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giovedì 21 Novembre 2024
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Dopo la denuncia dell’Altoga il presidente della Fipe Lino Stoppani assicura: “Il prezzo della tazzina non si tocca, per ora”

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MILANO – Ieri abbiamo diffuso l’allarme dei torrefattori lombardi. Come sa bene la maggioranza di chi ci legge chi trasforma il caffè verde è già in allarme. E, secondo i torrefattori, il rincaro che si sta abbattendo da mesi sul verde per via dell’andamento dei contratti future di New York e Londra rischia di far aumentare i prezzi delle miscele, con la possibile conseguenza di un incremento anche del prezzo della tazzina.

Ma ieri dal maggiore sindacato degli esercizi pubblici è arrivata l’assicurazione che da settimane circolava a livello locale e che abbiamo più volte riferito: nessun rincaro per la tazzina di espresso al bar.

Ieri Remo Ottolina, presidente di Altoga, Associazione lombarda dei torrefattori e degli importatori di caffè aveva affermato che «negli ultimi sei mesi il prezzo medio del caffè all’origine ha avuto un aumento del 42% a causa del massiccio intervento da parte di fondi di investimento a fini speculativi sulle materie prime.

Se la tendenza non si ferma potremmo vederci costretti a ritoccare di un 10% i prezzi di listino già entro la fine dell’anno».

Sul rincaro del caffè pesano, oltre ai meccanismi della speculazione finanziaria anche fattori naturali come la siccità in Brasile e le piogge in Colombia, ed è proprio questo quadro che spinge i torrefattori a credere che la tendenza al rialzo dei prezzi non si fermerà.

Tuttavia il sindacato degli esercenti ha immediatamente smorzato l’allarme che sarebbe scoccato con il rincaro di un prezzo che è di riferimento da sempre.

Lino Stoppani, presidente di Fipe, la federazione italiana dei pubblici esercizi ha detto ieri: «La quantità di caffè in ogni singola tazzina è minima, appena sei grammi per questo non vedo nell’immediato un rischio di rincaro sui costi della tazzina».

In realtà la quantità canonica per l’espresso italiano sarebbe di 7/7,5, ma si tratta sempre di poca cosa: troppo poco, almeno secondo la Fipe, perché l’altro sindacato, la Fiepet la pensa in modo diverso (“decidano il mercato e la libera concorrenza: non ha senso bloccare il prezzo dell’espresso e servire una bevanda pessima”).

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