MILANO – Martedì 18 maggio si è svolta la presentazione del Rapporto ristorazione 2020 curato da Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi. Un momento utilizzato dall’organizzazione sindacale di baristi e ristoratori per fare un bilancio attraverso i numeri dell’anno orribile della pandemia, condividendo i risultati di un’indagine svolta tra gli operatori del settore sulle prospettive per il 2021.
Nella seconda parte della mattinata è stato presentato il video realizzato da Fipe Confcommercio insieme all’agenzia creativa Yam112003, per la campagna di comunicazione #IlSolito, promossa in collaborazione con alcune delle principali aziende alimentari: Coca-Cola, Lavazza, Perfetti Van Melle e Sanpellegrino.
Rapporto ristorazione 2020, un quadro del settore
Roberto Calugi, Direttore generale Fipe-Confcommercio ha fatto gli onori di casa e ha introdotto Luciano Sbraga, direttore Centro studi Fipe-Confcommercio: “Per un anno e due/tre mesi, abbiamo vissuto in simbiosi con la curva epidemologica. E’ passata l’idea che il settore fosse il portatore dei contagi, senza però che esistesse alcun rapporto di causa-effetto e senza studi scientifici a supporto.
Eppure, abbiamo registrato un crollo dalla riapertura del 26 aprile, del tasso di positività dal 5,8% al 2,8 %: deve esser quindi finire questa sirena d’allarme.
In un anno e due mesi, abbiamo avuto una media di 50 giorni di rosso, 68 di arancione e 73 di giallo: come si fa a gestire un’azienda quando ci sono cambi continui? Questa è un’odissea che speriamo si avvicini alla conclusione.
I principali problemi riscontrati: parziale avvio dell’attività, riduzione della domanda, per 514mila unità perse nel 2020
Abbiamo avuto un impatto sui consumi devastante: persi 130miliardi di euro totali. Di questi, 30-31 miliardi riguardano la ristorazione. Siamo tornati al Pil del 1994, ovvero a 990 euro pro capite. Da 26 anni a questa parte non vedevamo questi valori.
L’impatto sulle imprese: 22mila imprese hanno chiuso, e parliamo ancora di un effetto marginale della pandemia. Il brutto arriverà ancora nei prossimi mesi, senza ristori e casse integrazione.
Il 98% delle imprese afferma di aver subito un calo di fatturato, il 60% dell’oltre 50%.
I ristori: il 23% delle imprese non ha ricevuto nulla. Perché i meccanismi li hanno tagliati fuori: questi ultimi sono definiti “gli esodati” per il codice Ateco, per l’avvio della partita iva, per la mancata possibilità di fare il confronto con gli anni passati.
Il secondo lockdown è stato peggiore del primo sia economicamente che psicologicamente. Per sei mesi di misure restrittive, di ristoranti chiusi la sera dal novembre 2020. Il fatturato principale, si fa in questa fascia oraria.
C’è stato un cambiamento sul modello dei consumi, secondo i dati Tradelab con il crollo delle occasioni serali. Nel luglio 2020 era del 33,0% con un crollo di venti punti nel febbraio 2021.
Le aziende sono state flessibili e resilienti
Grazie all’uso dei dehors e all’intervento delle politiche. All’asporto e al delivery (prima il 30% delle aziende non lo utilizzavano). Un messaggio di speranza: l’85% delle imprese è fiducioso sulla ripartenza. Però ci sono tante questioni che rimangono come delle ipoteche: misure restrittive, la sicurezza sanitaria, turismo straniero da recuperare, i sostegni all’occupazione e gli incentivi, l’affrontare lo smartworking, il reddito disponibile e la propensione al risparmio.
La ripresa non avverrà se non nel 2022. La componente più penalizzata dalle misure restrittive sono le imprese della ristorazione, meno l’industria e l’agricoltura. Bisogna investire nella digitalizzazione e nella trasformazione green.”
Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe-Confcommercio sul Rapporto ristorazione 2020:
“Alla decima edizione del Rapporto di ristorazione, in una data simbolica per il settore: il 18 maggio dello scorso anno era stato il giorno della ripartenza dal primo lockdown. Solo l’inizio di un anno che ha prodotto incertezze e sfiducia che il rendiconto racconta. Un rapporto da tempi di guerra, con poche buone notizie.
