domenica 22 Dicembre 2024
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Prunella Meschini sul nuovo C.V.A. di SCA: “Soltanto con i numeri, non si era sicuri di una selezione oggettiva della qualità della materia prima”

La torrefattrice: "In queste due giornate di presentazione ho trovato una spiegazione abbastanza convincente, quindi parte del mio scetticismo iniziale si sta ridimensionando. Ovviamente parto dal presupposto che se professionisti del calibro di chi è a capo della SCA sono arrivati a queste conclusioni, le ragioni e gli studi a supporto di un cambiamento così grande saranno conseguentemente solidi"

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MILANO – Prunella Meschini ha voluto informarsi, recandosi di persona all’incontro tenutosi presso il Campus Simonelli Group. Due giornate aperte con l’obiettivo di fornire chiarimenti sul Coffee Value Assessment (C.V.A.) introdotto da SCA.

Meschini ha condiviso il suo pensiero e la sua esperienza rispetto a questi cambiamenti:

“Per trovare risposta ai dubbi che avevo in merito, ho voluto seguire, insieme ad uno dei nostri collaboratori, entrambe le giornate di formazione organizzate nella sede di Simonelli Group.

Faccio una dovuta premessa: è vero che il cambiamento è sempre qualcosa che spaventa l’essere umano che tende quindi, per spirito di sopravvivenza, a resistervi…pertanto questi sono stati due giorni vissuti con titubanza, perché si tratta di lasciare un sistema che è stato in vigore sino ad oggi da diversi anni e che ora viene rivoluzionato.

La SCA cupping form ed il Green Grading form utilizzati finora rappresentano lo schema su cui ci siamo basati innanzitutto per poter contare su un linguaggio comune con i paesi d’origine.

La cosa che mi ha stupito in positivo è aver potuto scoprire gli studi che la SCA ha svolto al fine di sviluppare il Coffee Value Assessment, secondo cui è stato dimostrato che abbiamo sempre definito come tendenzialmente oggettivi dei parametri che spesso non lo sono così tanto.

Però c’è da dire anche che, finora, poter contare su una definizione canonica di specialty e quindi affidarsi alla soglia psicologica degli “oggettivi” 80 punti, ci ha dato un po’ di sicurezza, e tutto ciò verrà meno con questo protocollo.

Sono tornata a casa con ancora qualche dubbio e il principale è: il Coffee Value Assessment sarà adottato anche dal Coffee Quality Institute (CQI), che è uno degli enti che si occupa oggi della formazione degli assaggiatori a livello internazionale?

La risposta che ho ricevuto non ha del tutto chiarito la questione: il CQI, in quanto ente differente dalla SCA, deciderà in autonomia se applicare o meno questo nuovo sistema di valutazione.

Ed ecco l’altro dubbio: passare da una situazione in cui più o meno si riusciva a definire lo specialty in base ad un punteggio, ad una sua abolizione, che effetti avrà?

La SCA ha visto attraverso diverse analisi che, fino ad oggi, si è dato valore a qualsiasi caffè quasi esclusivamente basandosi sul punteggio, escludendo ufficialmente (ma non sempre ufficiosamente) alcuni fattori che in alcuni mercati hanno una grande rilevanza come le certificazioni, la tracciabilità.

La mia sensazione è che questo sistema sia stato creato per mettere in luce tutti i punti che possono contribuire, quasi a mo’ di concerto, ad identificare la qualità della materia prima.

Avvalendosi dei soli numeri, fin qui non si era sicuri che comunque fosse una selezione oggettiva.

E allora si è cambiato il paradigma alla base, lasciando inalterato il fine ultimo che è quello di creare quanto più valore possibile all’interno di tutta la filiera del caffè.

Il caffè d’ora in poi verrà valutato non solo in modo oggettivo (Descriptive Form) ma anche in modo soggettivo (Affective Form), tenendo a mente quale potrebbe essere la sua potenziale funzione (es: questo caffè che sto assaggiando adesso, potrebbe soddisfare il mio bisogno di lanciare sul mercato un caffè filtro?).

