Secondo Luca Travaglini, fondatore insieme a Daniele Benatoff di Planet Farms, il futuro del caffè sarà la coltivazione nelle vertical farm con poca acqua e senza terra. Tra le materie prime agricole che sono aumentate di più, il caffè occupa uno dei primi posti. Così ogni azienda del settore è alla ricerca urgente di nuove soluzioni per aumentare la produttività delle piante di caffè. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Micaela Cappellini per Il Sole 24 Ore.
Il futuro del caffè secondo Planet Farms
MILANO – In un futuro non troppo lontano, il caffè che berremo nelle nostre tazzine potrebbe essere coltivato nelle vertical farm, dove le piante crescono senza la terra, in ambiente controllato, in assenza di pesticidi e con pochissimo fabbisogno di acqua. Quanto è lontano questo futuro? Forse, molto poco: “Siamo in grado di partire nel giro di un anno dal momento in cui il primo cliente ci firma il contratto”.
Parola di Luca Travaglini, fondatore insieme a Daniele Benatoff di Planet Farms, i pionieri dell’agricoltura verticale in Italia. Tra le materie prime agricole che sono aumentate di più, il caffè occupa uno dei primi posti. Secondo gli esperti di Areté, negli ultimi due anni le sue quotazioni sono triplicate: soltanto tra gennaio e settembre del 2024 sono schizzate di oltre l’80%.
A far lievitare i prezzi è il calo delle rese, e il primo indiziato della diminuzione dei raccolti è il cambiamento climatico, che sempre più spesso alterna alluvioni a siccità e rende indispensabili nuovi investimenti nelle piantagioni, per adeguarle alle nuove sfide. Dall’altra parte della filiera, le torrefazioni di tutto il mondo sono in allarme. Ciascuna – dal colosso Starbucks a scendere – è alla ricerca urgente di nuove soluzioni per aumentare la produttività delle piante di caffè.
Dal 2021 Planet Farms, prima nello stabilimento brianzolo di Cavenago e ora in quello comasco di Cirimido, ha prodotto e immesso sul mercato 75mila confezioni al giorno di insalata in busta e 10mila di pesti. “Ma quando sette anni fa siamo nati – racconta Daniele Benatoff – non l’abbiamo fatto con l’obiettivo di produrre insalate o pesto, bensì di studiare quali applicazioni può avere l’agricoltura verticale per risolvere i problemi delle coltivazioni più strategiche nel mondo”.
Così, nei laboratori di Planet Farms si è cominciato fin da subito a guardare a piante come il cotone e il caffè, cioè materie prime di cui l’industria ha bisogno in quantità fisse e con qualità costante, e che per ragioni climatiche non vengono coltivati nello stesso luogo in cui vengono lavorate e consumate.
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L’aumento della produttività delle piantagioni di caffè passa dall’aumento della redditività dei piccoli agricoltori, che rappresentano ancora oggi il 95% di tutta la produzione mondiale del settore. Al G7 dello Sviluppo di Pescara, lo scorso ottobre, lo hanno sottoscritto nero su bianco anche alcuni tra i big del caffè, da Nestlé a Lavazza, passando per Illy e Starbucks. Ma quanto deve essere questo aumento del reddito degli agricoltori per renderli più competitivi? Secondo Dejene Dadi, general manager dell’etiope Oromia, serve poco: “Bastano 20 cent di dollaro in più per ogni libbra di caffè venduto dai produttori”. Venti centesimi ogni 450 grammi di chicchi.
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