“MILANO – Dopo la parziale inversione di tendenza descritta a settembre, i prezzi virano nuovamente in territorio negativo. Secondo il rapporto mensile Ico diffuso nel tardo pomeriggio di ieri, la media dell’indicatore compostoha subito a ottobre una flessione del 2,8% scendendo sotto la soglia dei 150 centesimi per libbra, a 147,12 cents. Si tratta del secondo valore più basso degli ultimi 2 anni dopo quello di giugno di quest’anno.
La flessione è più marcata per gli arabica. I colombiani dolci subiscono un calo del 4,6%. Altri dolci e brasiliani naturali del 3,2%. New York lascia sul campo il 2,8%, mentre Londra è virtualmente piatta sul mese precedente.
L’indicatore è in calo del 24,1% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso e del 30,1% sulla media dell’intero anno solare 2011.
Nuove correzioni al rialzo (+254mila sacchi) per la stima sulla produzione 2011/12. Il dato aggiornato riportato nella tabella riassuntiva del report di questo mese è di 134,527 milioni di sacchi.
Nonostante il ricorrere dell’anno negativo nel ciclo biennale caratteristico del Brasile e a dispetto delle perduranti difficoltà della Colombia, l’annata conclusasi il 30 settembre scorso ha consegnato agli annali il raccolto mondiale più abbondante di sempre, superiore dello 0,8% a quello del 2010/11, a sua volta da record, e del 9,55% a quello del 2009/10.
Le statistiche aggiornate indicano un forte incremento di Asia&Oceania (+12,9%) e Messico & America centrale (+10,4%) cui fanno riscontro i cali di Africa (+8,7%) e sud America (-6,6%).
Colombiani dolci e brasiliani naturali arretrano dell’11,2% e del 10,1% perdendo quote di mercato a favore dei colombiani dolci /+9,5%) e dei robusta (+8,2%).
Guardando ai dati dei singoli paesi spicca innanzitutto il raccolto senza precedenti del Vietnam, che le autorità di Hanoi stimano ora in 24 milioni di sacchi, in crescita del 23,6% sull’anno precedente.
Ai massimi storici anche i raccolti di Honduras (+38,1%) e Perù (+35%), che sfiorano rispettivamente i 6 milioni e i 5 milioni e mezzo di sacchi.
Si incrementa di oltre un milione di sacchi (+94%) la produzione della Costa d’Avorio, sulla quale hanno inciso negativamente negli anni trascorsi i problemi politici interni. A tale ripresa fa riscontro – rimanendo in Africa – il forte calo produttivo dell’Etiopia e l’arretramento dell’Uganda (-12%).
Negativa – sempre tra i produttori maggiori – l’evoluzione dell’Indonesia, che scende a 8,6 milioni di sacchi (-5,6%), contro i 9,1 del 2010/11 e gli 11,3 del 2009/10. Nonostante la consistente flessione, il paese asiatico si è confermato, anche nell’arco dell’annata trascorsa, il terzo produttore mondiale alle spalle del Vietnam e davanti alla Colombia.
In base alle informazioni sin qui pervenute dai paesi membri, l’Ico stima preliminarmente la produzione mondiale 2012/13 nel dato senza precedenti di 146-148 milioni di sacchi.
Non vengono ancora forniti i dati disaggregati per ogni singolo paese. Fatta eccezione per quello, già noto del Brasile. Il cui raccolto raggiunge il livello record di 50,5 milioni di sacchi.
I consumi per l’anno solare 2011 sono stimati in 139 milioni di sacchi. Con previsioni di crescita ulteriore per l’anno in corso.
Si prefigura dunque, per l’annata appena iniziata, una consistente eccedenza produttiva. E i dati forniti dall’Ico appaiono, per una volta, maggiormente in linea con quelli avanzati da vari analisti privati.
Torniamo ai dati sull’export nell’arco dell’annata 2011/12, già anticipati la scorsa settimana. Le esportazioni si attestano a 107,813 milioni di sacchi, con un incremento del 3% circa sull’annata precedente determinato dai forti incrementi negli imbarchi di robusta (+13,2%) e altri dolci (+8%), mentre segnano il passo brasiliani naturali (-8,9% riflettendo la ciclicità negativa) e colombiani dolci (-9,6% per i noti problemi legati al clima e al rinnovo delle colture).
