VENEZIA – Per riprendersi dai duri mesi di lockdown e da una ripartenza difficile con tanti limiti e pochi turisti, Piazza San Marco si è attrezzata per la sopravvivenza. L’arma segreta? Gli ombrelloni. Leggiamo la notizia da un articolo di Franco Esposito su genteditalia.org.
Piazza San Marco cambia faccia
In versione post Covid-19, intanto si copre. Dal sole, dal vento quando sarà, e soprattutto si affida al tentativo di risollevare l’economia cancellata dall’epidemia. Prova a scrollarsi di dosso negatività e brutte previsioni. Piazza San Marco cambia aspetto: installati sessanta ombrelloni tre metri per tre tra i due lati della Procuratie.
Chiaro lo scopo, l’unico che possa giustificare il clamoroso cambio di tendenza e d’indirizzo, criticato dalle associazioni, che definiscono l’iniziativa “un abuso”. Dicevamo dei motivi: la salvezza della crisi degli storici caffè e di quattrocento posti di lavoro. In inverno arriveranno funghi riscaldati e pannelli in plexiglas per proteggere i turisti dal vento.
Massimo Cacciari, già sindaco di Venezia, lancia ammonimenti ad alta voce
“Senza turisti la città muore, è finita. Se vogliono sedersi all’ombra e all’asciutto, per mangiare nel luogo che hanno sognato per tutta la vita, facciamogli ombra e smettiamola di essere cretini apparendo intelligenti”. Esprimono chiara e secca contrarietà la Soprintendenza e Italia Nostra. “Denunciamo da sempre la svendita e la mercificazione senza qualità di Venezia”.
Il Provvedimento del Comune, in pratica, ha dato il via alla diga di vetro, costo trenta milioni di euro, per impedire allagamenti causa maree fino a centodieci centimetri. In fin dei conti, la pandemia accelera il cambiamento anche nel cuore della strepitosa bellezza che Venezia propone, regala, mostra, a beneficio del mondo.
Per la prima volta nella storia, da oggi, si può bere l’aperitivo sotto l’ombrellone, seduti in piazza San Marco
Una sorta di effetto spiaggia, vero in parte, con la volgarità che rischia di tracimare: è questo il senso forte dell’opposizione delle associazioni. Volgarità balneare, temono gli oppositori degli ombrelloni, che rischia di allargarsi nelle calli e sulle rive della Laguna. “Eleganza e armonia della Serenissima saranno rispettate”, assicurano i gestori dei locali storici in crisi, impegnati a confezionare tamponi adatti al blocco dell’emorragia di turisti. Le presenze sono crollate fino al settanta per cento, a Venezia. “Vogliamo impedire che la città muoia, perdendo i suoi ultimi abitanti”.
Il decreto rilancio del Governo si è esprime proprio in questa direzione: sospeso il vincolo del via libera da parte della Soprintendenza, da sempre contraria all’abbattimento del muto culturale dell’ombrellone nella piazza dove si affaccia la basilica più fascinosa e fragile. Come sono questi ombrelloni della discordia? Color crema, in stoffa impermeabile, tre metri per tre. Li hanno affittati fino al 31 ottobre, termine ultimo del decreto governativo suggerito dal virus, i cinque caffè storici che hanno creato tra l’altro il cicaleggio internazionale. Aurora, Chioggia, Florian, Lavena, Quadri: grazie agli ombrelloni allargano gli spazi, sono aumentati i tavolini decimati dalle norme sul distanziamento sociale. Sarà così anche quando sulla piazza scende la pioggia. Gli ombrelloni, tutti uguali, sono in tinta con i colori delle tende delle Procuratie e con quelle dei palchetti che ospitano le orchestrine dei caffè. Montati gommini protettivi degli antichi masegni in pietra, sotto i piedistalli antiruggine. Tutto a spese dei titolari dei locali.
Il Caffè “Al Todaro” con i suoi ombrelloni affacciati sul bacino San Marco ha declinato l’offerta di ampliare del cinquanta per cento i suoi spazi esterni. Arrivata a questo punto, sotto minaccia di diserzione turistica causa pandemia, Venezia non può più permettersi di discutere anni per stabilire se un ombrellone decora o rovina un luogo che appartiene storicamente a chi viaggia. La crisi economica minaccia di sfociare in rivolta sociale in tutta Italia, non solo a Venezia. Il Paese è fondato nella sua interezza sul turismo. Claudio Venier rappresenta locali e negozi di piazza San Marco, ne è il presidente. “I veneziani sono i primi a lottare contro i cafoni, adesso però devono fare di tutto per riportare la gente nel Centro Storico”. Il virus ha isolato Venezia. Ancora oggi il Caffè Florian apre solo nei fine settimana.
Motore del turismo italiano, Palazzo Ducale sembra una struttura inutile, in piena estate. Mobilitate da fine maggio, Soprintendenza, Italia Nostra e altre associazioni sostengono semplicemente questo: “Ricondurre anche piazza San Marco al modello spiaggia, con gli ombrelloni, accampando la scusa del virus, è l’atto estremo che legittima poi qualsiasi abuso in qualunque luogo d’Italia”.
Ma la rivoluzione in piazza San Marco è appena cominciata. Siamo solo all’inizio. Però anche sulla questione della diga di vetro da trenta milioni è esplosa la rissa veneziana. Come se il precedente scandaloso del Mose non fosse servito a nulla. Ora si litiga sul tentativo di impedire alla salsedine di corrodere la basilica. L’icona dell’abbraccio tra Oriente e Occidente. Baruffe chiozzotte. Goldoni è più vivo e attuale che mai, a Venezia.