FIRENZE – La questione dell’aumento del prezzo della tazzina, assieme ad altri prodotti serviti nei bar, ha preoccupato e non poco i consumatori appena usciti dalla fase di lockdown. Una reazione che è stata raccolta e condivisa da Codacons e che ha dato vita a un vero e proprio dibattito tra utenti e operatori: questi ultimi, rappresentati dall’Istituto Espresso Italiano, non solo rivendicano questa decisione, ma affermano che fosse necessaria ancora prima della pandemia. Su questa linea si è espresso anche il direttore della Confcommercio Firenze, Franco Marinoni.
Prezzo del caffè aumentato: misura necessaria e giusta
Franco Marinoni, direttore della Confcommercio Firenze: “I bar che hanno ripreso l’attività, con approccio direi quasi “eroico” e spirito di servizio per la collettività più che ricerca di un business che non c’è ancora e corriamo il rischio non ci sia per chissà quanto tempo, devono tenere aperte le loro attività con costi maggiori di prima e incassi decimati. Per quanto tempo riusciranno ad offrire un servizio straordinario come il loro per un euro o poco più a tazzina?”.
E veniamo al prezzo del caffè
“Dal dopoguerra in poi – spiega Marinoni – è sempre andato di pari passo, fino a pochi anni fa, con quello, per esempio, dei quotidiani. Che oggi costano 1,60. Forse ci vuole un ripensamento di tutta questa impostazione o il meccanismo rischia di saltare. Ognuno è libero di praticare le politiche dei prezzi che crede, ma io un buon caffè non mi scandalizzo di pagarlo 1,50 euro o anche più. E ognuno è libero di scegliere il prodotto in base alla sua qualità, il servizio, la location, i propri gusti. Forse serve più comprensione per le dinamiche aziendali e i loro equilibri, piuttosto che denunce sensazionalistiche”.
A preoccupare la categoria è la sproporzione tra costi di gestione ed incassi
Come ha evidenziato il presidente di Confcommercio Firenze, Aldo Cursano, ospite stamani a Mi Manda Rai Tre “I costi di gestione sono oggi gravati dalla necessità di mettere a disposizione del personale e dei clienti i dispositivi di protezione individuale, ma poi è stato necessario rifare i menù e mettere mano all’organizzazione delle attività, di contro gli incassi sono crollati.
Guardiamo al contesto e non alla singola attività. Parliamo di attività fragili – ha concluso Cursano – che non hanno capitali fermi ma si basano sul lavoro quotidiano, per questo rischiano facilmente di finire in mano alla criminalità che ha già iniziato lo shopping”.