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venerdì 22 Novembre 2024
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Produzione di caffè, come i cambiamenti climatici ridurranno le terre coltivabili

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MILANO — Dal primo Forum mondiale dei Paesi produttori di caffè fu lanciato un allarme, solo parzialmente ascoltato. All’epoca, infatti, si cercò di focalizzare l’attenzione sul fatto che i cambiamenti climatici in corso nel nostro Pianeta sarebbero in grado di dimezzare le terre coltivabili a caffè entro il 2050. A causa (e non solo) dell’innalzamento delle temperature.

Certo, questo non porterà nell’immediato a una penuria di caffè negli scaffali dei supermercati o nei siti specializzati. Né cambierà a breve le nostre abitudini di consumo.

Ma al 2050 manca appena una trentina d’anni. Ed è opportuno dunque prepararsi sin d’ora a fronteggiare eventi meteorologici estremi sempre più frequenti; come ondate di caldo straordinarie e prolungate, alternate ad alluvioni e fenomeni, in grado di impattare negativamente su realtà extra urbane e urbane.

Cambiamenti climatici: l’attenzione ancora insufficiente

Purtroppo, almeno per il momento, sembra che l’invito emerso dal Forum non abbia ancora prodotto la giusta attenzione.

Oltretutto, il caffè è tra le materie prime che potrebbero risentire maggiormente dei cambiamenti climatici. Vista la fragilità degli ecosistemi in cui è diffuso e la sua vulnerabilità all’alea climatica (soprattutto nel caso degli arabica).

Non tutti i paesi procedono però con la stessa determinazione sul piano del contenimento dell’impatto climatico.

Si può e si deve fare di più. In primis per quanto riguarda l’impegno politico. Mentre assistiamo al deterioramento delle condizioni climatiche, il consumo di caffè continua peraltro ad aumentare.

Gli ultimi dati Ico stimano infatti la produzione mondiale per le annate 2016/17 e 2017/18 di poco superiore ai consumi.

Il tutto a fronte di consistenti deficit di offerta registrati nelle due annate immediatamente precedenti. In soli 4 anni, i consumi mondiali sono passati da poco più di 151,7 milioni a quasi 159 milioni di sacchi.

In un contesto internazionale di contenimento delle terre coltivabili (e dunque di produzione), già nei prossimi anni non sarà dunque facile incrementare la produzione tenendola al passo con la domanda.

Anche perché l’evoluzione climatica si fa sempre più imprevedibile e aleatoria.

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