MILANO – Il mondo del caffè nasconde dentro di sé tanto potenziale, a partire proprio dal punto di vista occupazionale: essendo una bevanda complessa almeno quanto lo è il vino, esistono diverse figure che sono necessarie per comprenderla, comunicarla, selezionarla e valorizzarla. Ovviamente, tutti questi professionisti del caffè non possono esser improvvisati, ma sono frutto di anni di investimenti in formazione con trainer specializzati. E, altrettanto scontato dovrebbe essere il fatto che, questo livello di preparazione, va pagato adeguatamente.
Insomma la questione resta sempre la stessa: si vuole dare un senso all’aumento del prezzo della tazzina, servendo anche una proposta qualitativamente congrua al costo? Allora la risposta sta nel personale qualificato (e ben retribuito): che si chiamino coffee sommelier, coffelier o coffeexperts, la sostanza non cambia. A questo proposito, riproponiamo l’articolo di Dario Bragaglia su repubblica.it, che sottolinea l’importanza di chi trasforma la materia prima sino al risultato finale in tazza, per poter bere finalmente un espresso degno del riconoscimento Unesco.
Professionisti del caffè: chi sono, a cosa servono
È finita l’epoca dei barman ed è iniziata quella dei coffee sommelier? Potrebbe essere una nuova tendenza, stando al numero di scuole o centri di formazione dedicati al caffè attivi in Italia: più di un centinaio, ma forse sono molti di più, secondo una ricerca del Centro studi assaggiatori di Brescia. Certo, non tutti offrono lo stesso livello di qualità formativa, ma sono il segnale che – facendo la tara con le difficoltà del momento legate alla pandemia – c’è un’attenzione del mercato del lavoro per una nuova figura professionale.
Nella Factory 1895 di Lavazza, la parte dello stabilimento di Settimo Torinese progettata da Ralph Appelbaum Associates dedicata alla ricerca e agli specialty coffee, sono proprio i coffelier (contrazione di coffee sommelier) ad accogliere il consumatore che desidera conoscere qualcosa di più sul caffè (le visite si effettuano solo durante i giorni di tostatura e durano circa un’ora e mezza, costo 39 euro). E a fornirgli informazioni e strumenti per poter comprendere tutto il ciclo produttivo, dai Paesi di origine alla coltivazione fino alla degustazione in tazza.
Stefania Zecchi è una delle coffelier che guida gli ospiti durante le visite alla Factory 1895:
“Raccontiamo cosa sta dietro un caffè di eccellenza, il nostro approccio artigianale alla produzione pur con macchinari di alta tecnologia e la complessità e il fascino di questo mondo, cosa di cui non è ancora consapevole il consumatore medio quando ordina un caffè al bar”. Le miscele, i monorigini, il microlotto che compongono la Collezione 1895 sono una parte infinitesimale dell’intera produzione Lavazza e ai coffelier sta il compito di comunicare come le aree di provenienza, i metodi di tostatura, le tecniche di estrazione siano importanti per arrivare ad un prodotto di qualità; e quanto diversi possano essere fra di loro i caffè, ciascuno adatto a un momento particolare della giornata.
“Sì, c’è un’attenzione del mercato del lavoro alla figura professionale del coffee expert o coffee sommelier – conferma Fabio Verona, responsabile della formazione di Costadoro e uno dei divulgatori più conosciuti della coffee industry italiana. “All’estero le catene di caffetterie si affidano a questi professionisti che conoscono bene tutta la filiera e la materia prima per formare e sovrintendere ai baristi che operano al banco. Un po’ come succede in cucina per lo chef, il coffee sommelier o coffee chef non è quello che prepara materialmente la tazzina ma controlla e consiglia affinché tutto si svolga al meglio”. Verona, che ha da poco pubblicato per Tecniche Nuove il manuale Professione Barista – Manuale pratico per l’espresso perfetto e in questi giorni sta lanciando il rimo Campionato di macinatura, sottolinea che “la professione è fatta di tanti aspetti e questo è uno dei passaggi più dedicati e non mi stancherò mai di ripetere che bisogna studiare e formarsi”.
Più professionisti del caffè dietro il bancone e dintorni vuol dire anche provare ad aumentare i prezzi, o almeno diversificarli in base alla tipologia di prodotto
Un aumento non legato solo a motivi contingenti come l’impennata del costo dell’energia e delle materie prime, temi di attualità in questi giorni. Molte voci concordano sul fatto che la tazzina ad un euro dà pochi margini di guadagno ai bar, soprattutto a chi acquista la miscela e non ha la possibilità di torrefare in proprio, cioè la stragrande maggioranza degli esercizi. Ed è, mediamente, la fotografia di caffè non buoni e fatti male. “L’aumento generalizzato della tazzina di qualche decina di centesimi di euro non risolverebbe il problema – spiega Fabio Verona – sposterebbe solo più in alto l’asticella per tutti, senza permettere di valorizzare la qualità”.
Ma i clienti sono disposti a pagare qualcosa di più del fatidico euro, centesimo più centesimo meno a seconda delle regioni, per gustare un prodotto migliore?
Alla Factory 1895 ci credono e fra le attività dei coffelier c’è anche quella di seguire i locali che hanno deciso di sposare la filosofia degli specialty coffee, come le pasticcerie di Iginio Massari, la Farmacia e il Ristorante del Cambio a Torino, Casa Manfredi a Roma, Cucine Nervi a Gattinara.
Il periodo di pandemia, rallentando i ritmi, ha avuto almeno il merito di permettere al settore di guardarsi dentro. “Il barista che non conosce il caffè, la sua origine le sue proprietà gustative, difficilmente avrà la possibilità di venderlo più caro, perché non è in grado di raccontarlo in tutte le sue sfumature e farlo apprezzare” spiega Giulio Panciatici, uno dei fondatori di Orso, la caffetteria che nel quartiere di San Salvario a Torino, quasi dieci anni fa, è stata fra le prime a far conoscere gli specialty coffee e i diversi tipi di estrazione rispetto al classico espresso.
Terminata l’esperienza con Orso, ora Panciatici, che è stato miglior barman d’Italia nel 2016, fa il consulente e può a tutti gli effetti definirsi un coffee designer. Un’altra delle specializzazioni all’interno della filiera caffè, perché i designer sono coloro che hanno il compito di comporre il blend dalle varie partite, creando l’equilibrio desiderato fra gusto, aroma e corpo.
Professionisti del caffè: di fronte a un’offerta formativa molto varia, le strade che portano a diventare coffee sommelier – che non è un titolo canonizzato – possono essere diverse
Molti di quelli che oggi sono riconosciuti come coffee expert e sono diventati a loro volta dei formatori hanno seguito i percorsi didattici della Sca (Specialty coffee Association). È una delle più autorevoli associazioni a livello internazionale che rilascia attestati riconosciuti in tutto il mondo. A riprova che l’universo caffè è qualcosa di molto complesso, le aree di formazione sono ben sei: Coffee introduction, Green coffee, Sensory, Roasting, Barista e Brewing, Sensory Skills ciascuna articolata in diversi livelli, fino a quello per i professionisti. Solo dopo aver terminato l’iter formativo ci si potrà vantare del titolo di coffee expert.