propria serranda per l’ultima volta nella città del Tricolore.
Era il dicembre 2015 quando i reggiani iniziarono a scoprire l’attività, posizionata in via Pansa 25. Tanta la curiosità per l’insolita alternanza di caffè e gomitoli di lana, senza dimenticare il sociale.
Nel locale, infatti, sono state organizzate iniziative che facevano del cucito (una delle particolarità del luogo) un “trampolino di solidarietà”.
Un marchio di fabbrica di un gruppo partito dal basso e poi riuscito ad aprire sedi a Parma (dove è posizionata la base), Bologna, Catania e persino Indianapolis.
Lì dove Fernando Alonso sta cercando un riscatto nella 500 Miglia, l’azienda ha da tempo una collaborazione con Dallara per diffondere il suo progetto. Un progetto che a Reggio non ha funzionato.
Perché?
«Si sono affezionate tante persone – risponde Lino Alberini, il referente della società unipersonale – ma era diventato difficile gestire l’attività. Quindi abbiamo deciso di sospendere momentaneamente il progetto su Reggio piuttosto che vederlo fatto male».
Le difficoltà sono state legate soprattutto alla distanza. «A parte una dipendente reggiana, ma originaria di Treviso, gli altri sono di Parma – conferma Alberini – per cui avremmo sempre gradito di trovare una persona di Reggio che prendesse l’attività in gestione e la portasse avanti.
Tuttavia, non abbiamo mai trovato nessuno. Se avessimo trovato anche soltanto un reggiano gli avremmo anche dato i soldi per aiutarlo nell’attività».
Per l’amministratore non si tratta, dunque, né di un problema legato a un’eventuale concorrenza né una reazione a un piazza tiepida, anzi. «Noi non siamo di Reggio – replica Alberini – e ci abbiamo messo il cuore. Lo stesso si può dire per tutte le persone che ci hanno lavorato e che sono venute da noi. Siamo ancora nel cuore della gente. Abbiamo aspettato per 18 mesi alla ricerca di qualcuno, ma non abbiamo avuto un riscontro».
Le risposte ricevute dall’attività non hanno soddisfatto le richieste del socio. «Le persone a cui vai a chiedere ti domandano il risultato certo – spiega l’amministratore – ma la perfezione non esiste: va ricercata. Per fare ciò occorre avere “fame”. Avrei il piacere di trasferire questa passione nelle attività».
Per evitare la chiusura sarebbe servita dedizione in chi ne avrebbe preso le redini. «Una persona da sola non basta – conclude Alberini – ma avremmo lasciato la ragazza che si occupa dei filati. Sarebbe servito portare avanti il locale. Tuttavia, c’è stato chi ha sempre contestato il posto a Reggio, mentre a Parma ho bisogno di personale.
C’era un ottimo rapporto tra i clienti e i ragazzi che gestivano l’attività. Eravamo però stanchi, logori del continuo spostamento. Non abbiamo trovato un supporto su Reggio, ma se dovessimo tornare un domani i reggiani sanno quello che offriamo loro».
(g.f.)