Il mondo dei pubblici esercizi rispetto all’anno scorso fotografa numeri scoraggianti e proietta un futuro con tante ipoteche, con nuove incertezze e qualche speranza in più. Sarà un settore molto diverso su cui lavorare molto. C’è molta insoddisfazione in questo rapporto ristorazione 2020, nata dalla consapevolezza che il sacrificio sociale assegnato a questo settore non è stato accompagnato da misure compensative che potessero arginare la crisi del comparto.
Ai danni economici si sono aggiunti altri come quello della coesione sociale: ventiduemila attività perse sono ventiduemila punti di socialità perduti. 350mila disoccupati creano nuove povertà, perdita di competenze professionali e la fuga verso altri settori. Chi non ha chiuso ha spesso cambiato gestione, cedendo anche alla criminalità organizzata.
Nel 2020 la Fipe ha agito su tre fronti: l’istituzione politica, rappresentando le esigenze del settore al Governo; i rapporti con i media per dare volto e voce alle nostre istanze; le associazioni di categoria che hanno dispiegato le migliori qualità con il presidio sindacale.
Bisogna lavorare sui sostegni, sugli indennizzi a fondo perduto, sui costi fissi. Ci vogliono progetti di visione per riqualificare il settore anche con lo strumento del tax credit. Politiche governative sul cibo. Investimenti sulla formazione e i requisiti professionali. “
Giancarlo Giorgetti, Ministro per lo Sviluppo economico:
«È un bollettino di guerra»
“L’interlocuzione con le categorie e le associazioni è fondamentale, tanto più in un periodo come questo. L’esasperazione era difficilmente mediabile nei confronti della politica. E’ assolutamente utile oggi evidenziare il bollettino di guerra in questo settore, il più esposto alla pandemia. Tante imprese cadute e molte ferite e da mettere in condizione di tornare a regime.
Il piccolo imprenditore al centro: penso a colui che mette in gioco la propria persona con n’attività e si misura tutti i giorni sulla capacità di stare sul mercato. Li ho definiti gli eroi moderni, perché questa occasione ha ancora di più messo in evidenza la diversità che esiste tra chi lavora nei settori protetti e chi no. Questo non dobbiamo dimenticarcelo: in particolare nella realtà italiana, dobbiamo continuamente sforzarci di rimettere l’imprenditoria al centro e cercare di far capire che è questa a far crescere la società e che crea ricchezza, diffondendola anche verso altri settori.
Cosa è successo quest’anno? L’erario e la burocrazia quest’anno non sono il numero uno, ma è la pandemia, che ha colpito la prima linea di trincea che è quella dei pubblici esercizi. Le risposte che il Governo nel corso del tempo ha dato, sono frutto inizialmente di una comprensibile difficoltà di interpretare il fenomeno. E’ stato complicato creare un sistema di regole a tratti incomprensibile. Le misure poi si sono sovrapposte, in un clima di confusione: voi avete puntualmente richiamato la girandola di colori che hanno contraddistinto l’operatività di molti settori.
Il Governo ha cercato di dare un quadro fatto il più possibile di certezze per l’attività imprenditoriale. Non poteva esser più consentito dire “apriamo” e il giorno dopo “chiudete”. Il criterio che ha ispirato le decisioni ai tavoli. Il risultato è una sintesi di posizioni diverse.
Penalizzante questo discorso resta per alcuni dei settori qui rappresentati: il caso più eclatante è quello delle sale da ballo e delle discoteche, per cui ancora non c’è una data di riapertura.
Per quanto riguarda i sostegni, si percorrerà la strada della tempestività con una via che tenterà di coprire anche quelli definiti come “esodati”: non è possibile rimanere solo legati alla riduzioni del fatturato del 30%. Ci sarà anche un fondo dedicato a coloro che anche questo Decreto tiene chiusi: per cercare puntualmente di verificare e comunicare i soggetti come le sale da ballo o quelle da gioco, che non hanno la possibilità di fatturare da mesi, per intervenire con una sorta di forfait.
