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Portinari, continua sino al 22 aprile la mostra del pittore brasiliano del caffè

L’esposizione di Palazzo Pamphilj presenta al pubblico italiano una raccolta di 26 opere di Candido Torquato Portinari (1903-1962), uno dei più importanti pittori brasiliani del XX secolo. Tra di esse spicca il capolavoro “Caffè”, di particolare importanza nella storia dei rapporti tra Italia e Brasile e nella biografia stessa dell’artista.

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ROMA – Dall’8 febbraio al 22 aprile 2017 l’Ambasciata del Brasile a Roma ospita la mostra “Portinari, la mano senza fine – Collezione del Museu Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro”.

A cura del museo brasiliano, l’esposizione presenta al pubblico italiano una raccolta di 26 opere di Candido Torquato Portinari (1903-1962), uno dei più importanti pittori brasiliani del XX secolo che ha assorbito la lezione surrealista, cubista e insieme lo spirito e il gusto del mondo che ha frequentato: lo stile naïf per racocntare il malessere sociale in una sorta di “realismo magico”.

I dipinti ad olio e i disegni illustrano il percorso formativo di Portinari, artista a cui è stata intitolata, dal 1962, la galleria destinata alle mostre temporanee di Palazzo Pamphilj, sede dell’Ambasciata del Brasile in Italia.

Fanno parte dell’esposizione bozzetti e disegni preparatori per le scene e personaggi di murali, come ad esempio dei celebri pannelli “Guerra” e “Pace”, che abbelliscono il Salone d’accesso alla Sala dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York.

L’opera di spicco della mostra a Roma è il suo capolavoro “Caffè”, di particolare importanza nella storia dei rapporti tra Italia e Brasile e nella biografia dello stesso Portinari, visto che l’artista nacque nella città di Brodowski, Stato di San Paolo, da genitori veneti immigrati che lasciarono la propria terra alla fine dell’Ottocento e impiegati a lavorare nelle piantagioni di caffè.

Alla conferenza stampa la presenza dell’Ambasciatore del Brasile a Roma, Antonio De Aguiar Patriota e di Monica Xexéo, Direttrice del MNBA-RJ (Museu Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro).

Candido Portinari (1903-1962) dimostra presto la sua vocazione artistica quando, ancora bambino, inizia ad aiutare a decorare la chiesa del paese dove era nato, la piccola Brodowski, nell’entroterra dello Stato di San Paolo.

Nel 1918 si trasferisce a Rio de Janeiro e l’anno successivo si iscrive alla Scuola Nazionale di Belle Arti, dove studia pittura e disegno con artisti brasiliani di quel periodo come Lucilio Albuquerque e Baptista da Costa.

Nel 1928 riceve in premio un viaggio all’estero da parte del Salone Nazionale di Belle Arti per l’opera “Ritratto di Olegário Mariano”, presente nella mostra.

Per due anni viaggia in diversi paesi europei, vede i capolavori di Giotto (ca.1266-1337) e le opere del maestro del Rinascimento Piero della Francesca (ca.1415-1492), conosce i grandi maestri che in quel periodo animano la scena europea come Matisse (1869-1954), Modigliani (1884-1920), De Chirico (1888-1978) e Picasso (1881-1973). Nel 1931 rientra in Brasile.

La plasticità del suo lavoro supera gradualmente l’accademismo della sua formazione, una ricerca pittorica che deriva dagli artisti modernisti, che si ispira al Cubismo e al Surrealismo, senza tuttavia allontanarsi dalla concezione di un’arte puramente brasiliana.

Da allora, le sue opere subiscono un cambiamento cromatico, la sua tavolozza è predominata da tinte scure e terrose, con temi che spaziano dai suoi ricordi di bambino alla povertà e al popolo brasiliano.

Nel 1935 il dipinto “Caffè”, presente nella mostra, è stato premiato dal Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, negli Stati Uniti, e Portinari diventa il primo modernista brasiliano con riconoscimento internazionale.

Nel 1936, su invito dell’allora ministro brasiliano Rodrigo de Melo Franco, inizia una serie di pannelli murali che illustrano i cicli economici del Brasile: pau-brasil, canna da zucchero, bestiame, estrazione mineraria, tabacco, cotone, erba mate, caffè, cacao, ferro, cera carnauba e gomma da allestire nel palazzo del Ministero dell’Educazione e Cultura del Brasile (MEC), importante testimonianza dell’architettura modernista a Rio de Janeiro.

In questo lavoro, Portinari utilizza i concetti propri della poetica del Rinascimento italiano.

La sua ammirazione per l’opera di Piero della Francesca può essere osservata nei gesti fissi dei personaggi e nello sviluppo della figura in diversi momenti del lavoro e si indovina nei disegni che a mio parere rivelano forse il tratto più elegante della sua arte.

I murali sono stati un omaggio ai lavoratori, in particolare a quelli rurali. Oltre ai pannelli, l’artista esegue anche un progetto su piastrelle per il cortile del medesimo edificio, unendo motivi brasiliani della tradizione portoghese.

Il suo avvicinamento alle tematiche sociali fa sì che entri a far parte del Partito Comunista Brasiliano, candidandosi prima a deputato nel 1945 e poi al Senato nel 1947, senza però essere eletto. A causa della situazione politica in Brasile, va in esilio con la sua famiglia in Uruguay, dove nel 1948 esegue il capolavoro “Prima Messa in Brasile”.

Durante gli anni Cinquanta del Novecento il Governo brasiliano indica il nome di Portinari al segretario generale delle Nazioni Unite per eseguire i due grandi pannelli “Guerra” e “Pace” nella sede dell’organizzazione a New York.

Per queste opere Portinari riceve il “Premio Guggenheim” e si afferma come uno dei più importanti artisti brasiliani della storia.

Oltre alle opere monumentali e ai dipinti, Portinari, alla stessa stregua di altri artisti moderni, viene invitato da intellettuali, editori e scrittori ad illustrare alcune opere letterarie, come “Memorie postume di Brás Cubas” e “L’Alienista”, di Machado de Assis (1839-1908) e l’edizione brasiliana di Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes.

La sua ricca produzione artistica ha contribuito affinché la sua fama non conoscesse limiti geografici e politici, e ciò anche grazie ai numerosi inviti ricevuti da parte di istituzioni culturali e religiose all’estero. Le opere di Portinari parlano dell’uomo all’uomo, trasformando il suo linguaggio artistico in linguaggio universale.

Avvelenato dal piombo dei colori che usava per dipingere, Portinari muore il 6 febbraio 1962 nella città di Rio de Janeiro, lasciando in eredità una ricca produzione artistica dalle caratteristiche moderne, ma soprattutto nazionali. Portinari non desiderava ritrarre il carattere provinciale del Brasile, né il brasiliano idealizzato. Portinari è il volto umanistico dell’uomo nazionale.

Galleria Candido Portinari

Palazzo Pamphilj

Piazza Navona, 10

La mostra è stata inaugurata il 7 febbraio e rimarrà aperta al pubblico sino al 22 aprile 2017

Dal martedì al sabato, 10.00 – 18.00

Ingresso libero

Ilaria Guidantoni

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