Così in assaggio mi darò come obiettivo innanzitutto la mia preferenza rispetto ad una potenziale destinazione del caffè che sto assaggiando, conscia del fatto che questa potrà variare in funzione delle culture a cui si appartiene.

Un altro punto su cui si potrebbe far luce è legato ai sondaggi: il bacino a cui ci si è rivolti per compilarli, è composto dai soli soci SCA o è stato aperto a persone al di fuori dell’associazione?

Non si sa anche se si pensa che la maggior parte dei destinatari siano soci SCA. La SCA ha inviato il sondaggio a diverse categorie che rappresentano i vari profili della filiera, ma non è in grado di individuare quanti di questi interlocutori sono soci SCA.

SCA mi rassicura dicendo che, per poter essere autorizzati a rispondere al questionario, si doveva obbligatoriamente essere degli utilizzatori reali e assidui della SCA Cupping Form utilizzata fino ad oggi.

Mi è piaciuto molto che, nel C.V.A., sarà possibile descrivere i caffè avvalendosi di 9, semplici, macro-categorie e 5 sapori (tastes). Personalmente credo che questa semplificazione potrebbe portare ad una valutazione più veloce ed intuitiva dei vari caffè.

Inoltre nel C.V.A Descriptive ed Affective ci sarà uno spazio bianco più ampio rispetto alla precedente versione della Cupping form così da poter arricchire le proprie valutazioni.

Con questo nuovo sistema sarà importante imparare ad utilizzare la Descriptive form come strumento di allineamento tra gli assaggiatori appartenenti ad una stessa azienda, cosicché si calibrino in merito al profilo organolettico dei prodotti venduti dall’azienda stessa.

In fin dei conti, se si sarà in grado di spiegare bene le caratteristiche che si preferiscono a livello gustativo ad un qualsiasi produttore di caffè, che presumibilmente avrà gusti diversi dai nostri, forse sarà più facile comunicare rispetto a quando ci si basava solo su un punteggio, ad esempio di 83, che però non significava molto in termini di risultati organolettici in tazza.

Dall’altra parte il C.V.A. potrebbe diventare un’arma a doppio taglio, in quanto sdoganerebbe il consumo di caffè a prescindere dall’effettiva qualità: se a me piace il caffè quasi bruciato, come faccio a convincere l’italiano medio che quello non è buono, che il caffè che sta bevendo non è un caffè di qualità?

La SCA ha rivisto la definizione di specialty: per la SCA diventa “specialty coffee is a coffee or coffee experience that is recognized for its distinctive attributes, resulting in a higher value within the marketplace”.

Si parla di coffee experience che è una concezione molto più ampia rispetto al singolo prodotto caffè e sicuramente dai confini meno definiti.

E anche per i produttori l’abolizione del punteggio (inteso come dato oggettivo) potrebbe essere problematico: ma SCA ha riferito che i produttori ai quali è stato presentato il nuovo C. V. A., si sono mostrati esaltatissimi.

Questo perché oggi, nella grande maggioranza dei casi, è pia l’illusione che i coltivatori vengano pagati di più se al loro caffè associano un punteggio maggiore rispetto a quello associato dall’importatore.

Quindi ad oggi una risposta vera e propria sulle possibili ripercussioni del Coffee Value Assessment, ancora, non c’è, perché è troppo presto. Forse è prematuro fare un bilancio già adesso.

Speriamo che il C.V.A non crei ulteriori problemi sul piano della formazione: alle giornate nel Campus di Simonelli Group non erano in molti presenti per informarsi tra i tanti AST italiani. Mi sarei aspettata una maggiore partecipazione.

Per concludere, in queste due giornate di presentazione ho trovato una spiegazione abbastanza convincente, quindi parte del mio scetticismo iniziale si sta ridimensionando. Ovviamente parto dal presupposto che se professionisti del calibro di chi è a capo della SCA sono arrivati a queste conclusioni, le ragioni e gli studi a supporto di un cambiamento così grande saranno conseguentemente solidi.

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