Complessivamente, le esportazioni di arabica segnano una flessione del 2,6% attestandosi poco al di sotto dei 66 milioni di sacchi. Quelle di robusta superano i 41,8 milioni, beneficiando degli eccezionali risultati del Vietnam (+39,3%), del forte balzo in avanti dell’Indonesia (+19,5%) e del recupero della Costa d’Avorio (+73,6%).
Il focus statistico si concentra questo mese sull’andamento dell’export dal 2010 a oggi. Le cifre evidenziano il forte ridimensionamento subito, nell’arco di tale periodo, dall’Africa, cui fa riscontro una sostanziale tenuta di Messico & America centrale, un cospicuo incremento del sud America e, soprattutto, il forte progresso di Asia & Oceania.
Ma andiamo con ordine
L’Africa è l’unico continente in declino, con un export passato dai quasi 14 milioni del 2000/01 ai 10,5 attuali. La sua quota sul totale mondiale è scesa dal 15,5% a inizio millennio a meno del 10% nell’annata trascorsa.
Etiopia e Uganda costituiscono oggi oltre la metà delle esportazioni. La Costa d’Avorio, seppur in ripresa, rimane lontana dai volumi dei tardi anni novanta-primi anni duemila.
Il 2011/12 – sottolinea il report – è stato un anno record per Asia & Oceania, con l’export di Vietnam e Indonesia che ha raggiunto livelli senza precedenti. L’India è in lieve flessione, ma le sue esportazioni rimangono attestate a livelli storicamente elevati.
In virtù di tali risultati, questa area geografica conta oggi per il 35,25% delle esportazioni mondiali, contro il 28,92% del 2000/01.
Massimi storici anche per Messico & America del Nord grazie alla performance dell’Honduras (5,5 milioni di sacchi esportati) e ai risultati positivi di Costa Rica, Guatemala, Messico e Nicaragua.
Scende tuttavia la quota dell’export detenuta da questa regione geografica. Dalla quale è arrivato lo scorso anno il 15,64% delle esportazioni mondiali, contro il 17,84% di 11 anni fa.
L’export del Sud America ha risentito nell’annata appena conclusa della ciclicità negativa del Brasile e dei problemi della Colombia, solo in parte compensati dalle eccezionali annate del Perù e dell’Ecuador.
Nonostante tutto, quest’area ha fornito il 39,33% delle esportazioni mondiali nel 2011/12 (46% nel 2010/11).
Il report avverte che le cifre suddette non sono chiaramente comprensive dei volumi riconducibili alle esportazioni “informali” . Ad esempio tra alcuni paesi del centro America o tra Laos e Vietnam), che sfuggono alle statistiche ufficiali.
Concludiamo con un breve aggiornamento relativo alla Colombia. Il responsabile tecnico della federazione nazionale dei produttori di caffè (Fedecafé) Ricardo Villaveces sostiene che la base produttiva si presenta quest’anno molto più solida rispetto al passato recente e condivide le previsioni del direttore esecutivo della federazione Luis Genaro Muñoz, secondo il quale la produzione risalirà a 8,5 milioni di sacchi a fine 2012 per riattestarsi stabilmente al di sopra dei 10-11 milioni di sacchi a partire dal biennio 2013-2014.
Valutazioni pessimistiche
Molto più pessimistiche le valutazioni del direttore esecutivo dell’associazione degli esportatori (Asoexport) Carlos Ignacio Rojas. In un’intervista concessa a margine di un evento di settore; svoltosi la settimana scorsa a Cartegena; Rojas ha dichiarato: “Gli obiettivi delineati dal Fedecafé non sono scontati. In ragione del calo dei prezzi e della forte rivalutazione della moneta brasiliana sul dollaro. Che hanno ridotto fortemente i margini dei produttori e potrebbero indurli a tagliare drasticamente sugli investimenti in input produttivi. In particolar modo fertilizzanti. Compromettendo così le stesse ricadute positive derivanti dall’entrata in produzione delle piantagioni rinnovate tra il 2007 e il 2009.
I dati di Fedecafé relativi al mese di ottobre sono attesi nei prossimi giorni.
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