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Ico Marzo 2013: stabili i prezzi del caffè con l’indicatore composto invariato  

Sempre più preoccupante il bilancio dell’emergenza roya in America centrale A rischio oltre mezzo milione di ettari, con gravi conseguenze per le economie dei paesi colpiti 

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MILANO – Prezzi stabili a marzo, con l’indicatore composto virtualmente invariato sul mese precedente e l’arbitraggio arabica/robusta che si restringe ulteriormente toccando i minimi da marzo 2009. Dopo la forte caduta registrata nell’arco dell’intero 2012, si osserva, da alcuni mesi a questa parte, un qualche consolidamento. Così, in apertura, il report mensile Ico diffuso ieri pomeriggio dalla sede londinese dell’organizzazione.

Prezzi stabili: i dettagli del report

In primo piano nel documento gli aggiornamenti sull’emergenza roya in America centrale, con i dati più recenti forniti dai paesi membri e dalle organizzazioni regionali. Il primo bilancio così tracciato è decisamente sconfortante. Il punto Oltre 555mila ettari infestati su un totale di poco più di un milione. Quasi 450mila posti di lavoro a rischio, con una perdita stimata sin d’ora in 2,264 milioni di sacchi corrispondente a mancati introiti per circa 550 milioni di dollari.

Questa la valutazione preliminare dei danni arrecati quest’anno dall’epidemia di ruggine del caffè scoppiata in America centrale secondo Promecafé, l’organismo regionale costituito dalle autorità di 7 paesi dell’area (Costa Rica, El Salvador, Giamaica, Guatemala, Honduras, Panama, Repubblica Dominicana), nonché da due prestigiosi istituti di ricerca (il francese Cirad e il costaricano Catie). E le conseguenze per il 2013/14 si preannunciano ancora più gravi, con un impatto potenzialmente devastante sul tessuto socio-economico e la vita rurale di queste nazioni.

L’attuale epidemia è da considerarsi una delle peggiori di sempre

Come è possibile vedere nella tabella 1 del report, che riproduciamo qui sotto per comodità, la malattia ha colpito il 53% dell’ettaraggio complessivo dell’area in esame. Tre paesi hanno già dichiarato lo stato di emergenza fitosanitaria. Il primo in ordine di tempo (già a gennaio) è stato la Costa Rica, dove l’epidemia si è estesa al 64% delle superfici coltivate a caffè. Le perdite di raccolto sono stimate per quest’anno in 74mila sacchi da 60 kg (su una produzione di circa 1,6 milioni di sacchi), ma potrebbero più che triplicare nel 2013/14 attestandosi a 190-230mila sacchi. Il governo ha sottoposto al parlamento un piano di assistenza ai produttori da 40 milioni di dollari. Il Guatemala dichiarato l’emergenza in febbraio, a fronte di una situazione gravissima. Le stime iniziali parlano di 190mila ettari (pari al 69,4% delle superficie coltivate) colpiti dalla piaga, che potrebbe arrecare perdite al comparto per 537mila sacchi su un raccolto di 3,5 milioni di sacchi.

Misure speciali sono state introdotte anche in Honduras dove l’infezione è estesa al 25% delle superfici coltivate e rischia di far perdere, fin da quest’anno, sino a 843mila sacchi su una produzione stimata inizialmente in 5,4 milioni di sacchi. Fattori concomitanti Data la gravità della situazione – si legge nel report – ci si è chiesti se la virulenza del fenomeno fitopatologico sia da attribuire a una qualche mutazione nel ceppo del fungo della ruggine, che lo avrebbe reso più aggressivo e resistente ai trattamenti. Un interrogativo simile si è posto a suo tempo anche in Colombia, dove un analogo proliferare della malattia (la roya ha infestato a inizio decennio sino al 50% delle piantagioni colombiane) ha contribuito a far piombare il settore nella più grave crisi produttiva degli ultimi decenni. Approfondite analisi svolte dal Centro di ricerca sulla ruggine del caffè (Centro de Investigação das Ferrugens do Cafeeiro) – istituzione operante dal 1956 presso l’Instituto de Investigação Científica Tropical (Cifc) di Lisbona – hanno escluso tale ipotesi dimostrando come l’estensione e l’impatto dell’epidemia siano dipesi invece dal ricorrere concomitante di particolari condizioni agronomiche e ambientali. In particolare, gli elevati livelli delle precipitazioni, la minor insolazione dovuta alla copertura nuvolosa e il ridursi delle escursioni giornaliere di temperatura uniti alle conseguenze del minor uso di fertilizzanti (a causa degli alti costi) e alla diminuita capacità di assorbimento dell’acqua da parte del suolo.

È probabile – afferma ancora il report – che lo scenario che ci troviamo ad affrontare attualmente in America centrale sia simile a quello sopra descritto

Non siamo in grado di stabilire se le anomalie climatiche siano connesse, in qualche modo, a un fenomeno di riscaldamento globale indotto dalle attività umane. “È invece innegabile che l’effetto cumulativo di cambiamenti incrementali può portare al superamento di soglie critiche oltre le quali le conseguenze si fanno molto più gravi”. Per fronteggiare la situazione, i ministri dell’agricoltura dei paesi centro americani hanno approvato a marzo un Piano di azione regionale proposto da Promecafé, che prevede una gamma di misure a breve, medio e lungo termine, da attuarsi in concorso e collaborazione con vari organismi internazionali. L’Ico ha espresso il suo appoggio agli sforzi in atto con l’approvazione delle Risoluzione 451 avvenuta durante il più recente Consiglio internazionale del caffè. Nonostante le preoccupanti notizie provenienti dall’area latinoamericana, l’Ico mantiene sostanzialmente invariata la sua previsione sulla produzione mondiale per l’annata in corso stimata in 144,6 milioni di sacchi, pari al 6,4% in più rispetto al 2011/12.

“I danni causati dalla ruggine del caffè in America centrale – si legge ancora nel rapporto – sono stati compensati dall’aumentata produzione in altri paesi, quali il Brasile, l’Indonesia e l’Etiopia”. Anche questo mese, il report non dettaglia la previsione con i dati per i singoli paesi. Consumi in crescita I consumi continuano intanto a crescere a ritmo sostenuto e hanno raggiunto, a fine 2012, quota 142 milioni di sacchi, contro i 139 milioni del 2011, i 136,9 del 2010 e i 132,3 del 2009. Complessivamente, il tasso di crescita medio degli ultimi 4 anni solari è stato del 2,4%. Il contributo più consistente continua ad arrivare dai mercati emergenti e dai paesi produttori, a fronte di una crescita modesta (+0,5%) nei paesi consumatori tradizionali, che hanno risentito sia della maturità dei consumi che delle conseguenze della crisi economica.

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