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sabato 02 Novembre 2024
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Caffè bevuto prima di colazione e glucosio nel sangue: ma quanti errori in quella ricerca inglese

In particolare, per quanto riguarda lo studio pubblicato sul British Journal of Nutrition, Luca Piretta, nutrizionista e gastroenterologo dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, ha commentato che: nello studio in questione non viene contemplata la prima colazione

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MILANO – Per maggiore precisione e correttezza facciamo riferimento alla notizia diffusa da alcuni media italiani sullo studio pubblicato sul British Journal of Nutrition: “Glucose control upon waking is unaffected by hourly sleep fragmentation during the night, but is impaired by morning caffeinated coffee”, secondo il quale il caffè consumato prima della colazione, dopo una notte di sonno interrotto, aumenterebbe la risposta glicemica di circa il 50% in più rispetto a chi, prima di assumere la bevanda, aveva già mangiato altro. La fonte, presunta autorevole, ha tratto molti in inganno.

Per questo sul tema, importante per la salute umana, il Consorzio promozione caffè ha ritenuto necessario necessario sottolineare alcuni aspetti sotto riportati. In particolare, per quanto riguarda lo studio, Luca Piretta, nutrizionista e gastroenterologo dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, ha commentato che «Nello studio in questione non viene contemplata la prima colazione.»

Tutti i partecipanti ingeriscono un carico di 75 gr di glucosio (pari alla quantità totale di zuccheri semplici da assumere durante l’intera giornata) 30 minuti dopo aver preso il caffè o un’equivalente quantità di acqua calda.

Lo studio conclude che i soggetti che hanno bevuto caffè rispetto a chi non lo ha preso presentano una risposta difettosa alla “curva da carico” (test utilizzato per la diagnosi del diabete mellito) e quindi non riguarda i soggetti che “avrebbero mangiato altro”;

-La dose somministrata nello studio (300 mg) è equivalente a ben quattro tazzine di espresso in una volta sola;
-Il numero dei soggetti monitorati (29) è molto limitato e soprattutto non sono stati esclusi soggetti in forte sovrappeso (Bmi fino a 30), quindi già con una maggiore probabilità di resistenza all’insulina;
-Non è stato inserito un gruppo di controllo costituito da soggetti che assumono il caffè e che dormono in maniera regolare, per cui è impossibile comprendere l’incidenza del caffè come fattore isolato ma solo se associato a sonno fortemente frammentato (i soggetti, nello studio in oggetto vengono svegliati ogni 60 minuti);

-In considerazione della presenza di soggetti con Bmi elevato, mancano le informazioni circa la risposta di base al carico di glucosio dei soggetti, poiché non è stata prevista una curva da carico di glucosio precedente allo studio, per cui non è noto se questi individui soffrissero precedentemente di un’alterata risposta all’insulina.

Piretta ha anche sottolineato

Il contrasto con i risultati di un’ampia metanalisi del 2018 “Coffee consumption and reduced risk of developing type 2 diabetes: a systematic review with meta-analysis” che ha valutato un numero complessivo di 1,2 milioni di persone, evidenziando che il consumo di caffè – sia decaffeinato che con caffeina – riduce il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 di circa il 30%. I due principali autori della metanalisi, Mattias Carlström e Susanna
Larsson, hanno analizzato 30 studi scientifici per meglio comprendere come il consumo di caffè influisca sullo sviluppo del diabete di tipo 2 e delle complicanze ad esso associate.

L’associazione risulta essere dose-dipendente: il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 diminuirebbe, rispettivamente, del 7% (in caso di caffè con caffeina) e del 6% (in caso di caffè decaffeinato) per tazza al giorno.

Gli autori hanno esaminato quali siano i potenziali meccanismi biochimici della bevanda che intervengono sul rischio di diabete di tipo 2. In particolare, gli studi valutati mostrano che, grazie alle sue proprietà antiossidanti, l’assunzione a lungo termine di caffè può ridurre lo stress ossidativo, associato; oltre che a numerosi effetti avversi sulle funzioni cardiovascolari, metaboliche e renali, anche all’insorgenza di diabete di tipo 2. Numerose ricerche hanno inoltre dimostrato che il consumo regolare di caffè può ridurre i livelli dei marcatori pro-infiammatori e, di conseguenza, l’infiammazione cronica di basso grado, che è collegata a disturbi cardiovascolari e metabolici, come il diabete di tipo 2.

Un’assunzione moderata di caffè, tipicamente 3-5 tazzine, come indicato dall’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel suo parere sulla sicurezza della caffeina – viene associata nella letteratura scientifica a una serie di benefici fisiologici e può far parte di una dieta sana ed equilibrata e di uno stile di vita attivo.

Bibliografia di riferimento

1. Harry A. Smith (a1), Aaron Hengist (a1), Joel Thomas (a1), Jean-Philippe Walhin (a1): Glucose control upon waking is unaffected by hourly sleep fragmentation during the night, but is impaired by morning caffeinated coffee.

https://www.cambridge.org/core/journals/british-journal-of-nutrition/article/glucose-control-upon-waking-is-unaffected-by-hourly-sleep-fragmentation-during-the-night-but-is-impaired-by-morning-caffeinated-coffee/398A3EDA8C30EC89ADBB4C74C8E244B0

2. Carlström M. and Larsson S.C. (2018) Coffee consumption and reduced risk of developing type 2 diabetes: a systematic review with meta-analysis. Nutrition Reviews, 10.1093/nutrit/nuy014
3. Efsa (2015) Scientific Opinion on the Safety of Caffeine. Efsa Journal, 13(5):4102

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