Oltre a queste misure di cure delle ferite, bisognerà poi immaginare come questo settore potrebbe esser accompagnato nel post pandemia. Prima di tutto il pubblico esercizio è qualcosa che ha una dimensione economica ma anche sociale: il nostro Paese non può esistere senza i luoghi di aggregazione. Una seconda riflessione riguarda il fatto che la ristorazione è un’eccellenza italiana che è attraente per i turisti. E’ uno dei principali driver delle decisioni per arrivare in Italia.”
La campagna social #ilsolito
Raluca Vlad, direttore marketing di Coca-Cola Italia: “Il bar e il ristorante hanno un ruolo significativo nella società italiana. L’horeca per noi è un canale importante come azienda e anche per l’Italia. Abbiamo deciso di fare squadra con lo scoppio della pandemia. Abbiamo lavorato con i clienti su tutta la filiera, abbiamo investito circa 2,5 milioni di euro in materiali e servizi per il dehors e sostenere l’impresa. “Il solito” è oggi per noi un invito per riapprezzare le piccole abitudini quotidiane: colazione al bar, pranzo e speriamo presto a cena nei ristoranti. Dobbiamo fare squadra e siamo orgogliosi di esser qui anche con altre aziende che sono anche competitors: noi scegliamo di sostenere una filiera.”
Corrado Bianchi, Amministratore Delegato Perfetti Van Melle: “Essere vicini ai nostri clienti. Sostenendoli da un punto di vista finanziario, dando modo al consumatore di vivere la pandemia attraverso i maggiori brand come Vivident e Golia. Vogliamo ripartire dalla socialità, per riprendere il nostro modo di vivere fuori dalle case. Stare insieme in un bar fa parte dell’esser italiani.”
Stefano Marini, amministratore delegato di San Pellegrino: “Il momento critico dell’horeca sia testimoniato dal fatto che sia riuscito a metter insieme aziende competitors: la causa è davvero decisiva. L’altro elemento da sottolineare è il fatto che noi spesso evidenziamo l’impatto economico che ha avuto la pandemia, ma sottovalutiamo il valore intangibile che è l’impatto di reputazione sulla filiera agroalimentare e della socialità italiana nel futuro. Dobbiamo evitare che il turista non pensi più a noi per i suo viaggi.
Il successo di San Pellegrino è la ristorazione da New York all’Asia. Con il primo lockdown abbiamo reagito con sostegni economici e creando una campagna di comunicazione che vuole metter luce sulle persone dell’horeca. Il progetto de ilsolito è un ulteriore compimento della strategia del brand. Siamo pronti per uscire. La voglia del consumatore c’è.”
I partner di Bain & Company Sergio Iardella e Duilio Matrullo e l’Associate Partner Aaron Gennara Zatelli: “La voglia di tornare fuori è tanta, per esempio in Australia, con la vaccinazione in corso i livelli sono tornati a livello del 3%. Crediamo che nulla sarà come prima. Ci sono tanti effetti che resteranno: il lavoro da casa continuerà, i viaggi cambieranno. Le persone si spostano dal centro città alle periferie: anche se a livello macro si potrà tornare come prima, nel micro ci saranno differenze.
Dopo la crisi del 2008 abbiamo visto che chi ha saputo innovarsi, è durato nel tempo. Il settore ha bisogno quindi di un aiuto molto concreto. La possibilità di defiscalizzare gli investimenti, dare fiducia ai lavoratori provando a defiscalizzare anche il lavoro dipendente.”
Dopo il Rapporto ristorazione 2020, il video di 15 secondi: macchiato caldo ma non troppo
Laura Corbetta, Ceo Yam112003: “Oggi c’è la voglia di tornare a una nuova normalità che ha bisogno di esser incoraggiata: abbiamo raccontato la relazione speciale tra esercente e cliente. #Ilsolito è uno scambio di felicità e rappresenta la definizione di un momento in cui le abitudini diventano quelle che ci sono più mancate. Un invito a riappropriarsi dei luoghi di socialità: i protagonisti sono i bar, le piazze, le trattorie, i ristoratori, i baristi.
La comunicazione può esser una grande leva strategica per il settore.”