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Rapporto Istat Competitività: Cna sollecita misure urgenti per le Pmi

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MILANO – È uscito lunedì 25 marzo il settimo Rapporto Istat competitività, che rivela segnali di incertezza crescente. Prevale ancora la quota di imprese che nel corso del 2018 hanno aumentato il proprio fatturato, il capitale fisico e gli occupati a elevata qualifica professionale. Ma la percentuale di chi segnala riduzioni di fatturato è in crescita rispetto al 2017, si legge nel rapporto.

Nel 2018 il fatturato manifatturiero è cresciuto del 3,2%, in decelerazione rispetto al 2017 (+5%).

Ma c’è un dato che risalta evidente:  la produttività del lavoro, tra il 2000 e il 2016, è aumentata in Italia solo dello 0,4%. In Francia, Regno Unito e Spagna la crescita è stata di oltre il 15%, in Germania del 18,3%.

Chiara Montefrancesco – Vicepresidente nazionale Cna e Vicepresidente Osservatorio Economia e Finanza – ha diffuso una nota a commento delle conclusioni del Rapporto, che riproduciamo di seguito.

“Ancora una scossa forte. Viene dal Rapporto Istat competitività presentato oggi e dice che bisogna rompere ogni indugio. Crescita, tutela del Made in Italy, competitività e internazionalizzazione devono essere le parole d’ordine di una strategia complessiva mirata alle piccole e medie imprese. Che rappresentano la stragrande maggioranza del sistema produttivo italiano.

Attenzione alla manifattura e rilancio degli investimenti pubblici:

questo CNA ha posto all’attenzione delle forze politiche e di governo.

Se, come spiega proprio l’Istat, l’incertezza è uno dei fattori chiave con cui leggere l’andamento e il dato 2018, è evidente che in questa direzione bisogna agire per contrastare adeguatamente proprio il senso di smarrimento e di incertezza.

Se per bevande, abbigliamento, articoli in pelle e alimentari il fattore trainante è stata solo la domanda estera, allora le indicazioni da trarre sono due: rafforzare la competitività a livello globale, sostenendo la presenza sui mercati che hanno registrato le performances migliori e anche su quelli strategici extra Ue, attraverso strategie mirate di penetrazione e posizionamento; potenziare la domanda interna non con politiche assistenziali ma mirate, capaci di sostenere l’allargamento della base occupazionale e produttiva, spingendo verso l’alto l’una e l’altra.

Le nostre imprese sono piccole, è vero, alcune piccolissime e questo è evidentemente un limite. Per aiutarle a crescere e a rafforzare l’acquisizione di competenze anche manageriali, sono necessarie politiche di filiera e politiche che sostengano la crescita dimensionale, l’aggregazione, la formazione”.

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