domenica 22 Dicembre 2024
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Praga VS Milano: mezzo litro di birra a un euro e 60, contro i 6 meneghini

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MILANO – I prezzi all’estero e in Italia cambiano nettamente. Un esempio di questo tipo è quello del costo della birra: il confronto parte da due città mete turistiche, Milano e Praga. Nella prima, mezzo litro si paga un euro e 60. Mentre nel capoluogo meneghino, la stessa quantità costa sei euro. Una bella differenza: ma quali sono i motivi che portano a questo enorme divario? Leggiamo l’analisi completa dal corriere.it, da un articolo di Massimiliano Jattoni.

Praga: mezzo litro di birra costa come una bottiglietta d’acqua venduta in centro a Milano

Ma se ci sediamo in un pub in Irlanda per berne la stessa quantità dobbiamo sborsare non meno di 6 euro. Perché una differenza così grande tra un paese e l’altro? Le principali ragioni sono piuttosto ovvie: i regimi fiscali non sono uniformi in Europa. Iva e accise riflettono le politiche locali nei confronti dei produttori.

Così, si va dalle agevolazioni fiscali dei Paesi che riconoscono il valore della birra artigianale locale. Come nel caso della Repubblica Ceca o della Germania. Dove è bevanda nazionale, a quelli che invece “puniscono” la produzione con una tassazione più dura, come accade in vari Paesi del Nord.

Perché a Praga costa meno? Il Pil influisce sui prezzi

Ma la divergenza di prezzo non è solo colpa dei governi. Al netto delle tasse, i ricercatori hanno dimostrato che i prezzi variano anche a seconda delle abitudini alimentari. Oltre che dal livello di ricchezza dei vari popoli. Quindi, il prezzo scende se più se ne consuma, ma sale se aumenta il reddito pro capite. In soldoni: in un paese ricco dove si consuma meno birra, un boccale di birra sarà più costoso.

Il caso AB InBev

A questi due fattori si deve però aggiungere una serie di variabili molto più difficili da analizzare e confrontare, come la distribuzione all’ingrosso a livello comunitario o quella al dettaglio. E la concorrenza. Pochi giorni fa la Commissione europea ha deciso di multare la multinazionale Anheuser-Busch InBev (nata nel 2008 dalla fusione del colosso belga InBev con quello americano Anheuser-Busch).

La più grande produttrice di birra al mondo dovrà pagare oltre 200 milioni di euro per abuso di posizione dominante. In pratica, il colosso proprietario di marchi come Budweiser, Corona e Stella Artois ha limitato le vendite transfrontaliere della birra belga Jupiler tra il 2009 e il 2016. Per trarne vantaggio economico e di fatto danneggiare le tasche dei consumatori.La rabbia dei consumatori belgi

Ma cosa ha fatto la AB InBev?

In pratica, ha ostacolato le importazioni della Jupiler tra Belgio e Paesi Bassi (i due principali esportatori di birra in Europa insieme alla Germania). Adottando una strategia deliberatamente volta a limitare la possibilità per grossisti e rivenditori belgi di acquistare la Jupiler in Olanda, dove costava meno. Per farlo, la multinazionale ha modificato le confezioni della Jupiler distribuite in Olanda.

Togliendo dall’etichetta la traduzione in francese; ha limitato anche la quantità di litri di birra forniti ai grossisti olandesi al fine di ridurre la loro capacità di importarne in Belgio. Inoltre, ha vietato i tanto amati gadget venduti con la birra ai rivenditori che non avessero accettato di limitare pesantemente le importazioni dai Paesi Bassi.

Grazie a questi interventi, AB InBev è stata in grado di praticare tra il 2009 e il 2016 un prezzo più elevato in Belgio che non al di là dal confine coi Paesi Bassi. Dove il mercato della birra è più competitivo.

Ue, il mercato (im)perfetto

Se si considera che in Belgio la Jupiler da sola rappresenta il 40% del mercato totale della birra in termini di volumi di vendita. (gli abitanti di Liegi quando la ordinano non dicono nemmeno il nome e chiedono semplicemente un cadet!, tanto è parte della tradizione enogastronica del Paese). Abbiamo un esempio perfetto di come la variabile “concorrenza” influisca (anche negativamente) sul prezzo di una lager.

E di come i grandi produttori di birra possano modellare i prezzi anche in un continente senza frontiere interne com’è la Ue. Una realtà che almeno in teoria dovrebbe assicurare un mercato perfettamente competitivo.

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